Sophia Antipolis

Sophia Antipolis – la recensione [International Film Festival Rotterdam]

Sophia Antipolis è un film di Virgil Vernier, parte della selezione di film proiettati all’International Film Festival Rotterdam che Festival Scope mette a disposizione per la visione online fino al 24 febbraio.

Sophia Antipolis è un ‘parco tecnologico’, la cosiddetta ‘Silicon Valley europea’ costruita negli anni ’70 nell’entroterra di Antibes, sulla riviera della Costa Azzurra. Un agglomerato che comprende uffici ma anche zone residenziali e servizi, per un totale di circa novemila abitanti. In questa cittadina artificiale, più una serie di strade che un vero centro abitato, vivono lavoratori e ricercatori altamente specializzati, ma anche persone di diversa estrazione sociale. Sophia Antipolis esplora le vite di queste ultime: ragazze che ripongono le loro speranze in un’operazione di mastoplastica, stranieri arrivati in Francia da strade diverse, agenti di sicurezza con tendenze autoritarie. Persone sole, eppure collegate a loro insaputa.

Vernier, regista parigino, ha iniziato come documentarista per poi passare, nel 2014 con Mercuriales, a film a metà tra fatto e finzione, nei quali il limite tra documentario e narrativa si confonde, grazie anche alla collaborazione con attori non professionisti. Sulla stessa linea, Sophia Antipolis è un film straniante, nel quale i personaggi sembrano protagonisti e comparse allo stesso tempo: ripresi in silenzio in attività quotidiane, finché non raccontano le loro storie in monologhi che danno un contesto alle scene appena viste, per poi sparire e lasciare spazio ad un nuovo protagonista, e non ricomparire mai più.

Il film racconta così la società che gravita attorno al parco tecnologico e alle spalle del le luci della Costa Azzurra, e che potrebbe essere quella alla periferia di qualunque città: vite moderne, ognuna con una quotidianità deludente, ognuna alla ricerca di un modo di sfuggirne, che sia sfogando le proprie frustrazioni, oppure cercando qualcosa di sovrannaturale, o sperando in un cataclisma che metta fine a tutto.

Ma Sophia Antipolis, con il suo stile distaccato e spezzettato, non coinvolge lo spettatore: c’è un tenue filo conduttore in tutte queste storie, ma viene svelato solo alla fine, come un mistero al quale viene fornita una risposta prima ancora di sapere che c’era una domanda, e quando ormai non c’è più spazio per una partecipazione emotiva. A momenti (da lontano) si riecheggiano alcune le atmosfere di David Lynch e Mulholland Drive, ma, senza un nucleo narrativo, e privo di immagini che restino impresse, Sophia Antipolis resta, come la località eponima, un luogo senz’anima e artificiale.

Sintesi

Un film che esplora le vite dei suoi protagonisti come fosse di passaggio, freddo e distaccato come il luogo da cui prende il nome

Perché MadMass.it

Consapevoli del nostro ruolo, da sei anni in MadMass.it portiamo avanti una linea editoriale responsabile, preferendo la copertura dei festival al content farming, le recensioni al clickbait, le rubriche e le interviste al sensazionalismo. Stiamo cercando di fare la nostra parte: sostienici con una donazione, acquistando i prodotti consigliati sul nostro magazine o semplicemente passa a visitarci, sfoglia le nostre pagine e condividi i nostri articoli sui social: ci permetterai di continuare a crescere e fare sentire la nostra voce.

Articoli Correlati

Commenti

Ultimi Articoli

Un film che esplora le vite dei suoi protagonisti come fosse di passaggio, freddo e distaccato come il luogo da cui prende il nomeSophia Antipolis - la recensione [International Film Festival Rotterdam]