Parigi, 13 Arr. recensione film di Jacques Audiard con Lucie Zhang, Makita Samba, Noémie Merlant, Jehnny Beth, Camille Léon-Fucien e Océane Cairaty
All’interno del XIII Arrondissement di Parigi, nel quartiere Les Olympiades, le vite di Èmilie, Camille e Nora si intrecciano, ridefinendo l’amore moderno tra delusioni, cambiamenti e prese di coscienza. Èmilie (Lucie Zhang) è una ragazza che vive da sola nell’appartamento lasciatole dalla nonna, ricoverata in una casa di cura perché malata di Alzheimer. Un giorno, bussa alla sua porta Camille (Makita Samba), affascinante insegnante in cerca di un posto dove stare. I due iniziano presto una relazione sessuale che, lentamente, si trasforma in amicizia. Il loro rapporto si lega quasi per caso alla storia di Nora (Noémie Merlant), una giovane donna appena arrivata a Parigi per riprendere gli studi universitari, dopo una parentesi lavorativa nell’agenzia immobiliare dello zio.
E tra scambi di persona, pubbliche umiliazioni e (tanto) sesso occasionale, i tre protagonisti si troveranno a dover fare i conti con i propri sentimenti.
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Parigi, 13Arr. (Les Olympiades in originale) è il nuovo film di Jacques Audiard, presentato in concorso all’ultimo Festival di Cannes. Audiard è considerato uno dei registi e sceneggiatori francesi più talentuosi del momento, avendo già vinto una Palma d’Oro e un Gran Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes, due Premi César, un Leone d’Argento a Venezia e due BAFTA. Parigi, 13Arr. è l’adattamento cinematografico di tre diversi racconti a fumetti di Adrian Tomine, bravissimo fumettista americano e illustratore per The New Yorker. Coadiuvato alla sceneggiatura da Céline Sciamma (Ritratto della giovane in fiamme) e Léa Mysius (Ava), Audiard realizza un ottimo lavoro di taglia e cuci, confezionando una storia originale e ambientandola nella periferia parigina.
Nelle parole del regista, si tratta di un luogo “molto originale, esotico e vivace, con una fusione sociale e culturale impressionante. I personaggi del film vivono lì ed è lì che si incrociano. Il termine Olympiades è un riferimento alle imprese atletiche e, da un punto di vista più osé, può anche riferirsi alle prodezze sessuali dei protagonisti.”
La sua è quindi una Parigi diversa dall’immagine classica: non è la “città delle luci” ma un condensato di umanità, fotografato da Paul Guilhaume in uno splendido bianco e nero, che sublima l’anonimato del luogo e uniforma la multietnicità dei giovani protagonisti. Èmilie, Camille e Nora sono persone grigie, disilluse, prive di ambizione. Le loro vicende vengono raccontate velocemente e in modo superficiale e, di conseguenza, non suscitano empatia. Di loro conosciamo quasi esclusivamente la vita sessuale. Anzi, è proprio il sesso il vero protagonista della storia, il motore dell’azione. Non solo è il filo rosso che lega tra di loro i personaggi, ma è inquadrato continuamente dal regista, probabilmente troppo.
Audiard non dispensa alcuna analisi o lezione. Non sembra particolarmente interessato ad alcuno dei temi che affronta: sessualità, alienazione, bullismo, identità di genere, ricerca di sé, lutto. In sostanza, la pellicola non è che la sua rappresentazione dei millennial. Ma Audiard, che è del ’52, è davvero troppo severo nel raccontare una generazione priva di colore, completamente alienata e senza obiettivi. In conclusione, una nota positiva: le musiche originali del film sono dell’artista e produttore di musica elettronica parigino Erwan Castex e sono davvero meravigliose.