Rapiniamo il duce

Rapiniamo il duce recensione film di Renato De Maria con Pietro Castellitto e Matilda De Angelis [RomaFF17]

Rapiniamo il duce recensione film di Renato De Maria con Pietro Castellitto, Matilda De Angelis, Tommaso Ragno, Isabella Ferrari e Maccio Capatonda

Presentato nella sezione Grand Public all’interno della 17° edizione della Festa del Cinema di Roma, Rapiniamo il duce, nono film di Renato De Maria, prodotto e distribuito da Netflix, si inserisce all’interno del nuovo filone fantafumettistico del cinema italiano post Lo chiamavano Jeeg Robot, rifacendosi dichiaratamente all’estetica e alla narrazione dei prodotti Goon Films e Groenlandia di Gabriele Mainetti e Matteo Rovere.

In una Milano cupissima e terrorizzata dal pericolo dei bombardamenti, negli ultimi giorni del Secondo Conflitto Mondiale (1945) si intrecciano le vicende umane di alcuni individui che vorrebbero mettere a segno il colpo del secolo, ossia una rapina apparentemente impossibile e irrealizzabile ai danni del Duce, la quale consiste nella confisca ai fascisti di tutto l’oro rubato agli italiani o consegnato dagli stessi di loro spontanea volontà per il finanziamento della guerra. Il bottino è però conservato all’interno di un bunker assolutamente protetto denominato Zona Rossa e l’unica via per accedervi è dare inizio ad un gioco di spionaggio senza esclusione di colpi.

Pietro Castellitto e Matilda De Angelis
Pietro Castellitto e Matilda De Angelis (Credits: Netflix)

L’impostazione narrativa del film è molto classica, dalla presentazione del leader della banda, Isola (un sempre convincente Pietro Castellitto) ed il suo rapporto con una donna pericolosa (Yvonne; Matilda De Angelis, che a distanza di anni torna a cantare all’interno di un film), alla formazione del gruppo che vede unirsi partigiani, ladri, celebrità dello spettacolo, eroi di guerra dimenticati e perfino fascisti (o presunti tali), fino alla terza ed ultima parte, consistente nel colpo e nella conclusione di una mission impossible che sembra rifarsi tanto all’immaginario italiano dei precedentemente citati Mainetti e Rovere, quanto a quello americano (e oltretutto decisamente fumettistico) di Quentin Tarantino (chiarissimo omaggio a Bastardi senza gloria).

Rapiniamo il duce si rivela perciò uno di quei film dall’idea pressoché perfetta e sicuramente colma d’interesse che nella sua realizzazione concreta sceglie di seguire pedissequamente, se non scolasticamente, un modello cinematografico fin troppo convenzionale e debitorio di uno o più immaginari altrui, scansando la ricerca di una propria visione e personalità, così come di stile e accontentandosi dunque d’essere uno tra i molti prodotti d’intrattenimento dimenticabili e nient’affatto memorabili, fatta eccezione per una o due sequenze, all’interno di un film dalla durata non del tutto irrilevante.

Maccio Capatonda in Rapiniamo il duce
Maccio Capatonda in Rapiniamo il duce (Credits: Netflix)

De Maria però dimostra una grande qualità che molti altri autori non hanno, quella dell’innamoramento passionale nei confronti dei suoi personaggi, da quelli positivi a quelli negativi e tutto ciò permette anche (e soprattutto) allo spettatore di godere di una cura, analisi introspettiva e immedesimazione non così comune nel cinema d’intrattenimento popolare, perlopiù caratterizzato da personaggi macchiettistici, talvolta trasparenti e utili soltanto al fine degli accadimenti di trama.

Rapiniamo il duce comincia con un grande momento action, per poi divenire molto presto una love story a tinte drammatiche, capace di trasformarsi ulteriormente (e senza sosta) in spy story, action comedy demenziale, heist movie e commedia familiare. La contaminazione tra generi se non altro permette alla narrazione di non arrestarsi mai, regalando ottimi tempi comici, alternati ad altri di intensità drammatica quasi sempre convincenti, e solo in qualche caso leggermente forzati e mal gestiti.

Rapiniamo il duce recensione film con Pietro Castellitto e Matilda De Angelis
Matilda De Angelis (Credits: Netflix)
Rapiniamo il duce recensione film con Pietro Castellitto e Matilda De Angelis
Rapiniamo il duce di Renato De Maria (Credits: Netflix)

Tornando alla struttura del film, la parte migliore risulta essere quella della formazione della banda, dove esplode in tutta la sua potenza quell’immaginario che ha tanto di Tarantino, quanto di Rodriguez (GrindhouseSin City) e Vaughn (Kick Ass), dunque una fusione tra pulp, estetica del fumetto e rilettura in chiave action comedy della storia e di eventi realmente accaduti a servizio di un film interessato quasi esclusivamente all’intrattenimento e alla spettacolarità e quasi per niente alla resa lucida di una realtà credibile.

Laddove sorprende la cura dei personaggi, delude invece la scrittura, fin troppo moscia e accomodata su di una lunghissima ripetizione di discorsi e fatti che tutti conoscono già (personaggi e pubblico), come a voler spiegare continuamente ciò che molto presto accadrà. Una scrittura dunque scolastica e fin troppo convenzionale, per un film che vorrebbe essere invece fortemente ribelle e anarchico rispetto a tutta una serie di elementi, a partire da un gusto divertito e grottesco per la violenza e quell’immaginario di sadismo e seduzione proprio di alcuni personaggi, tra i quali Yvonne (Matilda De Angelis) e Borsalino (Filippo Timi) e che sembra rifarsi ad un titolo cult, anche se ormai dimenticato come Il portiere di notte di Liliana Cavani.

In definitiva, Rapiniamo il duce di Renato De Maria diverte e intrattiene, senza riuscire tuttavia a conquistare il cuore dello spettatore, né tantomeno soddisfare il raggiungimento dell’impresa fin troppo ambiziosa di omaggiare l’immaginario tarantiniano di Bastardi senza gloria. Un tentativo coraggioso che se non altro promette bene per il cinema italiano degli anni a venire. C’è una motivazione che più di tutte dovrebbe spingere il pubblico a vedere su Netflix questo film: Maccio Capatonda.

Sintesi

Sulla scia del nuovo filone fantafumettistico del cinema italiano, attraverso la contaminazione tra generi la narrazione di Rapiniamo il duce regala ottimi tempi comici alternati ad altri di intensità drammatica quasi sempre convincenti. Una fusione tra pulp, estetica del fumetto e rilettura in chiave action comedy della storia e di eventi realmente accaduti a servizio di un film interessato quasi esclusivamente all’intrattenimento e alla spettacolarità e quasi per niente alla resa lucida di una realtà credibile.

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