Oasis

Oasis recensione film di Lee Chang-dong [MUBI]

Un film coraggioso da riscoprire, un cult di vent'anni annunciato come scandaloso ma che nasconde una dolce storia umana

Oasis recensione film di Lee Chang-dong con Sol Kyung-gu e Moon So-ri

Alcune pellicole non invecchiano affatto con il trascorrere del tempo. Anzi, acquisiscono una freschezza che le rende sempre appassionanti, attuali, imperdibili. È questo il caso di Oasis, film scritto e diretto da Lee Chang-dong, con protagonisti Sol Kyung-gu e Moon So-ri.

Riproposto da MUBI insieme ad altre pellicole del regista coreano, Oasis incantò alla 59esima edizione del Festival del Cinema di Venezia, vincendo il Leone d’argento per la miglior regia, il premio Marcello Mastroianni per la migliore interpretazione femminile e il premio della critica internazionale.

L’amore secondo gli ultimi

Oasis è innanzitutto la storia d’amore tra Hong Jong-du (Sol Kyung-gu) e Han Gong-ju (Moon So-ri). Non la più classica delle storie d’amore, si intenda, ma un legame coraggioso – e non poche volte respingente – tra due veri e propri outsider costantemente umiliati da una società sorda, del tutto incapace di comprendere il diverso. Perché in Oasis ad innamorarsi non sono due teenager bellocci e sani, ma un uomo un po’ infantile appena uscito di prigione e una disabile sfruttata dalla sua famiglia. Etichettati come disadattati, i due riusciranno comunque a ritagliarsi dei momenti di sublime evasione dalla realtà, ribellandosi ad un destino che li vorrebbe abbandonati a loro stessi, vittime incolpevoli dei rispettivi handicap.

Il festival di Venezia ha sempre avuto un’attenzione speciale per gli ultimi. Basti pensare all’iconico Joker di Todd Philips, vincitore del Leone d’oro, o al recentissimo Bones and All di Luca Guadagnino, vincitore del Leone d’argento per la migliore regia e della Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile (premi non molto dissimili da quelli vinti da Oasis). Presentato come film scandalo della 59esima edizione, e rivelatosi invece come uno dei più dolci, Oasis ha tutte le carte in regola per essere considerato un vero e proprio cult. Storia d’amore originale, scrittura intelligente e interpretazioni sbalorditive definiscono un prodotto a larghi tratti sorprendente, capace di alimentare ancora oggi fecondi dibattiti.

Hong Jong-du (Sol Kyung-gu) e Han Gong-ju (Moon So-ri) in Oasis
Hong Jong-du (Sol Kyung-gu) e Han Gong-ju (Moon So-ri) in Oasis (credits: Cineclick Asia/Koch Media)

Un regista da riscoprire

La filmografia di Lee Chang-dong è esemplare. Oltre ad Oasis, film come Peppermint Candy, Secret Sunshine, Poetry e Burning suggellano uno sguardo unico nel suo genere, anche se non di facilissima lettura. Il fil rouge che lega tutte pellicole è la Corea, certo. I pregi e le contraddizioni di un paese moderno, dove i protagonisti lottano per affermarsi in contesti socio-economici non particolarmente favorevoli. Ma ad impreziosire la poetica del grande regista è qualcos’altro, più precisamente un linguaggio che, pur trasformandosi in tutti i film, non ostacola una certa compattezza stilistica. Il racconto à rebours di Peppermint Candy, ad esempio, si contamina di stilemi desunti dal genere poliziesco, e non diverso è il caso del più intimista Secret Sunshine, storia di una giovane donna alle prese con varie tragedie che ne sconvolgono la vita.

Affascinante, invece, è la soluzione maturata in Poetry, dove l’atroce malattia dell’anziana protagonista – l’Alzheimer – è alleviata dal tocco delicato della poesia. Un discorso a parte merita infine Burning, dramma ambiguamente sospeso tra thriller psicologico e corrosivo racconto di formazione. Con Oasis, secondo film di una produzione non ricchissima ma incisiva, il linguaggio di Lee Chang-dong cerca di virare più verso il fiabesco. Negli spazi tanto reali quanto affollati di una Seul spersonalizzata, i sogni dei protagonisti bramano silenziosamente maggiore concretezza. Sogni tutto sommato semplici, quasi sacrosanti, ma che appaiono quasi impossibili da realizzare.

Moon So-ri e Sol Kyung-gu in Oasis (2002) di Lee Chang-dong
Moon So-ri e Sol Kyung-gu in Oasis (2002) di Lee Chang-dong (credits: Cineclick Asia/Koch Media)

L’oasi e il mondo reale

C’è la famiglia di lui, Hong Jong-du, ritrosa a badare nuovamente ad un ex galeotto, e c’è la famiglia di lei, Han Gong-ju, che sfrutta la disabilità della giovane per mantenere uno stile di vita elevato. In più, la storia d’amore non nasce nel modo più romantico possibile; in una delle scene più forti del film, Jong-du abusa sessualmente dell’indifesa Gong-ju, che nulla può contro la violenza incontrollabile di lui. Date le premesse, sembra che si abbia a che fare con l’evoluzione di un dramma senza fine, destinato a sconfinare in territori decisamente oscuri. Ma è da qui che subentra uno dei pregi maggiori della pellicola, ossia la trattazione di due temi inattesi e perfettamente sviscerati, in grado di valorizzare una storia d’amore così inconsueta: il perdono e la scoperta della propria sessualità.

Non è affatto un gioco da ragazzi, non soltanto cinematograficamente parlando, raccontare uno stupro e tutte le sue conseguenze. Ancora più difficile, forse, è darne un pieno significato formativo. Eppure, Lee Chang-dong riesce a delineare senza fronzoli una storia d’amore credibile perché imperfetta, spietata, a suo modo salvifica. Pur scaturendo da una violenza, e in un contesto assai problematico, il rapporto tra Jong-du e Gong-ju merita di rivelarsi al mondo, sconfinando dalle quattro mura di una minuscola oasi urbana. Perché l’amore, soprattutto questo amore, dimostra che vale la pena lottare per sentirsi più umani. Senza paura, forti soprattutto della propria diversità.

Sintesi

Oasis di Lee Chang-dong è la storia d'amore commovente e spietata tra un infantile ex galeotto e una disabile con paralisi cerebrale. Vero e proprio cult in salsa coreana, Oasis è un film coraggioso di un autore assolutamente da riscoprire.

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