Resident Evil: Welcome To Raccoon City recensione film di Johannes Roberts con Kaya Scodelario, Hannah John-Kamen, Robbie Amell e Tom Hopper
Il rapporto tra cinema e videogiochi è ormai consolidato da anni – tanto da essere oggetto di studi accademici – e i titoli tratti da opere videoludiche sono spesso molto attesi, pensiamo a Pokémon: Detective Pikachu, Sonic – Il film o il già chiacchierato film su Uncharted. In ogni caso, questo genere di trasposizioni è costretto a combattere contro pregiudizi che vogliono tali pellicole come qualitativamente scarse e poco degne di nota; il discorso si complica ancora di più quando l’opera di partenza è molto amata e vanta una grande quantità di fan. È questo il caso di Resident Evil: Welcome To Raccoon City, adattamento del celebre videogioco Resident Evil prodotto da Capcom.
Scritto e diretto da Johannes Roberts, regista di 47 metri e 47 metri – Uncaged, Resident Evil: Welcome To Raccoon City si pone come totale reboot del franchise cinematografico di Resident Evil, inaugurato dal film del 2002 diretto da Paul W.S. Anderson e che conta ben sei capitoli. Se il film di Anderson spingeva prevalentemente sul tasto dell’action, questa nuova riproposizione sposta la lente d’ingrandimento sul genere horror legandosi più fedelmente possibile alle atmosfere del videogioco.
Quella messa in scena da Roberts è una Raccoon City decadente e pericolosa, costantemente battuta dalla pioggia e ormai abbandonata da quasi tutti i suoi abitanti; la città assume un ruolo molto importante non solo perché il suo raggiungimento da parte della protagonista Claire (Kaya Scodelario) è il MacGuffin del film, ma anche perché conoscerne la geografia, le strade e i punti nascosti significa avere più possibilità di sopravvivere. È proprio in questa geografia cittadina che si muove il gruppo di protagonisti, obbligati a sopravvivere mentre fuori un virus trasforma le persone in strane creature affamate di carne umana.
La filosofia kitsch di Anderson viene dimenticata (e questo è un bene), ma il film soffre di gravi problemi di scrittura: nonostante più o meno tutti gli spettatori sappiano che piega prenderà il racconto, nella prima parte la pellicola appare macchinosa e, prima che riesca effettivamente ad ingranare, passano parecchi preziosi minuti che finiscono per spegnere piano piano l’attenzione dello spettatore. Si potrebbe pensare che questa sia una scelta voluta per approfondire maggiormente i personaggi: purtroppo invece tutti i personaggi sono monodimensionali e la loro caratterizzazione è pressoché inesistente. Dalla protagonista al fratello Chris (Robbie Amell), passando per il tormentato poliziotto Leon (Avan Jogia), nonostante gli attori posseggano le caratteristiche fisiche più appropriate per un film come questo, i personaggi risultano senza mordente e davvero poco accattivanti, dimostrandosi dimenticabili al di là di probabili approfondimenti futuri.
In una pellicola del genere la scala di valori dovrebbe avere al suo vertice paura e tensione causate dalle immagini, ma anche in questo Resident Evil: Welcome To Raccoon City zoppica pesantemente data la scarsa capacità del regista di alimentare la suspense narrativa e trasmette emozioni forti alla platea. La creatura di Johannes Roberts non spaventa, non inquieta e non crea nemmeno quel sano divertimento grezzo che altri titoli di genere possiedono: quella messa in scena è una rappresentazione poco ispirata e senza cuore, incapace di aggiornare lo zombie movie e di conferire qualcosa di nuovo al filone.
Probabilmente gli amanti del videogioco troveranno in questo Resident Evil: Welcome To Raccoon City una visione divertente grazie ai molti richiami al medium originale, mentre gli spettatori che non conoscono la saga videoludica assistono ad una pellicola svogliata e poco coinvolgente. Peccato, ancora una volta un film tratto da un videogioco perde la possibilità di mettere in comunicazione in modo efficace i due mondi.