Monster recensione film di Kore-eda Hirokazu [Cannes 76]

Hinata Hiiragi e Soya Kurokawa
Hinata Hiiragi e Soya Kurokawa (Credits: Toho/Fuji Television Network)

Monster recensione film di Kore-eda Hirokazu con Mugino Saori, Hori Michitoshi, Mugino Minato, Hoshikawa Yori e Fushimi Makiko

Monster: una finestra infangata sull’anima del Giappone

C’è una scena nell’imperfetto ma potente Monster di Hirokazu Kore-eda che si candida ad essere tra le più belle di questo Festival di Cannes. In un luogo buio di cui non vediamo i contorni c’è un rettangolo di luce fioca, di colore marrone. Capiamo poco dopo che è una finestra. La cinepresa guarda dal basso verso l’alto, dal dentro questo luogo al fuori, dove due persone cercano disperatamente di rimuovere il fango che continua a coprire la lastra di vetro, punteggiata dal cadere della pioggia. Le sentiamo urlare, battere sul vetro, sentiamo la pioggia scrociante: il tutto ovattato dal luogo in cui riposano la cinepresa e la verità di una storia complessa e tragica.

Il giapponese Hirokazu Kore-eda è una regista in grado di scene potentissime fatte di pochissimo, allegoria di una verità che il film tenta di ripulire dal fango del pettegolezzo, dello stereotipo e della cattiveria da quasi due ore. Monster infatti riprende una costruzione narrativa alla Rashomon di Akira Kurosawa: stessa storia raccontata più volte, ogni volta da un personaggio differente che, senza smentire quanto venuto prima, lo arricchisce costantemente, ribaltando la lettura del pubblico in merito.

Si cerca un mostro, quello del titolo. Nella classe del protagonista – lo studente di scuola media Minato – qualcuno è oggetto di feroci attacchi di bullismo. Sembrerebbe essere proprio lui la vittima, preso di mira da un professore troppo rigido, violento.

Monster recensione film di Kore-eda Hirokazu
Monster di Kore-eda Hirokazu con Mugino Saori, Hori Michitoshi, Mugino Minato, Hoshikawa Yori e Fushimi Makiko presentato al Festival di Cannes 2023 (Credits: Toho/Fuji Television Network)

La madre single di Minato allora va dalla preside, denuncia, chiede spiegazioni. Il clima è di educata omertà, ma con una frase pronunciata all’ultimo accusa torna al mittente: è Minato il bullo, che prende di mira un compagno di classe più basso e mingherlino. Eri è uno studente bizzarro e definito “alieno” dai compagni, con una situazione domestica non semplice. A sua volta nasconde verità che i grandi cominciano a intravedere tardi, forse troppo tardi.

Monster si apre con un’incendio e si chiude sotto una pioggia torrenziale: due eventi di cui sono testimoni tutti i protagonisti, le cui relazioni subiscono una continua riscrittura man mano che il regista ci porta oltre la facciata di comprensione, gentilezza e disponibilità sotto cui la società giapponese nasconde la polvere, la propria crudeltà e vergogna.

Più vicino ai titoli più oscuri del regista giapponese (su tutti Il terzo omicidio), Monster non è un grande film di Hirokazu Kore-eda. Il cineasta qui appare affaticato, appannato, privo del suo tocco magico. La crisi è cominciata subito dopo la vittoria a Cannes con Un affare di famiglia e anche qui vediamo un film non all’altezza del suo standard, ancorché riuscito.

Hinata Hiiragi e Soya Kurokawa
Hinata Hiiragi e Soya Kurokawa (Credits: Toho/Fuji Television Network)

Stavolta, a distanza di decenni dall’ultimo tentativo in questo senso, decide di dirigere un soggetto scritto da altri, che in avvio però fatica a far funzionare. Nel corso della prima versione della storia sia i dialoghi tra personaggi sia gli eventi appaiono forzati ed è subito evidente quali siano fatti apparentemente trascurabili che si riveleranno cruciali per scoprire la verità.

Con lo scorrere del film però Kore-eda riesce a tirare le briglie e rimettere in carreggiata un film reso debole dalle forzature imposta dalla sceneggiatura. Monster non ha che un briciolo della complessità strutturale e narrativa di Il terzo omicidio dello stesso regista e sembra usare questa narrazione stratificata e complessa per apparire più profondo e complicato di quanto non sia. Non ci vuole poi un grande sforzo d’immaginazione per capire dove si sta andando a parare.

La sua fortuna è quella di azzeccare alla grande i giovanissimi interpreti dei due ragazzini protagonisti. Accompagnati da una delicata colonna sonora di Ryuichi Sakamoto (a cui la pellicola è dedicata) Hinata Hiiragi e Soya Kurokawa tirano fuori un’emozione potentissima dal cuore dello spettatore. Il paragone con gli adolescenti colleghi di Close di Lukas Dhont è dietro l’angolo. Oltre che per bravura, perché in fondo in fondo i due titoli raccontano la stessa cosa. A essere mostruosa in Monster è la difficoltà dei genitori e degli adulti in generale d’interpretare correttamente il tormento interiore di adolescenti consumati da un senso di colpa prodotto dalla loro incapacità di farsi chiarezza dentro.

Monster recensione film di Kore-eda Hirokazu
Monster di Kore-eda Hirokazu con Mugino Saori, Hori Michitoshi, Mugino Minato, Hoshikawa Yori e Fushimi Makiko presentato al Festival di Cannes 2023 (Credits: Toho/Fuji Television Network)

Anche gli adulti non se la cavano meglio: desiderano un contatto umano ma sono soli, vittima dei propri pregiudizi. La madre single di Minato, il professore Hori, la direttrice della scuola: tutti sono troppo preoccupati di essere feriti o giudicati per capire in tempo le conseguenze delle proprie parole su chi sta loro intorno. Non bisogna essere necessariamente crudeli per far del male al prossimo, anzi. A un certo punto Minato apre la portiera dell’auto della madre e si butta per strada, come faceva la protagonista di Lady Bird di Greta Gerwig. Solo successivamente capiremo l’angoscia procurata da parole in apparenza ricolme d’amore e conforto del personaggio interpretato da Sakura Ando.

Kore-eda torna dunque a puntare il dito contro la società giapponese, sul complesso intreccio di scuse insincere e gesti d’attenzione affettati dietro cui spesso si nasconde noncuranza o crudeltà. Non è un mistero, ormai da tempo, che per il regista il mostro vero rimanga proprio la realtà quotidiana della nazione che non ama (e da cui riceve ben poco affetto).