Fargo 4

Fargo 4 recensione serie TV di Noah Hawley con Chris Rock [Sky Anteprima]

Fargo 4 recensione quarta stagione serie TV ideata da Noah Hawley con Chris Rock, Jason Schwartzman, Jessie Buckley, Ben Whishaw e Salvatore Esposito

Nel lontano 1996, Fargo consolidò la carriera dei fratelli Joel ed Ethan Coen attraverso un concept efficace, semplice; una destrutturazione delle estetiche del cinema crime, realizzando un solido intreccio cucito addosso a un’agente scenico passivo come la Marge Gunderson di Frances McDormand – poliziotta incinta all’ottavo mese di gravidanza dotata di grande arguzia. La forza di Fargo sta tutta nell’escalation di eventi efferati, eppure mostratici tutti con uno stile a metà tra il familiare e il grottesco; e in una climax che tra cippatrici, valigette e paesaggi innevati, trova la risoluzione dell’indagine quasi per caso.

L’opera fece emergere, soprattutto, il talento – oltre che della stessa McDormand che vinse il suo primo Oscar come Miglior attrice protagonista – di William H.Macy, e dei manigoldi “teledipendenti” Steve Buscemi e Peter Stormare; ma soprattutto il talento di scrittura dei Coen, che vinsero l’Oscar alla Miglior sceneggiatura originale. Per certi versi quindi, quando nel 2014 venne annunciato che i fratelli Coen e Noah Hawley avevano realizzato un “nuovo” Fargo (2014-2020) ma in forma seriale; c’era solo da strabuzzare gli occhi dallo stupore.

La prima versione del disclaimer "True Story" di Fargo
La prima versione del disclaimer “True Story” di Fargo

Tantissima curiosità attorno al Fargo seriale quindi, soprattutto se consideriamo che – specie la prima stagione – rievocava molto lo spirito dell’opera originaria. Nell’umorismo, nell’intreccio, nell’efferatezza, e perfino nelle dinamiche relazionali, il gioiello filmico dei Coen tornava così, a nuova vita; grazie a citazioni ad hoc e a un comparto attoriale che annoverava attori del calibro di Martin Freeman e Billy Bob Thornton.

Da omaggio all’opera dei Coen a serie antologica: come è cambiata Fargo

Dalla seconda stagione in poi però, pur mantenendo quasi intatto il tono – tenendo più al surreale in realtà – Fargo ha saputo sempre mutare pelle; evolvendosi così da serie-omaggio del capolavoro del 1996, ad antologica. L’unica costante, di stagione in stagione, erano i momenti nonsense e il cast d’altissimo livello: da Kirsten Dunst e Jesse Plemons della seconda, a Ewan McGregor, Mary Elizabeth Winstead e Carrie Coon nella terza.

Jason Schwartzman e Salvatore Esposito
Jason Schwartzman e Salvatore Esposito in una scena di Fargo 4

A tre anni di distanza, l’ideatore di Legion (2017-2019) e i cineasti de Il grande Lebowski (1998) tornano con la quarta stagione antologica della loro creatura seriale; per un concept dal forte taglio sociale, che tende tuttavia ad allontanarsi sempre più da ciò che era Fargo nel lontano 1996. Una mutazione narrativa nell’ordine delle cose, che se da una parte tende a rendere, inevitabilmente, l’elemento antologico più accentuato; dall’altra permette di esplorare i generi secondo lo stile dei Coen e Hawley.

Nel cast della serie in onda su Sky Atlantic dal 16 novembre 2020 figurano, Chris Rock, Jessie Buckley, Jason Schwartzman; e ancora Ben Whishaw, Salvatore Esposito, Tommaso Ragno, Jack Huston, Francesco Acquaroli, Gaetano Bruno ed E’myri Crutchfield.

Fargo 4: sinossi

1950, Kansas City. Tra bande rivali s’è stabilita un’usanza lungo le decadi; cedere il più giovane dei figli all’altra organizzazione, così da stabilire un legame di fiducia e spartirsi la città e i proventi dei guadagni illeciti. Loy Cannon (Chris Rock), capo di un’organizzazione criminale di soli afroamericani, si trova così a cedere Satchel (Rodney Jones) alla Famiglia Fadda guidata dal Boss Donatello (Tommaso Ragno); ritrovandosi così, in cambio, il figlio minore Zero (Jameson Braccioforte).

Quando però il boss muore a seguito di un incidente, la fragile tregua rischia di saltare; a capo della Famiglia Fadda ci sono adesso Josto (Jason Schwartzman) e il sadico Gaetano (Salvatore Esposito). Sarà l’inizio di una guerra tra bande sullo sfondo del Sogno Americano.

Chris Rock e Tommaso Ragno in una scena di Fargo 4
Chris Rock e Tommaso Ragno in una scena di Fargo 4

Non è un paese per… gangster 

Al momento dell’annuncio della quarta stagione, c’era enorme curiosità attorno alle scelte di cast; ad attori come Rock e Schwartzman in inediti vesti gangster, dividere la scena con attori nostrani come l’ex Miracolo-Ragno ed Esposito il Genny Savastano di Gomorra. Non aspettatevi di vedere però, un Quei bravi ragazzi (1990) dei Fratelli Coen; nonostante infatti un cast d’attori notoriamente brillante, la quarta stagione di Fargo tende decisamente verso uno stile più cupo – indirizzandola maggiormente nel sentiero narrativo di Non è un paese per vecchi (2007) che non alla vivacità di toni agli albori del cinema coeniano.

Certo, non mancano i momenti surreali, tendenti al comico-grottesco, quello dell’opera seriale dei Coen e Hawley è infatti un linguaggio filmico vivace; incontro tra tradizione e innovazione fatto di guerre simulate e tensione tagliata con il coltello. Un sagace gioco d’intenzioni con cui Fargo rilegge topos conclamati e radicati; infine avvolgendoli tra scoregge degne di André The Giant sul set de La storia fantastica (1987) e fucili giocattolo che feriscono molto più di una rivoltella.

Chris Rock e Tommaso Ragno
Chris Rock e Tommaso Ragno in una scena di Fargo 4

Opponendo così, al sapore di una costruzione d’immagine meticolosa, degna de Il Padrino (1972) di Francis Ford Coppola, un intreccio scenico che nel suo porvi le basi, i Coen e Hawley finiscono con il giocare con la teoria del caos; determinando così un’opera narrativamente ibrida nel suo porsi a metà tra la serietà e compostezza dei grandi classici del cinema gangster a toni comico-demenziali. Un manipolare il cinema, i generi e i topos, che conferma la vivacità di scrittura di alcuni dei più grandi cineasti della loro epoca; e che in Fargo trovano conferme nella dinamica relazionale tra Schwartzman ed Esposito – i Michael e Sonny Corleone del Terzo Millennio.

La vera innovazione della quarta stagione della serie di Noah Hawley

In più, a differenza delle stagioni precedenti, filmicamente più solide e dotate di un intreccio che è puro divertissement; la quarta stagione di Fargo si connota di un radicato sottotesto socio-culturalmente rilevante. Riflessioni sulla multietnicità del popolo americano tra ebrei, irlandesi e italiani, che i Coen e Hawley avvolgono attorno alla seguente domanda:

Se l’America è una nazione d’immigrati, allora come si diventa americani?

Elemento che permea totalmente la narrazione, e che i Coen e Hawley sviluppano ora nel delineare un solido background, ora nel dare al racconto una sfumatura da coming-of-age; generazioni di criminali, scambi di figli, criticità razziali nell’America degli anni Cinquanta, e la ricerca del proprio posto nel mondo in una dinamica “a là The Departed (2006)”.

Fargo 4: un’attesa ripagata

Il giudizio resta in sospeso dovendoci fermare alle prime due puntate, ma al suo quarto ciclo di episodi, Fargo è riuscito – come detto – a cambiar pelle ancora una volta; allontanandosi ormai del tutto dall’idea iniziale. Non necessariamente però è da vedersi come un male, se infatti la prima stagione muoveva verso terreni familiari; da lì in poi, Fargo ha sempre più dispiegato le sue ali, rileggendo le sfumature del genere crime con la solita carica innovativa, giocando con le aspettative del pubblico e la sua natura antologica.

C’è tanto cinema nella quarta stagione dell’opera seriale dei Coen e Hawley. Dai sopracitati “nuovi Michael e Sonny Corleone”, ai Rock e Schwartzman in veste inedita, sino all’infermiera Mayflower della Buckley; una rilettura della Ratched di Qualcuno volò sotto il nido del cuculo (1975) in chiave passivo-aggressiva e sotto psicofarmaci. Tanti elementi d’indubbio interesse quindi, ma anche tanti spunti di riflessione, per un viaggio seriale lungo undici puntate, atteso, bramato, e finalmente arrivato sul piccolo schermo.

La locandina della quarta stagione di Fargo
La locandina della quarta stagione di Fargo

Sintesi

Il giudizio resta parzialmente in sospeso dovendoci fermare alle prime due puntate, ma al suo quarto ciclo di episodi, Fargo è riuscito a cambiar pelle ancora una volta, allontanandosi ormai del tutto dall'idea dell'omonima opera del 1996. Se la prima stagione muoveva infatti verso terreni familiari, dalla seconda in poi il Fargo seriale dei Coen e Hawley ha sempre più dispiegato le sue ali, rileggendo le sfumature del genere crime con la solita carica innovativa, giocando con le aspettative del pubblico e la sua natura antologica. Giunta alla sua quarta stagione, Fargo si fregia di Chris Rock e Jason Schwartzman, di una strepitosa Jessie Buckley "erede" della Ratched di Qualcuno volò sul nido del cuculo, e dei nostrani Tommaso Ragno e Salvatore Esposito che danno colore e interesse a un viaggio seriale lungo undici puntate, atteso, bramato, e infine arrivato sul piccolo schermo.

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