J’Adore Venise: Cannes vs Venezia tra festival online e streaming ai tempi del Coronavirus

Quale futuro per il Festival di Cannes e La Mostra del Cinema di Venezia ai tempi del Coronavirus, tra festival online e streaming

Prendiamola a ridere.
Ricordate i tempi in cui ci si doveva schierare per Cannes o Venezia? Chi l’avrebbe detto che toccava rimpiangerli, perché il fatto stesso dell’esistenza della polemica implicava l’esistenza dei Festival.
Se scegliere il palmo aperto (Barbera) o il pugno chiuso (Frémaux), streaming si o streaming no, serie tv degne come film: erano, semplificando al massimo, i poli opposti su cui si erigevano le barriere dei due Festival più blasonati, glamour e significativi del mondo del cinema. Insomma, le opposte vedute dei due direttori Thierry Frémaux per Cannes e Alberto Barbera per Venezia: che poi, tutti scordavano di sottolineare un fattore presumibilmente da non sottovalutare.

Brigate vincenti

Frémaux è Delegato Generale ininterrottamente della Crosiette dal 2001, vigendo nel regolamento direttive differenti rispetto alla Biennale della Laguna, Alberto Barbera direttore artistico della mostra del Lido alla sua seconda chiamata (quello del 1999-2001 fu il primo mandato, del 2012 è la seconda chiamata che ha riconfermato alla scadenza qualche anno fa). Ora, un Delegato Generale è per sempre (o quasi), un direttore artistico viene periodicamente cambiato o riconfermato: va da sé che la portata strutturale dell’incarico è profondamente diversa, a seconda di ciò che significa la durata temporale. Perché Frémaux ha su di sé il peso della tradizione, se Cannes è quello che è oggi lo è per quello che è stata lo scorso anno, due anni fa, tre e così via; al contrario, Barbera è il nuovo che avanza, è una sorta di chief executive che porta avanti una brigata fatta di sezioni e film che devono o dovrebbero coprire lo sguardo attuale del cinema sul mondo.

Cannes vs Venezia ai tempi del Coronavirus
Festival di Cannes e Mostra del Cinema di Venezia ai tempi del Coronavirus, tra festival online e streaming

Se diamo i numeri…

Sembra allora conseguente che un direttore ha quasi il dovere di guardarsi intorno: prendiamo il caso di Marco Müller e Alberto Barbera. Müller aveva portato avanti una visione personalissima della Mostra di Venezia che coincideva con una visione personale del cinema tout court i cui contorni però erano uguali anche all’idea che certi ambienti hanno dei Festival, ovvero una specie di riserva indiana dove i critici scrivono per se stessi e su se stessi. Giusta o sbagliata che sia basta leggere i nomi del Leoni d’Oro dal 2004 al 2011 (Still Life, Lussuria, Lebanon, Faust, Pietà) per accorgersi che più della metà appartengono a cinematografie poco conosciute (nell’ordine, Cina, Taiwan, Israele, Russia, Corea del Sud): insomma, film di altissimo profilo artistico ma che hanno avuto una circolazione parziale o quasi nulla, perchè poco appetibili per un mercato in continua ricerca ed evoluzione. Al contrario, sotto Barbera hanno vinto la sezione ufficiale Italia, Stati Uniti e Messico 4 volte su 7, con una selezione che ha aperto con Gravity di Cuarón (7 premi Oscar, 1 Golden Globe, 6 premi Bafta), Birdman di Iñárritu (4 Oscar, 3 Golden Globe, 1 David di Donatello, 1 César) La La Land di Chazelle (6 Oscar, 7 Golden Globe), mentre nel 2018 ha fatto vincere un film distribuito essenzialmente a pagamento e non in sala (Roma, sempre Cuarón, 3 Oscar e 2 Golden Globe) e nel 2019 in concorso ha vinto un cinecomic, Joker di Phillips, disturbante e tenebroso.
Insomma, Barbera ha l’innegabile virtù di saper legare qualità a quantità, se per qualità si intende un film d’autore con una ben precisa idea di cinema dietro, e per quantità il pubblico raggiunto e la popolarità conseguita, che si tramuta ovviasmente in popolarità per i festival e film da festival e per l’industria dietro i film da festival.
E allora.

Download free

Emblematico il caso dello streaming, a cui si faceva riferimento sopra. È stata una delle lotte più aspre, a livello teorico e teoretico s’intende, ingaggiate tra Cannes e Venezia negli ultimi anni: i Festival, che a dispetto dei loro detrattori hanno ancora una funzione fondamentale nell’Arte ovvero controllare e mostrare lo Stato dell’Arte, si sono accorti con imbarazzante ritardo dell’importanza che le piattaforme streaming avevano conquistato sul mercato. Con fatale predestinazione – in questo periodo afflitto dalla quarantena, lo streaming è l’unica forma di cinema concessa – il cinema del Futuro e per il futuro.
Ma mentre Frémaux, che da bravo conservatore come si diceva sopra, perché portatore di tradizione, aveva alzato barricate contro i film da guardare (anche) su tablet e smartphone, Barbera costruiva ponti per Netflix, e solo due anni fa faceva vincere il bellissimo film di Cuarón, Roma, citato sopra, che avrebbe avuto una radissima distribuzione in sala per finire poi su Netflix.

Cannes vs Venezia ai tempi del Coronavirus
Festival di Cannes e Mostra del Cinema di Venezia ai tempi del Coronavirus, tra festival online e streaming

Cannes vs Venezia: L’anno che verrà

E oggi?
Niente di nuovo sotto il sole. Niente di nuovo perché, conseguentemente a quanto riportato, Frémaux non smentisce il retaggio, e in un gioco che a lungo è diventato sbrindellato e francamente risibile stenta ad annunciare lo slittamento del suo Festival al prossimo anno in un balletto di rimandi: fino a pochi giorni prima della data di inizio ufficiale ovvero il 12 maggio 2020 si confermava la data, salvo poi ovviamente annunciare un rinvio a giugno (anche questo poco probabile, soprattutto alla luce del divieto fatto dal governo francese di grandi eventi e assembramenti fino a luglio almeno) e infine, notizia di inizio aprile, annullare le sezioni collaterali Settimana Internazionale della Critica, ACID e Quinzaine salvo poi in corner aprire il Marché e permettergli di reinventarsi, essendo conditio sine qua non per il Festival vero e proprio, spostandolo sulla piattaforma digitale Cinando.
The Show Must Go On, allora, o meglio the Business Must Go On: nessuno degli organizzatori di Cannes intende rinunciare ad un annullamento del mercato. Allo stesso modo, il tragicomico tira e molla Cannes si Cannes no di aprile era dovuto probabilmente all’attesa delle alte sfere di poter dichiarare lo stato di calamità naturale per perdere meno possibile dagli sponsor già pagati per l’anno 2020.
Anche quest’anno, i compratori internazionali poi hanno confermato di aver ricevuto un avviso relativo all’inizio del Marchè in edizione virtuale per il 22 giugno, e intanto le compagnie di compravendita e distribuzione internazionale sono in attesa di avere un permesso di mettere in cantiere nuovi progetti, la maggiorparte dei quali sulla linea di partenza in attesa della fine della quarantena.
Insomma, tutti sembrano venire a patti con il presente, o quantomeno con un futuro quantomai incerto, tranne ovviamente il buon Thierry, che per tenere il piede in due scarpe tende capziosamente la mano ad Alberto auspicando una forma di collaborazione tra le due rivali storiche, Cannes e Venezia. La quale, da par suo, intelligentemente annuncia le date per l’annualità 77 (dal 2 al 12 settembre, nessuna variazione), stabilendo fin da ora che se le condizioni non lo permetteranno, l’anno sabbatico non è da escludere.
Questo mentre al Palazzo del Cinema si parla sottovoce di un afflusso considerevolmente diminuito di ospiti stranieri – se non nullo -, di forme di fruizione alternative, insomma di andare avanti scendendo a compromessi con il Covid o almeno con le leggi sul Covid.

Partigianerie a parte, resta da vedere come o quanto il mercato subirà il contraccolpo (e quello dei due Festival è un segnale illuminante sullo stato dell’industria, in una quarantena mondiale che almeno in Italia inizia a mostrare una luce in fondo al tunnel), mentre i set si preparano alla distanza di sicurezza. Non dal pubblico, però.
Perché quello rimane, ma col fiato sospeso.

Gianlorenzo

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