Red Rocket

Red Rocket recensione film di Sean Baker con Simon Rex e Suzanna Son [Cannes 74]

Red Rocket recensione film di Sean Baker con Simon Rex, Suzanna Son, Bree Elrod, Brenda Deiss, Ethan Darbone, Judy Hill e Brittney Rodriguez

Sognando la California (del porno)

L’America tra sussistenza e resistenza prediletta da Sean Baker è tornata, con una robusta iniezione di libido e ironia che fa del suo nuovo film Red Rocket una visione stuzzicante e smoking hot, espressione particolarmente cara al protagonista del film.

Red Rocket si apre con Mikey (Simon Rex) che torna nella sua Texas City da sconfitto, mezzo nudo e coperto di lividi dopo un pestaggio. La ex moglie e la madre di lei non vogliono nemmeno farlo entrare in casa e acconsentono a farlo rimanere solo se pagherà un affitto mensile per dormire sul divano e sbrigare dei lavoretti domestici. Dopo anni spesi in California in qualità di star del porno, il ritorno alle origini di Mikey sembra una battere i ritirata, senza soldi e senza possibilità di reinventarsi, in una città a vocazione petrolifera in cui di lavoro ce n’è pochissimo e persino la moglie Lexi deve arrischiarsi a prostituirsi su Craiglist per racimolare qualche spicciolo.

Simon Rex
Simon Rex
Red Rocket recensione film di Sean Baker con Simon Rex e Suzanna Son
Simon Rex e Bree Elrod (Credits: A24/Festival de Cannes)

Inizialmente Mikey sembra intenzionato a mettere la testa a posto e a diventare un punto di riferimento per la sua famiglia, riconquistandosi la fiducia di suocera e quasi ex moglie (“It would be like we are still married!” “We are still married!“). S’ingegna per portare a casa uno stipendio, conquistato con un lavoro non proprio legale ma a cui si applica diligentemente. Almeno fino a quando sulla sua strada appare la bellissima Strawberry (Suzanna Con), la diciassettenne commessa di Donut Hole che svela tutta l’immaturità, l’edonismo e l’incapacità di valutare obiettivamente il proprio passato e la propria età di Mikey.

Il sogno americano, hot e impossibile

Abituato a cercare i membri del proprio cast nei luoghi più inaspettati, qui Sean Baker mette a segno un doppio colpo attoriale. A sua volta non indenne dalle insidie della Rete e del circuito dei porno, nei panni di Mikey il rapper e attore Simon Rex è fenomenale, dando corpo e anima a un uomo dotato in senso fisico ma reso ottuso dal suo stesso narcisismo. Il suo Mikey è un eterno ragazzone che sogna di sfondare in America a 17 come a 46 anni, esattamente con lo stesso metodo: fuggire dal Texas con uno schianto di ragazza, fare coppia nel mondo del porno e diventare una star cinematografica di quella nicchia. Il sogno americano rimane l’eterna illusione, anche se in chiave vietata ai minori.
Il fatto che il suo primo tentativo di affermazione sia finito allontanando Lexi e tornando mezzo nudo e coperto di lividi a bussare alla porta della moglie non sembra impensierirlo. Scena dopo scena risulta evidente come Mikey viva della versione high school del sogno americano: non è mai riuscito a lasciare alle spalle una certa logica da liceale arrapato, narcisista e maschilista che vede le donne come un mezzo, un orpello che metta in risalto le proprie “doti” di porno attore e uomo d’affari.

Suzanna Son
Suzanna Son in Suzanna: Birthday Boy (Credits: Suzanna Son/YouTube)

Da pupe a sorelle

Baker è efficace e ironico sia in ciò che mostra (strepitosa la sequenza con la corsa full frontal di Rex) sia ciò che non dice ma lascia intuire (cosa sia andato storto in California la prima volta). A differenza di quanto avviene in Annette di Carax, qui le partner lavorative e sentimentali del protagonista sono tutt’altro che donzelle pronte a immolarsi per il proprio eroe e il suo narcisismo. Baker regala a tutte le interpreti femminili ruoli capaci di uscire dallo stereotipo, di fare gruppo e guardarsi le spalle a vicenda, come una vera sorellanza. Poi c’è lei, la bella sognatrice Strawberry, a cui l’esordiente Suzanna Con dà corpo ma soprattutto anima, mescolando ingenuità, freschezza le capacità di rendere una diciassette disinibita in maniera giocosa, mai gratuita.

Completa un quadro già francamente entusiasmante un uso ironico e romantico della hit Bye Bye Bye degli NSYNC, una sceneggiatura brillante che sa cogliere gli ultimi scampoli dell’era pre Trump in America (che sembra già qualcosa di lontano, storico, irraggiungibile) e un finale perfetto, ricco di colpi di scena e con una chiusa fulminante e ambigua. La ciliegina (fragola?) sulla torta di un film irriverente e irresistibile, che non rinuncia al proprio commentario sociale, tra un orgasmo e l’altro.

Sintesi

In un Cannes 74 più disinibito e sensuale del consueto, Sean Baker ha indovinato la giusta lunghezza d'onda, con un film che preferisce l'ironia alla denuncia per guardare ancora una volta negli occhi i limiti degradanti in cui vive una certa America, la cui popolazione è costretta a badare a se stessa, cullata dall'illusione di un sogno egocentrico e narcisista di ricchezza. Qualcuno però (le donne) ha già aperto gli occhi: non il protagonista Mikey, convinto che il miglior piano per il futuro sia andare dove lo porta… non certo il cuore.

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