The miracle club

The miracle club recensione film di Thaddeus O’ Sullivan con Maggie Smith e Kathy Bates [Anteprima]

Un film che rimane in superficie nonostante le ottime performance

The miracle club recensione film di Thaddeus O’ Sullivan con Maggie Smith, Laura Linney,  Kathy BatesStephen Rea e Agnes O’Casey [Anteprima]

di Marianna Peperna

The miracle club di Thaddeus O’ Sullivan (Credits: Europictures)
The miracle club di Thaddeus O’ Sullivan (Credits: Europictures)

The miracle club è l’ultimo lungometraggio di Thaddeus O’ Sullivan presentato nel giugno 2023 al Tribeca film festival.

Il film, ambientato nella piccola comunità di Ballygar vicino Dublino negli anni Sessanta, narra la vicenda di due amiche di mezza età, Lily (Maggie Smith) e Eileen (Kathy Bates).

Due donne ordinarie molto attive nel volontariato ecclesiastico per il quale stanno organizzando un evento di beneficenza con in palio dei biglietti per visitare il santuario di Lourdes. Alla morte dell’amica Maureen, attivissima insieme a loro nell’organizzazione parrocchiale, dovranno affrontare il ritorno di sua figlia Chrissie (Laura Linney), allontanata anni prima dalla comunità e con la quale i rapporti sono ancora molto tesi.

Per una serie di eventi, le tre donne si troveranno a visitare insieme la città francese. Questa inaspettata occasione costringerà le protagoniste a confrontarsi con anni di rancori accumulati nel tempo. Un elemento chiave in questo processo sarà la presenza di Dolly (Agnes O’Casey), una dolce e giovane madre di famiglia che cerca nella Madonna delle risposte per il mutismo del figlio.

The miracle club si inserisce in quel filone di lungometraggi leggeri e nostalgici sull’amicizia femminile sullo stampo di Steel Magnolias (1989), attingendo anche alla tradizione britannica di storie intorno all’anzianità e la riflessione sulla vita come Philomena (2013).

Malgrado il tono spensierato il film affronta temi come la famiglia, la vecchiaia, il lutto, la fede e soprattutto la morte che li racchiude un po’ tutti. Il fantasma del figlio morto giovanissimo tormenta ancora la dolce Lily; la morte stessa di Maureen e la paura di invecchiare e morire delle due donne anziane, intrappolate in dei ruoli casalinghi a volte troppo stretti, sono solo alcuni degli argomenti che emergono con forza da un film che, di base, mostra le difficoltà psicologiche e fisiche dell’età che avanza.

Il viaggio a Lourdes, infatti, è solo un espediente. La fede è l’elemento propulsore di qualcosa di più grande quando Lily e Eileen prendono il coraggio, insieme, di fare per una volta qualcosa esclusivamente per loro stesse cioè viaggiare lasciando i mariti increduli e costretti a cavarsela da soli.

Il viaggio in Francia funge come allontanamento dalla quotidianità anche oppressiva, carica di paure e di fantasmi e diventa l’occasione per esplorare non tanto il mondo, ma quanto se stesse, affrontando fianco a fianco i propri mostri e liberandosi di ogni sovrastruttura.

Il ricco cast del film in cui, oltre alle interpretazioni delle due attrici principali, spiccano quelle di Agnes O’Casey e Stephen Rea,  non riesce però a compensare una scrittura frettolosa e una caratterizzazione dei personaggi vaga e carente. Il lungometraggio infatti appare poco dosato, con una lunghissima prima metà e un terzo atto approssimativo, dove l’evoluzione dei personaggi risulta incompleta e poco chiara.

A livello visivo l’effetto nostalgia è dato dagli interni e dai costumi anni Sessanta sgargianti e colorati, con una fotografia curata ma troppo saturata, che sfiora l’effetto confezionato del classico teatro di posa dando un’atmosfera da miniatura o da casa delle bambole che dopo un po’ si rivela stucchevole.

The miracle club, nonostante l’ottima recitazione e le buone intenzioni che potranno smuovere più di qualche spettatore, risulta un film poco riuscito a livello di scrittura. Un prodotto che scalda il cuore, imponendosi come titolo curioso ma decisamente non imperdibile.

 

Sintesi

The miracle club è un film pieno di buone intenzioni ma che rimane in superficie. Le eccellenti performance attoriali di Maggie Smith e Kathy Bates non bastano a salvare un lungometraggio didascalico, macchiettistico e mal sceneggiato, risultando un abbozzo sentimentalistico e nostalgico che può essere apprezzato da un pubblico generalista e più maturo.

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