Cane che abbaia non morde recensione film di Bong Joon-ho con Bae Doo-na, Lee Sung-jae e Byun Hee-bong
Della generazione di registi sudcoreani, come ad esempio Park Chan-wook, Lee Chang-dong e Kim Ji-woon, Bong Joon-ho sin dagli inizi (Cane che abbaia non morde n’è un buon esempio) è stato il regista che più ha ricercato, a differenza degli altri sopracitati, la formula perfetta per unire l’autorialità con il cinema popolare. Infatti non è un caso che sia stato uno dei primissimi ad essere corteggiato da Hollywood (prima con Snowpiercer produzione più inglese che statunitense, ma poi definitivamente con il film Netfilx Okja), vuoi per il suo stile commerciale (assolutamente non un difetto nel suo caso), vuoi per la potenza delle immagini. Ogni suo film si è sempre contraddistinto per la perfetta combinazione dei due elementi.
Quindi era chiaro che per Bong prima o poi sarebbe arrivata l’occasione di vincere un Premio Oscar ed infatti così è stato nel 2019, con Parasite, film campione di incassi in gran parte del mondo.
Aspettando il suo nuovo lavoro dal titolo Mickey 17 con protagonista Robert Pattinson e previsto per il 2024, Bong Joon-ho approda nelle sale italiane (per la prima volta e in lingua originale con sottotitoli in italiano, grazie alla collaborazione di P.F.A. Films e di Emme Cinematografica) tramite il suo film d’esordio, dal titolo Cane che abbaia non morde (meglio conosciuto con il titolo internazionale, Barking Dogs Never Bite).
In Cane che abbaia non morde, l’autore del bellissimo thriller Memorie di un assassino, ci porta all’intero di un microcosmo abitato da persone in cerca di riscatto sociale e che purtroppo vivono quasi ai confini nella povertà più assoluta. La storia narrata prende una piega inaspettata quando un ricercatore universitario, Yoon-ju (Lee Sung-jae), il quale vorrebbe a tutti i costi prendere la cattedra di professore presso l’università dove studia e lavora, sposato con una donna che di fatto mantiene la stabilità economica della coppia, viene beccato da una giovane bibliotecaria Park Hyun-nam (ruolo interpretato dall’attrice Bae Doo-na, che ben presto sarebbe diventata uno dei volti più noti del cinema coreano) mentre uccide un cane domestico, perché pensa che la colpa del suo insuccesso lavorativo ed economico sia dovuta al fatto che alcuni cani abbaiano vicino alla sua abitazione, così forte da farlo distrarre dai suoi obbiettivi principali.
Forse però in questa buffa e rocambolesca vicenda, l’epilogo potrebbe mettere in evidenza un diverso punto di vista, come a dire “non tutto il mal vien per nuocere”. Dai problemi, se non insormontabili, ci si può risollevare.
Il bell’esordio diretto da Bong, è una commedia dai toni drammatici, lineare nella sua struttura narrativa, un po’ acerba forse, ma non per questo non riuscita o poco interessante, dove si vedono già in alcune sequenze, dei picchi di alta tensione psicologica che avrebbero poi contraddistinto il suo modo di fare cinema. Scene come il primo incontro tra i due esuberanti protagonisti e l’inseguimento sul finale, tra Park Hyun-nam e un senzatetto (anni dopo, in una intervista, l’attrice ha dichiarato di aver molto apprezzato il risultato finale di quella scena) mettono fin da subito in chiaro un elemento chiave del cinema dell’autore di The Host: un cinema si popolare, ma che sa abilmente ragionare con il genere che sta affrontando. Una perfetta combinazione tra stile ricercato, fantasia visiva e puro intrattenimento, come detto nella nostra introduzione.
Una pellicola frizzante, ironica e pungente che può ricordare ciò che farà poi con Parasite, infatti non poche sono le similitudini, anche se in Cane che abbia non morde i toni e lo stile sono diversi. Non c’è ancora una forte componente fantastica, l’opera prima seppur particolare ha ancora molti legami con il cinema del reale. Un racconto singolare, ma potenzialmente plausibile.
Cane che abbia non morde ha effettivamente aperto le porte del mondo del cinema ad uno degli autori più interessanti della sua generazione, un autore moderno ma che non dimentica le lezioni del passato. Il suo è un cinema in un certo senso classico, ma non per questo antico, un cinema libero e sincero come appare lo stesso Bong Joon-ho. Un regista che ha ancora tanto da far scoprire al suo pubblico.