Marcello Mio

Marcello Mio recensione film di Christophe Honoré con Chiara Mastroianni [Cannes 77]

Un omaggio a Marcello Mastroianni, presentato alla 77esima edizione del Festival di Cannes

Marcello Mio recensione film di Christophe Honoré con Chiara Mastroianni, Catherine Deneuve, Fabrice Luchini e Nicole Garcia [Cannes 77]

 

 

Cos’è l’eredità? Dove si esaurisce il dolce ricordo di un genitore e inizia il problematico terreno dei fantasmi interiori? Si è davvero costretti a (sop)portare il peso della propria natura e delle proprie origini?

Se sceglierete di sedervi sulla poltroncina del cinema per dare un’occasione all’ultima fatica di Christophe Honoré, probabilmente non troverete la risposta a questi controversi quesiti. Tuttavia, potrete quantomeno godere di un prodotto audiovisivo in grado di porli con delicatezza e, a tratti, di fornire persino qualche concreto spunto utile alla ricerca di una risposta che, però, sarà inevitabilmente diversa per ognuno di noi.

Marcello Mio – presentato in concorso alla 77esima edizione del Festival di Cannes – non prende in considerazione un rapporto genitoriale casuale, ma sceglie di entrare a gamba tesa all’interno della psicologia di Chiara Mastroianni.

La figlia di uno dei divi più noti e chiacchierati della storia del cinema si spoglia davanti alla macchina da presa nel tentativo meta cinematografico di riconciliarsi con sé stessa e con il proprio passato. A causa del soggetto indubbiamente esclusivo, in molti potrebbero recriminare a Marcello Mio una supposta incapacità di divenire universale in termini di tematiche, ma la verità è che ciò che ad un primo sguardo appare come un patetico dramma da élite, con il passare dei minuti diviene il presupposto per riflettere sul generico concetto di lascito, declinato peraltro all’epoca contemporanea.

Da opprimente e ingombrante figura destinata a perseguitare l’esistenza della figlia, Marcello Mastroianni si trasforma nell’unica reale scappatoia di Chiara. Il goffo travestimento e la perpetua imitazione della cadenza esistenziale di Marcello potrebbero passare per un compassionevole tentativo di emulazione, tuttavia si tratta del primo faticoso passo verso un genuino e fecondo ricongiungimento con le inestirpabili particelle che l’attore feticcio di Federico Fellini ha involontariamente depositato nella propria erede.

Una volta compreso che non ci sarà alcun cono d’ombra in cui nascondersi per sfuggire dall’accecante fama del padre, Chiara sceglie di uscire dal proprio nascondiglio, rinvigorita proprio dalla maschera dello stesso Marcello. In realtà, non è di un travestimento che si tratta, ma più semplicemente di una parte di sé stessa con cui fare definitivamente pace.

La pellicola si fregia di una componente formale sorprendentemente articolata, funzionale alla resa delle numerose sequenze surrealiste, che trasformano un prodotto potenzialmente lineare sul piano visivo in un’opera dotata di una chiara personalità estetica. Gli unici problemi sul piano squisitamente drammaturgico emergono nella seconda metà della vicenda, quando ci saremmo aspettati un reale sviluppo delle questioni finemente poste dalla sceneggiatura. Al contrario, Honoré e colleghi optano per un’evoluzione sospesa, in grado di sottrarre allo spettatore qualunque eventuale punto di riferimento.

Sintesi

Cosa accadrebbe se un regista decidesse di trasporre in film una seduta psicanalitica della figlia di uno degli attori più rilevanti della storia del cinema? Beh, Christophe Honoré ha dato la sua risposta e, al netto di alcune opacità narrative, è difficile negare il fascino di tale operazione.

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