Banksy – L’arte della ribellione recensione film di Elio España con Banksy, Felix Braun e Ben Eine
Si può essere uno degli artisti più famosi del nuovo millennio e riuscire a nascondere la propria identità? Chi veramente si cela dietro un cappuccio scuro in testa e una bomboletta di vernice in mano? Come ha fatto un uomo che disegna sui muri a cambiare drasticamente il mondo dell’arte? Il documentario Banksy – L’arte della ribellione risponde a queste domande tramite un ampio approfondimento del suo stile artistico, del suo lato più personale grazie alle testimonianze di suoi amici intimi e attraverso l’evoluzione del mondo in cui è cresciuto e che lo ha influenzato.
Tutto ha inizio a Bristol, piccola città marittima inglese, che si sta lentamente sgretolando a causa della direzione presa dal Paese durante gli anni ’80 grazie al pragmatico capitalismo di Margaret Thatcher. In questo ambiente ricolmo di disoccupazione e contrasti, i giovani di Bristol, tra cui Banksy, sentono il bisogno di sfogare il loro disappunto, ma non più tramite marce violente, ma con il linguaggio artistico, specie quello dei graffiti, nato da pochi anni.
I muri delle case, dei negozi, di qualsiasi stabile cominciano a prendere forma, l’eco dei ragazzi di Bristol arriva fino a Londra e si trasforma in un movimento estetico dominante. Ma allora per quale motivo Banksy è diventato l’artista più famoso del mondo e tutti gli altri “graffitari” no? L’opera mostra perfettamente il cambiamento artistico di Banksy, che passa da essere pura estetica violenta, una risposta istintiva verso una situazione infelice ad un qualcosa di più, un’immagine diretta chiara con un messaggio dietro. L’artista inglese evolve il graffito ad uno stencil pieno di significato, che accompagna la mente verso una riflessione sul mondo, sulla politica, sulla situazione sociale di alcuni Paesi.
Il documentario, dopo aver approfondito lo stile dell’artista inglese, si concentra molto anche su cosa sia accaduto dopo la sua ascesa e il successo globale della Street Art, dopo che le sue figure più iconiche e ricorrenti (bambini innocenti, poliziotti derisi, scimmie e topi) non sono rimaste semplici immagini su un muro, ma opere che valgono milioni.
Il mondo dell’arte si accorge di Banksy dopo che il mondo si accorge di lui. Le case d’asta, le gallerie e i critici trovano nella Street Art una possibilità concreta di guadagno e iniziano a mercificare le opere che anni prima disprezzavano e pulivano dai muri. Banksy però non accetta questa standardizzazione e la sua risposta va nella direzione opposta: con i suoi collaboratori occupa edifici vuoti e vende i suoi lavori per poche centinaia di dollari. Il suo obiettivo non è appendere quadri a muri bianchi, ma far entrare gli spettatori dentro un’esperienza artistica totale.
Al nativo di Bristol questo non basta, non è sufficiente essere entrato a gamba tesa nel mondo dell’arte ed averlo rivoluzionato, essere diventato uno degli artisti più influenti del mondo, sente il bisogno di compiere un altro passo: lasciare un messaggio globale. È su questo aspetto che il documentario si concentra di più, sul perché Banksy entri nei musei più importanti del mondo e appenda i suoi quadri per pura provocazione, sul motivo per cui abbia fatto distruggere una sua opera dopo essere stata comprata ad un’asta per più di un milione di dollari. Per quale ragione fare tutto questo? Perché la sua Street Art non era più democratica, si stava arrendendo al denaro e quindi la conseguenza fu sabotare il sistema dall’interno, dichiarare che nessuno può decidere il valore di un’opera, una vera ribellione verso dinamiche che aveva da sempre rinnegato.
Banksy – L’arte della ribellione regala la più ampia prospettiva possibile di uno degli artisti più nascosti e importanti del nuovo millennio. Approfondisce ogni aspetto per creare un’immagine completa di un uomo senza volto e senza nome, racconta il cambiamento della sua arte e della sua personale ribellione, prima verso un sistema che ostacolava la sua libertà di espressione, poi verso l’arte stessa, quella vuota e cinica che ruota intorno al puro guadagno, cercando di renderla un luogo dove tutti possono entrare.