Dario Argento Due o tre cose che sappiamo di lui recensione del libro su Dario Argento

Dario Argento. Due o tre cose che sappiamo di lui recensione del libro su Dario Argento scritto da Steve Della Casa ed edito da Electa

Un’interessante collaborazione tra Cinecittà S.p.A. e la storica casa editrice Electa, distaccamento artistico della Mondadori, ha portato alla pubblicazione di Dario Argento. Due o tre cose che sappiamo di lui, un interessante volume sul maestro del giallo e dell’horror all’italiana curato da Steve Della Casa, direttore del Torino Film Festival e tra i maggiori critici italiani, specializzato proprio nel cosiddetto cinema di genere. Due o tre cose che sappiamo di lui, pubblicato nell’anno in cui Argento ha compiuto ottant’anni ed è tornato al cinema con la regia di Occhiali Neri, si compone di una polifonia di interventi, analitici, elogiativi ed aneddotici, sul cinema del maestro della paura, non per nulla uno dei più iconici del Novecento italiano: “insieme a Federico Fellini, Argento è sicuramente il regista più visionario del nostro cinema”, si legge nelle prime pagine del volume, e “se Fellini è a tutt’oggi il regista italiano più noto nel mondo, Dario è a sua volta il regista contemporaneo italiano più studiato, omaggiato, proiettato.”

Dario Argento
Dario Argento (Credits: Istituto Luce Cinecittà/Electa)

Nella sua prefazione, Steve Della Casa colloca stilisticamente il cinema di Dario Argento in un momento di transizione linguistica e mediatica, “con il moltiplicarsi delle occasioni di proiezione e il progresso ridursi delle centralità del grande schermo a vantaggio di nuove soluzioni tecnologiche”: in un periodo di passaggio e di rimescolamento delle carte, anche sul fronte produttivo, Dario Argentosviluppa una sintesi completamente personale di quanto di nuovo sta emergendo in quegli anni: nel suo cinema troviamo un uso sorprendente della cinepresa a mano mescolato con virtuosismi da cinema tradizionale, melting pot che si spinge fino a un film come Il cartaio nel quale esplicitamente Dario Argento si attiene ai principi della corrente Dogma 95 creata da Lars von Trier”. Sempre di Steve Della Casa è un’intervista-dichiarazione raccolta da Argento nel 2021 con cui il regista traccia un quadro breve ma completo della sua carriera, raccontando il suo percorso sin dai suoi esordi e spiegando anche la sua predilezione per gli interpreti stranieri. Tra gli altri contributi contenuti nel volume, anche un dialogo a tre teste tra Claudio Simonetti, leggendario frontman dei Goblin, e i produttori musicali Franco e Verdiana Bixio, sull’importanza delle colonne sonore nel cinema argentiano, a partire dalla rievocazione dell’incontro quasi casuale tra Argento e la band di prog-rock romano a metà degli anni settanta, al momento della realizzazione di Profondo Rosso.

Dario Argento. Due o tre cose che sappiamo di lui recensione libro
Dario Argento Due o tre cose che sappiamo di lui il volume su Dario Argento (Credits: Istituto Luce Cinecittà/Electa)

Notevole è la testimonianza, contenuta nel volume, della scrittrice giapponese Banana Yoshimoto, che ormai da decenni afferma di essere stata “salvata”, quand’era adolescente, dalla visione epifanica dei film di Dario Argento, prima Zombi e poi, a maggior ragione, Suspiria. “Il fatto che i suoi film fossero la rappresentazione visiva dei miei stati d’animo mi commosse. Una solitudine a cui è impossibile sottrarsi, corpi umani capaci di rompersi come se fossero bambole, la consapevolezza che al mondo esistono davvero presenze crudeli e maligne, che a volte non ci si può aiutare anche se si è molto vicini, che l’amore non è sempre calore, ma può trasformarsi in qualcosa di spaventoso, capace di metterti le mani al collo e soffocarti”. Dopo essersi conosciuti, Argento e la Yoshimoto fantasticarono un po’ anche della possibilità di trarre un film dai romanzi di lei, nonostante la profonda diversità di toni, tanta era la fiducia che provava nei confronti del regista italiano. “I film di Dario Argento sono tutta la mia adolescenza, mi hanno raccontato la morte, la solitudine e la bellezza, sono come il villaggio d’origine dove non mi stanco mai di ritornare. Non potrò mai ringraziarlo abbastanza”, conclude la Yoshimoto nel suo intervento.

Due o tre cose che sappiamo di lui
Asia e Dario Argento (Credits: Istituto Luce Cinecittà/Electa)

Ma le vere gemme di Dario Argento. Due o tre cose che sappiamo di lui consistono nell’eccezionale recupero di due diversi incontri tenuti dal maestro del giallo, al Torino Film Festival nel 1999 e nel 2002, dialogando in pubblico rispettivamente con John Carpenter e con George A. Romero, due mostri sacri dell’horror americano. Con George Romero il nostro Argento ha collaborato nella triplice veste di produttore, co-sceneggiatore e anche compositore in occasione di Zombi, seguito dell’exploit de La notte dei morti viventi girato in larga parte in un centro commerciale della Pennsylvania assediato da orde di zombie; e in occasione dell’incontro al Torino Film Festival Dario Argento aveva fatto riflettere il pubblico sul fatto che “i morti viventi che il cinema aveva raccontato fino a quel momento erano nemici, spesso strumenti nelle mani di qualche malvagio che se ne serviva”, mentre ne La notte dei morti viventi, datato non per nulla 1968, gli zombie “sono delle persone che si ribellano, che sovvertono il mondo intorno a loro, e chi li combatte non sempre è dalla parte della ragione, come svela il bellissimo finale del film”. Fu per il suo amore nei confronti della prima pellicola della saga, e dopo aver scoperto che in America Romero paradossalmente faticava a trovare fondi per nuovi progetti, che Argento si offrì di produrre, entrando attivamente nel processo creativo nel corso di lunghe sessioni di scrittura a Roma a cui capitava anche una piccola Asia Argento – “posso dire di averla conosciuta quando non aveva nemmeno un tatuaggio”, fu il commento ironico di Romero al Torino Film Festival. Pochi anni dopo, Romero avrebbe diretto la Argento jr. ne La terra dei morti viventi, quarto capitolo del suo franchise sui non-morti.

Se la conversazione tra Romero e Argento dura, nel volume dell’Electa, poche, densissime pagine, il dialogo con Carpenter è ben più lungo e forse, nel complesso, ancora più epifanico. A beneficio del pubblico, i due registi si alternano nel ripercorrere le proprie vite e carriere, partendo fin dai primi ricordi di infanzia- una visione di Destinazione… Terra! in un primordiale 3D per Carpenter, la scoperta de Il fantasma dell’opera per Argento – per poi dilungarsi in considerazioni di ogni tipo sul cinema e sul mestiere di regista, di regista horror in particolare. Argento ammette che in molti gli hanno chiesto, nel corso dei decenni, perché non gira anche altri tipi di film, ma dice a Carpenter e al pubblico che è impossibile, “perché quando hai varcato questa porta, quando hai provato delle sensazioni cos’ violente e distruttive, ai limiti dell’impossibile, come fai a tornare indietro e a raccontare i fatti di tutti i giorni, il quotidiano, la vita normale, la vita… Come fai a tornare indietro?”. Se per Argento l’ispirazione orrorifica ha queste fondamenta più viscerale, John Carpenter in un’autoanalisi più cartesiana ricorda invece di quando, da bambino, con la sua famiglia si era trasferito dal Nord al Sud degli Stati Uniti, nella cosiddetta Rust Belt, e si era trovato a vivere in una cittadina di provincia caratterizzata da una fortissima segregazione razziale: “io mi sentivo totalmente fuori luogo e l’unico modo, l’unica voce, l’unico posto che riuscivo a trovare per avere uno sfogo era nel cinema, nei film, nella fantasia dei film dell’orrore e della fantascienza”. Non per nulla, lo stesso clima di segregazione che aveva scoperto da bambino sarebbe ritornato in molti dei principali titoli del John Carpenter regista: da Assalto a Distretto 13 a La Cosa, da The Fog al dittico Fuga da New York/Fuga da Los Angeles.

Dario Argento. Due o tre cose che sappiamo di lui recensione libro
Dario Argento Due o tre cose che sappiamo di lui il volume su Dario Argento (Credits: Istituto Luce Cinecittà/Electa)

Gli ottant’anni di Dario Argento, la serata d’onore a Berlino e l’arrivo nelle sale di Occhiali Neri, il suo nuovo e lungamente atteso film da regista arrivato quasi dieci anni dopo Dracula 3D, nonché la sorprendente apparizione nelle vesti da coprotagonista in Vortex dell’amico e discepolo Gaspar Noé, hanno provocato una vera e propria Argento reinassance, nel 2022. Contrariamente a quanto accaduto a Pier Paolo Pasolini però, in quest’anno che ne celebrava il centenario dalla nascita, poche delle iniziative varate su Dario Argento sono apparse superflue e pretestuose. Due o tre cose che sappiamo di lui di Steve Della Casa, co-edito da Cinecittà e da Electa, e la mostra dedicata al cinema argentiano al Museo del Cinema di Torino, curata da Marcello Garofalo e Domenico De Gaetano, sicuramente sono state le punte di diamante nelle celebrazioni di uno degli ultimi, grandi demiurghi del cinema italiano.

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