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Aftersun recensione film di Charlotte Wells con Paul Mescal e Frankie Corio [RomaFF17]

Aftersun recensione film di Charlotte Wells con Paul Mescal, Frankie Corio e Celia Rowlson-Hall presentato alla Festa del Cinema di Roma 2022

Charlotte Wells, interessantissima regista scozzese classe 1987 che abbiamo incontrato al Festival di Cannes, insieme ai suoi protagonisti Paul Mescal e Frankie Corio, approda alla 20° edizione di Alice nella Città – rassegna cinematografica parallela alla Festa del Cinema di Roma – con il suo terzo lungometraggio, Aftersun, prodotto dalla sempre più nota A24 e precedentemente presentato al Toronto International Film Festival, raccogliendo entusiastici consensi di critica.

Ambientato in una classica estate di fine anni ’90, Aftersun racconta di un breve periodo di vacanza in un villaggio turistico turco, tra un giovane padre, Calum (Paul Mescal) che sembra divertito nel far notare a tutti gli altri la sua sorprendente giovinezza, e la figlia tredicenne Sophie (Frankie Corio) incredibilmente sveglia e alla scoperta della propria identità, dunque i primi innamoramenti, desideri voyeuristici della sessualità altrui e via dicendo.

Frankie Corio e Paul Mescal
Frankie Corio e Paul Mescal (Credits: A24/Pastel/Unified Theory/Charades)

Padre e figlia si interrogano sulle reciproche consapevolezze dell’amore e della vita, finendo per confidarsi l’uno all’altra tra desideri futuri e rimpianti ancorati nel passato e dunque nella memoria che non svanisce, anzi resta vivida, conducendo sempre più rapidamente Calum ad una catarsi, o meglio, ad una concreta e crudele presa di coscienza rispetto a ciò che è il male e ciò che invece è il bene.

Quello che risulta maggiormente interessante del film della Wells è la fotografia (a cura di Gregory Oke), forte di un gusto retrò che verrebbe da definire vintage, alla ricerca costante di quell’estetica graffiata, colma di calore e atmosfera, per certi versi sospesa, come i due protagonisti del film, che sembra rifarsi al cinema di alcuni autori noti e meno noti del panorama cinematografico francese tra gli anni ’80 e ’90, tra i quali spiccano Maurice Pialat ed Éric Rohmer.

Ciò che invece delude di Aftersun, andando oltre la meravigliosa, calda e interessante scelta di fotografia del film è proprio la sceneggiatura, priva di qualsiasi guizzo, o sorpresa o risveglio emotivo, che sembra rifarsi al modello narrativo di Richard Linklater (Boyhood), perciò molta libertà in scrittura e grande (se non totale) appoggio sugli interpreti, sui loro interessi e sensibilità. Laddove Linklater però risulta capace d’indagare l’animo umano e le trasformazioni di un corpo e di una mente giovane o meno giovane, restando appresso al suo interprete, la Wells crolla, creando una notevole distanza che impedisce allo spettatore di conoscere realmente i personaggi seguiti sullo schermo.

Paul Mescal e Frankie Corio
Paul Mescal e Frankie Corio (Credits: A24/Pastel/Unified Theory/Charades)

Aftersun vorrebbe farsi racconto emotivo sull’importanza della memoria, dell’identità sessuale e della libertà di vivere ogni sensazione e volontà senza alcun freno inibitorio, così come un’indagine profondamente cruda e lucida sul dolore psicologico (e fisico) causato dai sensi di colpa e da ciò che si è commesso nel passato. Niente di tutto questo. Il film è incredibilmente pretenzioso, fortemente debitorio di un’estetica e narrazione cinematografica non sue che non solo risultano prive di credibilità (all’interno di un discorso d’appartenenza logica) ma anche fastidiose, poiché in definitiva ci si ritrova ad osservare un prodotto indeciso sulla sua stessa natura, tra riprese amatoriali, immagini astratte e sequenze inutilmente complesse che nulla aggiungono alla concretezza di un racconto in definitiva inesistente.

Peccato per le due interpretazioni certamente di livello, soprattutto quella dell’esordiente Frankie Corio che rivedremo senz’ombra di dubbio.

Aftersun, acclamato dalla critica ma nonostante ciò, incredibilmente deludente.

LEGGI ANCORA: Aftersun, recensione e incontro con i protagonisti al Festival di Cannes

Sintesi

Aftersun vorrebbe farsi racconto emotivo sull’importanza della memoria, dell’identità sessuale e della libertà di vivere ogni sensazione e volontà senza alcun freno inibitorio, così come un’indagine profondamente cruda e lucida sul dolore psicologico (e fisico) causato dai sensi di colpa e da ciò che si è commesso nel passato, risultando tuttavia incredibilmente pretenzioso e fortemente debitorio di un’estetica e narrazione cinematografica non sue che nulla aggiungono alla concretezza di un racconto in definitiva inesistente.

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