Il Divin Codino

Il Divin Codino recensione film su Roberto Baggio di Letizia Lamartire con Andrea Arcangeli [Netflix Anteprima]

Il Divin Codino recensione film Netflix di Letizia Lamartire con Andrea Arcangeli, Valentina Bellè, Andrea Pennacchi, Antonio Zavatteri, Anna Ferruzzo, Riccardo Goretti, Thomas Trabacchi e Martufello

Te insisti. Vedi che se uno insiste, le cose prima o poi…
(Andrea Arcangeli in Il Divin Codino)

Non è facile raccontare la vita e ventidue anni di carriera nell’arco di tempo di una partita di calcio, soprattutto se si tratta del calciatore italiano sicuramente più amato e probabilmente più forte di sempre: Letizia Lamartire (Baby) sceglie di sposare il soprannome più celebre di Roberto Baggio, Il Divin Codino, per realizzare un biopic fortemente spirituale, legato alla fede – il profondo credo buddista di Baggio e la venerazione del maestro Daisaku Ikeda, ringraziato anche nei titoli di coda – alle inquietudini dell’anima e alla rivoluzione umana intrapresa attraverso la religione, strumento per ritrovare la forza di andare avanti e realizzare pienamente e felicemente la propria vita determinando il proprio futuro.

Cionondimeno la carica emozionale che porta in dono la straordinaria vita di uno straordinario campione è un innegabile valore aggiunto che semplifica e complica al tempo stesso il percorso che il team creativo sceglie di intraprendere per raccontarla.

Valentina Bellè e Andrea Arcangeli
Valentina Bellè e Andrea Arcangeli (Credits: Stefano Montesi/Netflix)
Andrea Arcangeli e Valentina Bellè
Andrea Arcangeli e Valentina Bellè (Credits: Stefano Montesi/Netflix)

Per me siete tutti uguali, non è che se guadagni di più sei meglio di tuo fratello che si fa il cxxo in fabbrica.
E guarda che se aspetti che ti dica un bravo per ogni roba che fai non fai tanta strada.
Bisogna lavorare e volare basso.
(Andrea Pennacchi in Il Divin Codino)

Dal rapporto difficile con il padre rigido ed esigente (interpretato egregiamente da Andrea Pennacchi), capofamiglia di una famiglia umile e numerosa con ben otto figli, al dramma dell’infortunio all’indomani del passaggio in Serie A dal Lanerossi Vicenza alla Fiorentina come predestinato e diciottenne più pagato d’Italia, con duecentoventi punti di sutura al ginocchio e lo spettro della cessione in Serie B dopo sole due partite giocate in due anni, tra cui un goal al Napoli di Diego Armando Maradona, negli anni in cui quel tipo di gravi infortuni poteva comportare la fine di una carriera, si pensi a Marco Van Basten che finì per essere vittima della chirurgia che avrebbe dovuto rimetterlo in campo.

Nella ricerca del dramma “ad ogni costo” enfatizzato attraverso il cammino di profonda conversione spirituale di Roberto Baggio verso l’autodeterminazione e la ricerca della felicità che non può giungere da ciò che ci dà il mondo ma esclusivamente da noi stessi e dal nostro approccio alla vita, Il Divin Codino sceglie di saltare di netto i più grandi trionfi sportivi e la Juventus in primis, centinaia di goal, il titolo di capocannoniere della Coppa delle Coppe nel 1990-91, viatico europeo all’incredibile exploit del 1992-93 con trenta reti in stagione e il trionfo in Coppa UEFA, con la consacrazione dell’ammirazione del calcio mondiale sugellata dalla vittoria del Pallone d’Oro e del FIFA World Player e il trono di calciatore più forte del mondo.

Il Divin Codino recensione film Netflix su Roberto Baggio con Andrea Arcangeli
Andrea Arcangeli è Roberto Baggio (Credits: Stefano Montesi/Netflix)
Il Divin Codino recensione film Netflix su Roberto Baggio con Andrea Arcangeli
La finale dei Mondiali di calcio di USA 94 decisa ai calci di rigore (Credits: Stefano Montesi/Netflix)

L’importante è il percorso, gli obiettivi veri li scopriamo strada facendo.
(Riccardo Goretti in Il Divin Codino)

Il Divin Codino rincorre la sua componente drammaturgica attraverso la trepidante attesa e l’indimenticabile climax del celeberrimo rigore sbagliato nella prima finale dei Mondiali di calcio della storia decisa ai calci di rigore, contro il secondo Brasile – dopo quello di Pelé – più forte di sempre con Romario, Bebeto, Dunga, Aldair, Cafu e Taffarel, mettendo in campo un faccia a faccia senza né vincitori né vinti tra Roberto Baggio e l’allora commissario tecnico della Nazionale Arrigo Sacchi, fautore del calcio totale che aveva vinto tutto in Europa e in Italia col Milan cercando di cambiare la mentalità difensivista e l’atteggiamento passivo-reattivo propri della filosofia del calcio italiano.

Un conflitto tra giganti del calcio che finisce senza una presa di posizione, rimanendo ancorato a brevi scambi tra i due – Andrea Arcangeli nelle vesti di Roberto Baggio, Antonio Zavatteri in quelle di Arrigo Sacchi – in un rapporto difficile atto a generalizzare le presunte problematiche degli allenatori nella collocazione tattica di uno dei più puri e forti Numero Dieci di sempre, tra invidie, paure di essere adombrati da Baggio, accuse al calciatore di non fare gruppo o spogliatoio, di pensare solo a se stesso e di aver bisogno di essere messo al centro del progetto sportivo per poter rendere al meglio.

Andrea Arcangeli e Andrea Pennacchi
Andrea Arcangeli e Andrea Pennacchi (Credits: Stefano Montesi/Netflix)
Diodato e Roberto Baggio, a cui ha dedicato la canzone L'uomo dietro il campione
Diodato e Roberto Baggio, a cui ha dedicato la canzone L’uomo dietro il campione (Credits: Netflix)

La cosa importante che devi capire è che dipende tutto da te: sei te che c’hai in mano la tua vita, sei te che determini la tua esistenza, sei te che determini il tuo futuro.
(Riccardo Goretti in Il Divin Codino)

Un rigore sbagliato al culmine della rincorsa lunga una vita intera verso l’eccellenza e la divina perfezione, per conquistare il trofeo più grande: l’approvazione ed un “bravo” dal padre, a cui tra sogno e realtà aveva promesso sin da bambino di condurre l’Italia alla vittoria dei Mondiali. Dalla mancanza di motivazioni per andare avanti dopo il gravissimo infortunio alla purificazione del karma attraverso la conversione alla fede buddista una volta superato lo scetticismo iniziale grazie all’amico Maurizio (Riccardo Goretti), l’amore ed il conforto della moglie Andreina (Valentina Bellè), la forza di volontà nel concentrarsi su un obiettivo preciso, visualizzarlo e convogliargli sopra tutte le energie per realizzarlo, l’infrangersi del sogno di una vita e la consapevolezza di credere sempre e comunque in se stessi contro qualsiasi avversità.

Scelta la sua traiettoria, Il Divin Codino finisce per essere un’ode alla fede e al continuo rinnovamento dell’animo umano, fino all’ultima rinascita sportiva e personale di Roberto Baggio dopo il rifiuto di offerte milionarie dall’Asia, la permanenza in Italia e il secondo gravissimo infortunio che avrebbe potuto porre fine alla sua carriera, patito nel 2002 a 35 anni, con il miracoloso rientro in campo con il Brescia di Carlo Mazzone (Martufello) dopo soli settantasei giorni anziché i sei mesi paventati pur di rincorrere il sogno del Mondiale in Giappone e Corea e la promessa di convocazione poi tradita del CT Giovanni Trapattoni (Beppe Rosso).

Mancano i trionfi e la gloria eterna con la Juventus, manca lo scudetto con il Milan, manca la clamorosa qualificazione alla Champions League regalata all’Inter, mancano i compagni di squadra, c’è invece un product placement abbastanza grossolano e fastidioso a spezzare l’emozionalità del racconto degli ottavi di finale contro la Nigeria: nel rivelarsi un film dal respiro abbastanza circoscritto, Il Divin Codino passa dalla metafora del vecchio albero che non fa più frutti al complesso del padre il cui affetto viene ricercato negli allenatori di turno per rappresentare la profonda umanità di un campione che ha sbagliato e sofferto ma ha saputo costantemente trovare la forza per rialzarsi e rincorrere il suo percorso, sempre sorretto dal tifo senza maglia di una nazione intera.

Piacevoli i brani della colonna sonora, da You Are My Destiny di Paul Anka a Vado al massimo di Vasco Rossi, da Paradise di Bruce Springsteen alla bellissima canzone dedicata da Diodato a Roberto Baggio, L’uomo dietro il campione.

Il Divin Codino: le frasi del film

Te li vinco io i mondiali col Brasile, promesso.
(Andrea Arcangeli in Il Divin Codino)

Se mi vuoi bene, ammazzami.
(Andrea Arcangeli in Il Divin Codino)

Credevi di essere arrivato e di colpo hai perso tutto. Niente ti è dovuto nella vita e nessuno ti regala niente.
Per fortuna che l’hai scoperto presto.
(Andrea Pennacchi in Il Divin Codino)

Dove finiscono le mie capacità inizia la mia fede.
Una forte fede vede l’invisibile, crede l’incredibile e riceve l’impossibile.
(Riccardo Goretti in Il Divin Codino)

Non è quello che ti dà il mondo che ti fa felice.
(Riccardo Goretti in Il Divin Codino)

– Non è mica un lavoro disegnare…
– Eh tirare calci ad un pallone si?
(Valentina Bellè e Andrea Arcangeli in Il Divin Codino)

Sono matto, un matto vero perché se non sei matto non ci provi nemmeno a cambiare il calcio in Italia.
(Antonio Zavatteri in Il Divin Codino)

Ho trovato uno più paranoico di me.
(Antonio Zavatteri in Il Divin Codino)

Finalmente posso dirtelo che sei stato bravo.
(Andrea Pennacchi in Il Divin Codino)

Sintesi

Seppur con un respiro abbastanza circoscritto, Il Divin Codino si rivela un biopic fortemente spirituale legato alla fede, alle inquietudini dell'anima e alla rivoluzione umana intrapresa attraverso la religione che racconta la profonda umanità del campione più amato della storia del calcio italiano.

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