28 Anni Dopo recensione film di Danny Boyle con Jodie Comer, Aaron Taylor-Johnson, Jack O’Connell, Alfie Williams e Ralph Fiennes
di Joaldo N’kombo
Di anni non ne sono passati 28 ma solamente 23 da quando venne rilasciato nelle sale 28 giorni dopo, il cult horror diretto da Danny Boyle e scritto da Alex Garland. Un film che, soprattutto in tempi recenti, è tornato in auge per come è riuscito a intercettare con largo anticipo l’immagine completamente desolata della metropoli sotto pandemia in quella sequenza iniziale con il fattorino Jim (Cillian Murphy).
Erano i primi minuti di un film molto sporco che, a un montaggio a tratti convulso e allucinato, univa la qualità video delle – molto – economiche telecamere digitali Canon XL1. Da non tralasciare poi l’approccio che il film ha avuto nei confronti del suo stesso argomento: lo zombie-movie.
28 giorni dopo era infatti un’opera che, mascherandosi da horror, è riuscita a destrutturarsi andando a essere, a conti fatti, un film non su degli zombie, ma bensì sulle persone.
Confrontarsi con uno storico del genere – il pur godibile 28 settimane dopo insegna – impone, per forza di cose, un paragone ingombrante che rischia di schiacciare a priori ogni nuova ipotetica reiterazione della saga. Per questo c’è da dire che, 28 Anni Dopo, fa una mossa intelligente ponendo immediatamente le distanze dal suo fortunato predecessore.
Infatti, con questo terzo capitolo, il franchise sceglie di attuare quasi un totale rebranding giustificato, banalmente, proprio dal suo titolo. 28 anni dopo l’esplosione del virus, l’Inghilterra – così come la stessa malattia infettiva – è completamente mutata. I protagonisti sono i coloni di una piccola isola che, rifugiatisi lontano dalla mainland, hanno costruito una ristretta comunità rurale: in questo ecosistema ognuno ha un ruolo che è necessario al fine di portare avanti la sostenibilità del gruppo.
Spyke (Alfie Williams), un ragazzo di 12 anni, e suo padre Jamie (Aaron Taylor-Johnson) sono dei cacciatori: il loro compito è quello di compiere delle spedizioni nella mainland per trovare risorse utili all’isola. Il dodicenne, contro il volere della malata madre Isla (Jodie Comer), sta per effettuare la sua prima spedizione.
Già nei primissimi minuti 28 Anni Dopo pone molta carne al fuoco introducendo una nuova comunità, un nuovo mondo, nuovi nemici e nuovi protagonisti. Doyle e Garland mettono in scena una storia ambiziosa e di ampio respiro che ha in Spyke il suo protagonista. A emergere è infatti l’impianto da bildungsroman che il duo ha deciso di adottare per questo terzo capitolo attraverso una scrittura che riesce a essere sempre sul pezzo, incalzante e curata.
Garland reinventa in maniera naturale un intero immaginario vestendolo con un abito post-apocalittico dove, proprio come in 28 giorni dopo, si parla in fin dei conti sempre di famiglia, di legami e dell’amore nelle sue forme più varie; Memento mori ma, soprattutto, memento amori, due formule magiche che accompagnano Spyke nel suo percorso di iniziazione, non solo alle crudeltà del mondo, ma in generale all’esperienza di crescita. Un processo che, rispetto a 28 giorni dopo, destruttura ancora di più le logiche dello zombie-movie. Di fatto, forse non si parla nemmeno più di horror; nonostante ci sia una ovvia proliferazione di elementi dinamici, orrorifici e cruenti, 28 Anni Dopo rivendica un’ampia varietà di cose da offrire.
Per quanto riguarda il lato tecnico si parla di un film dalla forte personalità. Sotto questo aspetto non ci si è allontanati molto dal modo in cui è stato girato 28 giorni dopo. Questo sequel mantiene più o meno lo stesso stile registico, alterna un’impronta pacata a virate decisamente più nervose e febbrili, sporche e volutamente imperfette. La qualità dell’immagine è sicuramente cambiata: molti iPhone utilizzati da Boyle per riprendere le scene offrono ora un’estetica diversa, abbandonando quella low fidelity delle Canon XL1.
A splendere sono poi le interpretazioni dei vari attori. Alfie Williams si impone su tutti come baby prodigio insieme alla bravissima Jodie Comer: la fittizia coppia madre-figlio porta in scena un’alchimia che buca lo schermo in maniera fragorosa e viscerale. Senza dimenticare Aaron Taylor-Johnson ma, soprattutto, Ralph Fiennes, attore che come sempre si conferma essere di grande livello.