Fuori recensione film di Mario Martone con Valeria Golino, Matilda De Angelis, Corrado Fortuna ed Elodie [Anteprima]
di Giorgio Maria Aloi
Roma, 1980: la scrittrice Goliarda Sapienza è appena uscita dal carcere, dove è stata rinchiusa per aver rubato e rivenduto dei gioielli. Ora che è fuori, deve trovarsi un lavoro per impedire lo sfratto dal suo appartamento, e cerca di tutto, compresi incarichi di cameriera e domestica, perché le sue collaborazioni come correttrice di bozze e giornalista non sono sufficienti.
Nel cassetto ha il manoscritto de L’arte della gioia, che sarà pubblicato solo postumo e osannato a livello internazionale. Al momento, però, nessuno lo vuole (e in Italia non vedrà la luce prima dell’enorme successo riscosso oltralpe). Nel tempo sospeso dopo la sua scarcerazione, Goliarda trova conforto solo nella presenza di due ex compagne di carcere: Roberta, arrestata per motivi politici, e Barbara, incarcerata per aver aiutato un malvivente di cui è innamorata.
Mario Martone ha sempre avuto uno stile registico che unisce un forte senso dello spazio a un linguaggio narrativo colto, capace di risultare al contempo naturalistico e accessibile al pubblico. Nei suoi film, lo spazio non è solo ambientazione realistica, ma diventa uno spazio scenico e narrativo, ricco di sfaccettature. Martone lo esplora come una dimensione in cui la narrazione: lo utilizza per creare un’atmosfera, un mood, che rispecchia lo stato d’animo dei personaggi o il tema centrale del film.
Martone ha sempre avuto un forte rapporto con lo spazio, che si è evoluto nel tempo diventando un tratto distintivo del suo stile registico, tanto nel teatro quanto nel cinema. Le sue opere, anche se di stampo narrativo, sono ricche di riferimenti culturali e intellettuali. Nonostante la complessità dei riferimenti, il suo linguaggio cinematografico è semplice e naturale, con un uso della fotografia che privilegia la realtà e l’osservazione. Le ambientazioni e le location sono spesso realistiche e legate al contesto della sua esperienza personale o a temi ai quale tiene particolarmente. Un elemento ricorrente nei suoi lavori è l’arte del disincanto e della disillusione, che riflette la sua visione della realtà e della condizione umana.
La regia di Fuori rimane fedele allo stile inconfondibile di Martone. Le sue inquadrature, sempre ben calibrate, si concentrano su luoghi specifici come le strade di Roma e l’interno del carcere di Rebibbia, per raccontare la vita delle detenute e la libertà ritrovata dalle tre protagoniste. Qui, il suo stile si riconosce totalmente: lo spazio di Roma rappresenta lo stato d’animo delle protagoniste, in tutte le loro sfaccettature. Il lungometraggio scorre con un ritmo serrato e in un certo senso, riesce a trascinare lo spettatore all’interno di quelle mura carcerarie e vivere la detenzione insieme alle donne. Una storia che vuole parlare della vita delle detenute ed è un inno alla libertà, ma una libertà molto più profonda di quella fisica.
La vera prigione non è solo il penitenziario, ma quella presente nelle proprie menti. Per raccontare questo, Martone e la sceneggiatrice, nonché sua moglie, Ippolita Di Maio, hanno sentito una certa affinità ed empatia nei confronti delle detenute, omaggiando anche la compianta Goliarda Sapienza.
Fuori non è un biopic di Goliarda, ma un adattamento di un suo romanzo autobiografico che narra con delicatezza una parte della vita dell’autrice de “L’Arte Della Gioia”. Una donna che aveva “fame di vita” e desiderava vedere pubblicato il suo romanzo. Le sue due amiche conosciute in carcere, Roberta e Barbara, sono la sua ancora, e quando sono insieme si sentono libere; ma, allo stesso tempo, la loro mente resta sempre dentro quelle mura.
A proposito delle tre protagoniste, non si può non menzionare le interpretazioni delle tre attrici. Valeria Golino, ruba la scena con una interpretazioni magistrale, senza cadere nell’istrionismo (cosa di cui non ha bisogno). Ha ormai un rapporto viscerale con Goliarda Sapienza (ha adattato il suo romanzo, di recente) e si vede che voleva renderle omaggio.
Elodie, invece, ha dato prova che se ha i ruoli giusti e si impegna, può essere una brava attrice. Il ruolo di Barbara è il migliore che abbia avuto finora e si è calata perfettamente in lei. Interpreta una donna che vive una relazione tossica con un malvivente e la sua prigione è proprio questa relazione che l’ha portata solamente ad annullarsi. Dopo il periodo di detenzione prova a rimettersi in gioco ma in realtà non è uscita né dalla prigione fisica né da quella relazione malata. Prova solo sollievo quando è con Goliarda e Roberta.
Matilda De Angelis difficilmente ne sbaglia una. Interpreta una ragazza che cerca un modo di evadere dal dolore e cerca di rifugiarsi nelle droghe o nel penitenziario. Un concetto piuttosto paradossale, ma in realtà la peggior prigione è quella mentale. Lei non è libera perché non ha mai affrontato un dolore che si trascina da tutta una vita e si affievolisce soltanto grazie alle altre due donne protagoniste.
Il titolo Fuori non ha un significato diretto e univoco, anzi a primo impatto si pensa ad una continua ricerca della libertà. Però, in realtà, si presta a diverse interpretazioni. Può essere interpretato come un invito a guardare le cose da un punto di vista diverso a uscire dalla propria comfort zone e a non lasciarsi definire dagli altri. In particolare, si riferisce alla vita di Goliarda Sapienza, una scrittrice che vive al di fuori degli schemi sociali e delle aspettative, e che viene costretta a confrontarsi con la realtà quando finisce in carcere. Oppure, l’alternanza tra dentro e fuori può essere rappresentato come il conflitto interno della scrittrice, che si sente al contempo parte di un gruppo e al contempo separata da esso. O forse uscire dalla propria prigione, sia fisica che mentale, per trovare se stessi e vivere la vita in modo autentico. Viene esplorato il desiderio di libertà e di autogoverno femminile, in un’epoca in cui le donne sono costrette a vivere in un ambiente che le giudica e le condanna (erano gli anni 80 ma si coglie un riferimento al presente, perché la domanda sorge spontanea: oggi è diverso?).
Fuori è un viaggio nell’anima umana: fragilità, forza, bellezza e brutalità della vita si intrecciano in un racconto intenso. Un titolo che invita alla riflessione e che può essere interpretato in molti modi, a seconda dello sguardo di chi lo osserva. Un’opera che non
giudica, ma comprende, lasciando spazio alla libera interpretazione.