Light of My Life

Light of My Life recensione

Light of My Life recensione del film scritto, diretto e interpretato da Casey Affleck con Anna Pniowsky, Elisabeth Moss, Tom Bower e Hrothgar Mathews

Dopo la particolarissima opera Joaquin Phoenix – Io sono qui Casey Affleck torna dietro la macchina da presa, oltre ad essere qui sceneggiatore ed attore protagonista. Light of My Life, presentato allo scorso festival di Berlino, ci trasporta in un futuro distopico in cui un padre ed una figlia di nome Rag sono costretti a muoversi ai margini di una società distrutta da un virus che ha sterminato quasi tutta la popolazione femminile.

La piccola Rag (Anna Pniowsky), scaltra e tosta, deve camuffare il suo aspetto fisico poiché essere una donna in quel mondo quasi animalesco è troppo pericoloso. È costretta quindi a negare se stessa e paradossalmente il suo essere immune al virus la condanna ad una vita in continua fuga insieme al suo amorevole padre (Casey Affleck); il film punta proprio sullo stretto rapporto tra padre-figlia e sui loro tentativi di mantenere consuetudini, dialoghi e modi di fare che li facciano rimanere umani, nonostante il mondo sia stato sconvolto da una terribile piaga.

Light of My Life, la post-apocalisse di Casey Affleck
Light of My Life, la post-apocalisse di Casey Affleck
Anna Pniowsky
Anna Pniowsky

Se la trama può ricordare molti film post-apocalittici come The Road, l’opera di Affleck cerca una propria anima utilizzando l’epidemia come un MacGuffin, non a caso del virus e del contagio sappiamo pochissimo. A partire dalla fotografia (curata da Adam Arkapaw) il film dichiara le sue precise intenzioni naturalistiche, l’atmosfera della pellicola è infatti tetramente realistica: a colpire sono soprattutto le scene in notturna in cui l’unica illuminazione è data semplicemente dagli oggetti in scena, che siano essi una torcia o una candela.

Affleck quindi si allontana dalle facili logiche da blockbuster dilatando però un po’ troppo i tempi soprattuto nel secondo atto in cui alcune sequenze risultano prolisse e sostanzialmente inutili ai fini narrativi e drammatici, proprio in quei frangenti il film si accartoccia su se stesso risultando un po’ retorico.

Casey Affleck e Anna Pniowsky
Casey Affleck e Anna Pniowsky
Anna Pniowsky
Anna Pniowsky

Chi invece non va mai giù di giri è Casey Affleck, nel triplice ruolo di sceneggiatore-regista-attore riconferma il suo talento davanti alla macchina da presa. Proprio come la fotografia del film, anche la sua recitazione è studiata per essere naturale e mai sopra le righe. Il premio Oscar per Manchester by the Sea si riconferma un attore sensibile che come in altri ruoli della sua carriera interpreta un personaggio dolorante ma deciso a combattere le avversità.

Affleck però funziona anche come sceneggiatore e insieme all’interprete Anna Pniowsky rende molto credibile il personaggio di Rag: dolce e pratica essa è il centro di tutto, la luce della vita che dà il titolo al film. Speciale in quanto sopravvissuta cerca semplicemente di essere se stessa in un mondo che non glielo concede, come testimoniano le due scene chiave in cui vuole indossare una giacca chiaramente femminile e subito dopo imita il padre in una camminata maschile. I due di fatto sono delle prede per i feroci predatori, ma, un po’ come le volpi, hanno dalla loro parte l’intelligenza e la furbizia.

Alla sua seconda regia, Affleck confeziona un’opera sicuramente imperfetta e dal ritmo incostante, ma che riesce a regalare allo spettatore 120 minuti riflessivi in cui viene messo in scena il più puro legame tra un padre ed una figlia.

Andrea P.

Sintesi

Casey Affleck dirige una pellicola post-apocalittica tetramente realistica che, seppur retorica, imperfetta, dalla trama convenzionale e dal ritmo incostante, riesce a mettere in scena il più puro legame tra padre e figlia, personaggi doloranti ma decisi a combattere le avversità.

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