Passages

Passages recensione film di Ira Sachs con Ben Whishaw, Franz Rogowski e Adèle Exarchopoulos

Un triangolo senza soluzione nel nuovoe avvincente film di Ira Sachs

Passages di Ira Sachs (Credits: Lucky Red distribuzione)
Passages di Ira Sachs (Credits: Lucky Red distribuzione)

Passages recensione film di Ira Sachs con Ben Whishaw, Franz Rogowski e Adèle Exarchopoulos.

 

Premiere al Sundance FF 2023 e doppia candidatura alla 73ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino, Passages è l’ottavo feature diretto dal regista americano Ira Sachs.

Il film, distribuito da MUBI, è scritto a quattro mani con Mauricio Zacharias. Tra i due è ormai un sodalizio iniziato nel 2012 con “Keep the Lights On”, passato poi per “Love is Strange” (2014) con Alfred Molina e John Lithgow, storia di un amore maturo.

Passages, invece, non è affatto un film maturo, ma piuttosto un’avventura rischiosa, come affermato dal regista stesso. La vita di un uomo che sembra essere la definizione di istinto puro, capace di perdersi tra le indefinite strade dell’improvvisazione concesse da Sachs. Estro che rientra tra gli elementi fondanti e necessari per creare una regia cruda, reale che fa dei corpi sudati e dei piedi sporchi la propria cifra stilistica.

Passages di Ira Sachs (Credits: Lucky Red distribuzione)
Passages di Ira Sachs (Credits: Lucky Red distribuzione)

All’inizio ci troviamo su un set cinematografico, dove il giovane regista tedesco Tomas Freiburg, interpretato da un ottimo Franz Rogowski, sta organizzando il suo film.

Una sequenza che incarna perfettamente la personalità di Tomas e il suo modo di relazionarsi con gli altri. Le comparse appaiono come pedine, da lui posizionate strategicamente per formare un triangolo, una figura asimmetrica che coinvolge lui, suo marito Martin (interpretato da Ben Whishaw) e Agathe (interpretata da Adèle Exarchopoulos). Tuttavia, questo triangolo esiste solo nella mente del protagonista, che è incapace di comprendere sé stesso ed essere capito dagli altri.

Un uomo con in mano un potere che lo condurrà lentamente all’umiliazione, attraverso la trasgressione e gli errori commessi nel vivere la sua vita come se fosse un film, trainando con sé sentimenti tossici, artificiali.

Attraverso la sua regia, Sachs è ritornato indietro nel tempo, esplorando gli anni ’70 e ’80 ed immergendosi nel mondo cinematografico di Akerman e Visconti. Periodo in cui il cinema era, a suo dire, meno represso e in cui era lecito concepire un certo tipo di immagini secondo una visione più libera, diretta, senza mezzi termini.

Un aspetto, questo, che si ricollega naturalmente al rapporto che il regista ha avuto nei confronti di una delle tematiche che apparentemente danno nerbo al film: il concetto di identità. Passages non è una pellicola gender fluid, ma una storia sul gap tra ciò che si possiede e ciò che si desidera. Il racconto di un  bramoso desiderio scaturito unicamente dal piacere. Un piacere indefinito, puro e privo di etichette.

Un’opera che esplora la discesa del narcisismo, una violenta picchiata che, paradossalmente, consente la crescita e la maturazione, come accade quando si cessa di essere bambini.

Se analizzato da questa prospettiva, si può notare l’emergere di un legame narrativo non del tutto improbabile tra Passages e Love is Strange. Due storie che raccontano la relazione in due fasi differenti della vita ma che si uniscono in un unico flusso, un flusso che conduce verso l’accettazione del proprio stato attraverso il trascorrere del tempo, antagonista dell’istinto.

Passages di Ira Sachs (Credits: Lucky Red distribuzione)
Passages di Ira Sachs (Credits: Lucky Red distribuzione)

Martin e Agathe sono due vittime di un gioco egoista a cui decidono comunque di prendere parte. Sachs riesce perfettamente a rappresentare l’impossibilità di reprimere il piacere se questo sconfina nella sfera del sentimento. Un binomio che diventa tossico quando vissuto nel più totale individualismo, generando un loop da cui è possibile uscire se non soltanto dopo aver provato quel tipo di dolore che assomiglia a una coltellata nel petto.

 

Sintesi

Un triangolo che non si chiude. Una regia cruda e sensuale che sa essere tagliente nel raccontare la confusione di un uomo incapace di gestire il proprio potere. Ira Sachs utilizza il personaggio di Tomas per esplorare le conseguenze di essere sé stessi.

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