Oppenheimer recensione film di Christopher Nolan con Cillian Murphy, Emily Blunt, Matt Damon, Robert Downey Jr., Rami Malek, Josh Hartnett, Matthew Modine e Florence Pugh
Al solo nome di Christopher Nolan tutti tacciono. Lui è il regista della Trilogia del Cavaliere Oscuro ‒ come dimenticare l’interpretazione mozzafiato del compianto Heath Ledger nei panni del Joker acerrimo nemico di Batman ‒ di Memento (2000), Interstellar (2014), Inception (2010), Dunkirk (2017) e del tanto criticato Tenet (2020). Tutti titoli che hanno scolpito l’immaginario collettivo di milioni di fan, tra storie ambientate sulla concezione del tempo (Nolan ha spiegato, tra l’altro, il suo modo di mettere in scena il tempo nei film) e storie legate alla famiglia, al rapporto tra padre e figlia costruite su una sontuosa scenografia montata ad hoc con effetti speciali a dir poco sorprendenti. Questo è il Nolan di qualche anno fa. Oggi la sua idea di cinema sembra diversa.
Oppenheimer è sì di forte impronta nolaniana ma il suo pensiero cinematografico confluisce in una sensazionale svolta. E non perché girato in pellicola 70 mm in un’alternanza inedita di fotografia analogica IMAX in bianco e nero e inquadrature a colori giocata su un originale espediente cinematografico. Ma perché la costruzione stessa della storia è cambiata. La domanda da porsi a cui dare una risposta è: chi è J. Robert Oppenheimer?
Tratto dal libro vincitore nel 2006 del premio Pulitzer American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert Oppenheimer di Kai Bird e di Martin J. Sherwin scomparso recentemente (la nuova edizione disponibile in libreria con Garzanti), Oppenheimer di Christopher Nolan racconta la storia di un fisico che con la sua équipe di scienziati lavorano e portano a termine il progetto che cambierà per sempre la storia dell’uomo: lo sviluppo della bomba atomica. Tuttavia Oppenheimer non è una storia descrittiva che procede per fatti narrativi.
L’intenzione qui è un’altra. Nolan ci porta dentro la testa del padre della bomba atomica, il suo ingegno, la sua mente plasmata su calcoli ed equazioni matematiche che dialoga con il genio di Albert Einstein, pensieri che si trasformano in immagini in movimento a cui assistiamo in una sorta di apocalisse deflagrante. Ma non della terra o della vittoria durante la Seconda Guerra Mondiale. Qui si parla di distruzione psicologica, di un conflitto portato avanti con esito positivo per gli americani ma non per lui. Una battaglia senza precedenti iniziata con il progetto Manhattan, combattuta da più parti per il successo planetario e finita con il carnefice che si è trasformato in vittima pagandone le inquietanti conseguenze.
Oppenheimer è la storia di un uomo solo. Un uomo che il bravo e risoluto Cillian Murphy ci ha restituito nei suoi incubi, nei suoi disturbi ossessivo-compulsivi, nelle sue paure, soffocato dalla società del tempo perché un intelletto del genere è più importante sfruttarlo che aiutarlo. Oppenheimer è una seduta terapeutica in conversazione con sé stesso, tra amori consumati e poco accentuati, lezioni di fisica a tratti dispersive aperte al sagace pubblico forgiate sul modello di Interstellar e un finale che urla al colpo di scena per vagheggiare Inception. Oppenheimer è un’esperienza da vivere, sentire, osservare, capire e fare propria. E sicuramente la bomba Nolan continuerà a esplodere.