Il Trono di Spade 8: recensione del terzo episodio della stagione 8, La Lunga Notte. L’angosciante avanzata del Re della Notte e l’ineluttabilità della Morte che Nessuno può sconfiggere
Non li fermeremo mai. Stiamo combattendo la morte. Non si batte la morte. (Clegane)
La Morte è Morte, non si combatte. Non si può combattere.
Il Trono di Spade 8 scavalla l’immane climax costruito nelle ultime stagioni e giunge al punto di non ritorno: il destino del Re della Notte (Vladimir Furdik) si compie nella Battaglia di Grande Inverno.
Dell’aura di eroismo del secondo episodio, Il Cavaliere dei Sette Regni, rimane ben poco, se non le gesta di Theon Greyjoy (Alfie Allen) al cospetto di Bran (Isaac Hempstead-Wright).
Tutto il resto è Morte, che avanza implacabile, senza indugi e incertezze, la Morte non sbaglia un colpo mentre i nostri beniamini si rivelano semplicemente impreparati ad affrontare un nemico che non conosce paura, fatica, errore.
I nostri sbagliano tanto, tutto, incapaci di sfruttare il potere dei draghi Drogon e Rhaegal per respingere l’esercito dei Morti, lanciando l’orda Dothraki verso morte certa in campo aperto, incapaci di difendere le mura contro un nemico inesorabile che avanza senza sosta e che gli Estranei sono pronti a replicare all’infinito, perché la Morte non si sazia mai e chiama altra Morte.
Incapaci anche di dare fuoco alle trincee se non fosse per l’intervento miracoloso – e non sarà l’unico – della rediviva Melisandre (Carice van Houten), mentre Daenerys (Emilia Clarke) e Jon (Kit Harington) sfidano senza fortuna il Re della Notte e Viserion nella tempesta della Lunga Notte.
Soltanto la milizia degli Immacolati guidati da Verme Grigio (Jacob Anderson) riesce a rallentare l’avanzata dei Morti e a prolungare la sopravvivenza di Grande Inverno, mentre pochi impavidi – Jorah (Iain Glen), Brienne (Gwendoline Christie), Jaime (Nikolaj Coster-Waldau), Davos (Liam Cunningham), Lyanna (Bella Ramsey) – combattono più per i loro cari che per se stessi.
I Morti penetrano sino alle cripte, dilaniando donne e bambini, tentando Sansa (Sophie Turner) e Tyrion (Peter Dinklage) a compiere l’estremo gesto.
Anche il piano di offrire Bran come esca per fare uscire allo scoperto il Re della Notte non sembra dei migliori, con Dany e Jon che non riescono a proteggerlo e Theon giunto all’eroico epilogo della sua storia.
– Che cosa diciamo noi al Dio della Morte?
– Non oggi.
(Melisandre a Arya)
Ma quando la notte è più buia appare l’ultimo bagliore di speranza, perché Nessuno può sconfiggere la Morte, e sarà proprio Nessuno a sconfiggerla.
Tesissima, angosciante, sconfortante, ineluttabile, la Battaglia di Grande Inverno non è il capolavoro filmico che ci era stato promesso, non sminuisce la Battaglia dei Bastardi… ma incolla allo schermo per 78 immensi, memorabili, grandiosi, storici, irripetibili minuti.
E non possiamo nemmeno immaginare qualcosa che possa superare le emozioni della Lunga Notte, accompagnata dal meraviglioso tema musicale dedicato al Re della Notte, composto da Ramin Djawadi.
Viva Nessuno. Viva Arya. Viva la nostra prediletta, Maisie Williams.
Alla prossima settimana con la recensione del quarto episodio di Game of Thrones.