Il meglio deve ancora venire recensione film di Matthieu Delaporte e Alexandre De La Patellière con Fabrice Luchini, Patrick Bruel, Zineb Triki, Pascale Arbillot, Marie Narbonne e Jean-Marie Winling
“Tu m’as laissé la terre entière, mais la terre sans toi c’est petit”, “Tu mi hai lasciato il mondo intero, ma il mondo senza te è piccolo”: così recita il testo della canzone Et Maintenant di Gilbert Bécaud, perfetta introduzione al film Il meglio deve ancora venire.
Per la regia del duo formato da Alexandre De La Patellière e Matthieu Delaporte, solido dopo aver già collaborato in Cena tra amici e Mamma o papà?, il film francese è stato presentato al pubblico già nel 2019, durante la Festa del Cinema di Roma, e uscirà nelle sale italiane il 17 settembre 2020.
Fabriche Luchini e Patrick Bruel, anche loro duo consolidato con il film del 1985 Profs, interpretano rispettivamente Arthur e César. Arthur è un insegnante e ricercatore che, nonostante siano passati già cinque anni dal divorzio, crede ancora di poter avere un futuro con la sua ex moglie; César, in una relazione con una donna più giovane e di recente rimasto nullatenente, vive la vita “come se non ci fosse un domani”. Amici da quando si sono conosciuti, ragazzini, in collegio, Arthur e César sono ben consapevoli del fatto che la loro amicizia, non fosse nata in quella circostanza particolare, difficilmente sarebbe sbocciata, perché sono agli antipodi, e in comune hanno solo l’affetto che provano l’uno per l’altro. Ai fan di Good Omens, il romanzo di Terry Pratchett e Neil Gaiman poi serie televisiva diretta da Douglas Mackinnon, Arthur e César potranno ricordare i protagonisti Aziraphale e Crowley.
Commedia “alla francese” che si trova nel perfetto punto di incontro tra film drammatico e commedia a tutti gli effetti, Il meglio deve ancora venire non è un film perfetto nel contenuto né nella scrittura. La trama, di per sé, non è del tutto originale: quando scopre che César ha un cancro ai polmoni, in stadio avanzato, Arthur è consapevole di doverglielo dire, ma diverse circostanze, oltre alla consapevolezza di quanto il sapere possa portare a un’immensa tristezza, lo portano a tacere e ad assecondare un’incomprensione in un climax che, purtroppo, non esplode mai davvero.
La scena della rivelazione risulta insoddisfacente per la scelta registica di privare dell’audio lo sfogo di Arthur. Se la scelta, dal punto di vista della narrativa, è comprensibile perché lo spettatore avrebbe dovuto ascoltare, per l’ennesima volta, la storia dal punto di inizio – il motivo dell’incomprensione e il motivo del tacere di Arthur – al tempo stesso la soluzione narrativa adottata lascia lo spettatore con l’amaro in bocca e il film incompleto.
Nonostante alcune debolezze Il meglio deve ancora venire è frizzante, gradevole, in alcune sequenze commovente. L’esecuzione da parte dei due attori, in particolare di Luchini, è magistrale; l’amicizia tra i due personaggi è scritta in modo realistico; sono incredibilmente umane la confusione, il dolore, il senso di tradimento che la malattia porta con sé. Malattia che non viene romanticizzata e vista sotto la luce del bello come è stato maldestramente fatto in opere, con un target giovanile e solo per citarne di recenti, come Colpa delle stelle o Io prima di te.
Il potenziale dell’opera di Matthieu Delaporte e Alexandre De La Patellière non è del tutto espresso, ma, grazie alla capacità degli attori e all’utilizzo delle sottotrame, coinvolge ed emoziona lo spettatore, destinato a lasciare la sala come se avesse appena salutato due amici di vecchia data.