Il silenzio degli innocenti

Il silenzio degli innocenti recensione [Cult]

Il silenzio degli innocenti recensione film di Jonathan Demme con Jodie Foster, Anthony Hopkins, Scott Glenn, Ted Levine, Anthony Heald e Diane Baker

– Tutti gli psicopatici tengono dei trofei delle loro vittime.
– Io no.
– Lei se le mangiava, dottore!
(Il silenzio degli innocenti)

Alzi la mano chi, da bambino, non ha mai provato paura per un qualcosa di scabroso, tendenzialmente arcano. Funzione primaria con uno scopo autoprotettivo utile per la crescita di ognuno di noi, la paura si è sempre manifestata o per il buio o per l’uomo nero; o per l’abbandono o per l’angoscia da separazione dai genitori; o per i lupi mannari o per il fuoco; o per i mostri nascosti sotto il letto, dietro le scale e dentro gli armadi o per le ombre dai volti tetri; o per la morte o per i tanti incubi che vengono perpetrati nelle ore di sonno. Agli albori dei novanta, precisamente nei primi mesi del 1991, io, un bambino rompiscatole che svigoriva i genitori non per guardare i cartoni animati bensì pellicole cinematografiche tra le più svariate, venni svezzato dalla paura mediante due “mostri” generati dalla settima arte: il primo, più trascendentale che umano, fu il Bob della serie Twin Peaks (trasmessa in Italia come I segreti di Twin Peaks), il secondo, dannatamente materiale e per questo, forse, molto più raccapricciante, Hannibal Lecter de Il Silenzio degli Innocenti.

Il silenzio degli innocenti recensione
Anthony Hopkins ne Il silenzio degli innocenti

È vero, ero molto piccolo nel 1991, perciò maggiormente suscettibile a sgomento e apprensione, però riuscire a ricuperare nella storia della cinematografia un personaggio scenico come il Dottor Lecter, intinto di un alone di sgomento e pervaso da un’aura perfida e malvagia è ahimè assai difficoltoso. Provando a farlo, potrei citare il Jack Torrance di Jack Nicholson, Norman Bates di Anthony Perkins e Vlad Ţepeş alias Conte Dracula di Gary Oldman, personaggi che, come l’Hannibal Lecter di Anthony Hopkins, imperniano le vicende delle rispettive pellicole sulle loro capacità di emanare terrore. In ogni ciak. Anche in quelli che non li vede protagonisti. E’ questo l’impulso perpetrato non appena compare sulla scena de Il Silenzio degli Innocenti il Dottor Hannibal Lecter, fermo, inerte, claustrofobico, esiziale, macabro, luttuoso, tetro. E silenzioso. Perché, senza professar parola alcuna, solo in base alle descrizioni fatte da Jack Crawford (Scott Glenn), dirigente FBI, a Clarice Starling (Jodie Foster), una delle migliori reclute federali incaricata di stabilire un contatto con il Dottore per esortarlo a collaborare per poter smascherare il serial killer Buffalo Bill, il pericoloso psichiatra incute ansia, sgomento, tensione. Paura. Timore.

Jodie Foster è Clarice Starlng
Jodie Foster è Clarice Starlng

L’ingresso in scena di Hannibal Lecter, vero elemento cardine su cui si sostiene la pellicola (senza la sua presenza nulla avrebbe senso), è preparato e studiato con meticolosità dal regista Jonathan Demme per esacerbare lo stato d’inquietudine dello spettatore. Difatti, l’unica fumigazione che Clarice stabilisce con l’ambiente esterno prima di una lenta, inesorabile discesa negli inferi dei lati oscuri della mente, è una lunga, affannosa corsa nei sentieri crepuscolari di una foresta. Da lì in poi è tutto un caravanserraglio di ambienti chiusi, primi piani incombenti, stanze claustrofobiche, sguardi infidi, smorfie ingannevoli, espressioni surrettizie, perversioni sessuali mal celate e descrizioni terrificanti, “È un mostro. Uno psicopatico puro. È così raro catturarne uno vivo. Dal punto di vista scientifico, Lecter è il nostro elemento più prezioso”, che accompagnano l’aspirante agente nel sottobosco macabro del pensiero deviato dell’uomo: il manicomio criminale di Baltimora, in cui è rinchiuso il folle psichiatra Lecter.

Anthony Hopkins è Hannibal Lecter
Anthony Hopkins è Hannibal Lecter

L’acme dell’inquietudine lo si tocca proprio nel momento in cui il buono e il cattivo sono seduti l’una di fronte all’altro, anche se l’altro è ben celato da una penombra crepuscolare, quasi lorchiana, immobile all’interno della sua cella, all’erta come una bestia selvatica, così da aumentarne il fascino e generare un’apoteosi unica di trepidazione. Dal primo confronto ne scaturisce il gioco tra la buono e il cattivo, tra la poliziotta tenace e il pseudo aiutante dall’intelligenza oltremodo briosa (così smisurata da forgiare una sicumera sprezzante) ma delle repulsioni omicide marcate. Un gioco ben riuscito poiché il legame Lecter – Starling è il filo conduttore essenziale su cui si snocciolano gli eventi successivi, un tourbillon incessante di contingenze intrinseche alla paura e alle angosce universali come gli ambienti vespertini, il serial killer psicopatico, rapimenti, cannibalismo, teste mozzate, epidermidi scuoiate, carcasse putride, autopsie bizzarre, pozzi bui, sotterranei, aberrazioni sessuali, esalazioni, sospiri, pianti, gemiti, lamenti, insetti, lepidotteri, parassiti, deviazioni psichiatriche e personaggi spregevoli – di cui non sono esenti i colleghi di Clarice che all’interno dell’ascensore la osservano quasi fosse un oggetto sessuale da utilizzare nell’immediato o lo spregevole Dottor Chilton (Anthony Heald) la cui probabile fine è una torcida inesausta (cit.).

Il silenzio degli innocenti recensione
Buffalo Bill (Ted Levine)

Un’avanguardia di elementi caratteristici del thriller per eccellenza che elencati così parrebbero disorientare chi ancora non si è cimentato nella visione dell’opera o, ancor peggio, pilotare alla congettura che il risultato scenico sia solo un ciarpame di momenti obliabili. Il rischio, da questo punto di vista, di concepire un film intriso di troppi elementi non imperniati tra loro, c’era tutto ma Jonathan Demme ha voluto correr l’alea ugualmente, affidandosi a un soggetto robusto (l’omonimo romanzo di Thomas Harris), a una sontuosa e inarrivabile interpretazione di Anthony Hopkins (che rimarrà impressa e imperitura come una delle migliori di sempre) e a una timida, nevrotica, crucciata ma caparbia Jodie Foster, partorendo un thriller psicologico epitaffio nel suo genere, un’estasi di orrore, repulsione e suspense, edulcorato da scene memorabili come il summenzionato confronto tra Hannibal e Clarice, la fulminea evasione del Dottore o il lugubre ambiente domestico-criminale di Buffalo Bill. Tutte contingenze che, fortunatamente, sfocano un finale che appare smunto, faticosamente credibile, come l’effrazione di Clarice nella casa di Buffalo Bill e una tenzone tra i due che vede quest’ultimo quasi esimersi dall’intervenire.

Vincitore dei Premi Oscar più importanti – Miglior Film, Miglior Regia (Demme), Miglior Attore (Hopkins), Miglior Attrice (Foster) e Sceneggiatura (Ted Tally) – come il lontano (1934) Accadde una notte di Frank Capra e il contemporaneo (1976) Qualcuno volò sul nido del cuculo di Miloš Forman – Il silenzio degli innocenti è anche e soprattutto la relazione tra il bene e il male, tra la buona Clarice Starling e il cattivo non cattivo Hannibal Lecter, la recluta e il suo mentore, tra cui si instaura un legame talmente indissolubile che quasi verrebbe voglia di invitarli a cena per capire come e perché due persone così diverse riescano ad andare d’accordo. Una cena, ovviamente, non a base di umani.

Un tizio che faceva un censimento una volta provò ad interrogarmi.
Mi mangiai il suo fegato con un bel piatto di fave ed un buon Chianti.
(Hannibal Lecter)

“Un tizio che faceva un censimento una volta provò ad interrogarmi. Mi mangiai il suo fegato con un bel piatto di fave ed un buon Chianti”.

Paolo S.

Sintesi

Avanguardia di elementi caratteristici del thriller per eccellenza, basato sull’omonimo romanzo di Thomas Harris, Jonathan Demme con Il silenzio degli innocenti si affida alle sontuose ed inarrivabili interpretazioni di Anthony Hopkins e Jodie Foster partorendo un thriller psicologico epitaffio nel suo genere, un’estasi di orrore, repulsione e suspense.

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