Tout est pardonné

Tout est pardonné recensione film di Mia Hansen-Løve [BFM 39]

Diretto da Mia Hansen-Løve, Tout est pardonné è disponibile al Bergamo Film Meeting ed è un delicato trittico sui legami famigliari e sulla loro complessità: la recensione

Tout est pardonné recensione film di Mia Hansen-Løve con Paul Blain, Marie-Christine Friedrich, Carole Franck e Constance Rousseau

«Mamma! Papà dice che i ponti possono crollare»
«Non dargli retta»
«Ma quello laggiù è crollato»
«[…] I ponti sono indistruttibili!»
(Tout est pardonné)

Europe, Now! è la sezione del Bergamo Film Meeting che opera al fine di proporre una ricognizione del cinema europeo contemporaneo, sezione che quest’anno vede come suoi protagonisti Mia Hansen-Løve, parigina della classe 1981, e João Nicolau, nato a Lisbona nel 1975. Ambedue sono registi che si caratterizzano per l’attenzione che mostrano nei confronti delle vicissitudini quotidiane dei loro protagonisti, individui immersi nelle contraddizioni della società contemporaneità, le cui storie sono raccontate con profondità e delicatezza. Arrivano così in Italia le personali complete di questi due artisti grazie alla collaborazione tra il Bergamo Film Meeting e la piattaforma di MYmovies, dove è possibile vedere i film selezionati dalla commissione del festival dal 24 aprile al 2 maggio.

Tout est pardonné (2007) è il lungometraggio d’esordio della regista Mia Hansen-Løve. Esordiente giovanissima nelle pellicole di Oliver Assayas, Fin août, début septembre (1998) e Les destinées sentimentales (2000), come attrice, nel 2001 si iscrive al Conservatoire d’art dramatique di Parigi che lascia dopo due anni quando inizia a scrivere per i Cahiers du Cinéma. Il suo arrivo dietro la macchina da presa avviene nel 2004 con il corto, in bianco e nero, Un pur esprit, cui fa seguito il cortometraggio Après mûre réflezion (ambedue disponibili sulla piattaforma di MYmovies dal 27 aprile). Nel 2007 debutta alla Quinzaine des réalisateurs del Festival di Cannes vincendo il premio Luis Delluc e ricevendo la candidatura ai Cèsar per la miglior opera prima.

Paul Blain e Constance Rousseau in Tout Est Pardonné di Mia Hansen-Løve
Paul Blain e Constance Rousseau in Tout Est Pardonné di Mia Hansen-Løve (Credits: Les Films Pelléas/Pyramide International)

Il primo lungometraggio della regista e sceneggiatrice Hansen-Løve è un ritratto intimo di una famiglia i cui rapporti saranno logorati dall’abuso di droga da parte del padre Victor (Paul Blain). Tout est pardonné è un opera divisa in tre atti, all’interno dei quali i tre protagonisti si alterneranno per restituire uno sguardo differente sugli eventi presenti e passati. Il primo atto, Vienna, ambientato nella capitale austriaca, è un racconto intimo e delicato della famiglia composta da Victor, Annette (Marie-Christine Friedrich) e la figlia di sei anni Pamela (Victorie Rousseau, bambina, e Constance Rousseau, adolescente). Hansen-Løve racconta la quotidianità di una coppia unita e una bambina felice e spensierata, mentre si muovono in luminosi en plain air di Vienna, tra pranzi di famiglia e gite al parco. Tuttavia, all’interno di queste immagine bucoliche si presenta la minaccia di una distruzione. Il primo atto termina con Pamela terrorizzata all’idea che i ponti possano crollare. Dopo una rassicurazione della madre che le dice che i materiali usati ad oggi sono più resistenti, la sequenza si chiude con una dissolvenza al nero, preludio agli eventi drammatici che verranno.

Constance Rousseau
Constance Rousseau in Tout Est Pardonné di Mia Hansen-Løve (Credits: Les Films Pelléas/Pyramide International)

Il secondo atto, Ritorno a Parigi, negli asfittici interni parigini, l’atto centrale è un continuo muoversi in luoghi chiusi, stanze, corridoi, scale buie e vicoli: tutto collima per mostrare le ossessioni distruttive di Victor. Anche il colore delle immagini muta, da una luce calda e avvolgente che esalta i toni del verde, ci troviamo immersi in un atmosfera che oscilla tra il blu, il grigio e un giallo acido, che caratterizzerà l’abuso di eroina da parte di Victor. Vediamo il tempo scorrere mentre i personaggi si muovono freneticamente sullo schermo e nello spazio, inquadrati prevalentemente da una macchina a mano il cui punto di vista non diventa mai nevrotico, essi sono imprigionati in quei luoghi da cui sembra impossibile fuggire. Martine (Carole Franck) la sorella di Victor all’inizio del secondo atto gli dirà «L’amore si può logorare» ed è ciò che succede alla coppia protagonista del film. Egli riuscirà a cercare aiuto, verrà ricoverato in una clinica per disintossicarsi, ma è troppo tardi, Annette non riesce a perdonarlo per tutto il dolore inflitto e così decide di lasciarlo abbandonando Parigi.

Tout est pardonné recensione film di Mia Hansen-Løve
Marie-Christine Friedrich e Victoire Rousseau in Tout Est Pardonné di Mia Hansen-Løve (Credits: Les Films Pelléas/Pyramide International)

Il terzo atto, Pamela, ambientato undici anni dopo vede la figlia di Annette e Victor ricongiungersi a quest’ultimo, sotto consiglio del patrigno che la invita a sentire ciò che egli ha da dirle. Pamela è una ragazza allegra e molto legata alla sua famiglia, che comprende ora due fratelli più piccoli e numerosi cugini, non sembra sentire la mancanza del padre biologico e non ha mai pensato di rintracciarlo poiché consapevole che la madre ne avrebbe sofferto. Il riavvicinamento tra Victor e Pamela segnerà, tuttavia, un passaggio fondamentale per la vita di entrambi. Ormai guarito, Victor vive una vita semplice e solitaria, il rancore per la lontananza che Annette ha messo tra lui e la figlia sembra svanire dopo gli incontri con la Pamela, rendendosi conto che la madre l’ha cresciuta con amore e la sua sofferenza non è stata per la figlia motivo di odio nei suoi confronti. L’incontro con il padre per Pamela segnerà, invece, l’inizio di un nuovo percorso nella sua vita. Ella si riapproprierà dei bei ricordi del suo passato con il padre, cercando con il tempo di perdonare gli errori dai lui commessi per poter vivere una vita felice e senza sofferenze.

L’ultimo atto si caratterizza per l’incontro tra queste due figure divergenti, con un irrequieto Victor che non sa come approcciarsi a una figlia dolce e riservata. Hansen-Løve li guarda da lontano, ma allo stesso tempo ne mostra la vicinanza, rinchiudendoli in inquadrature che sembrano forzarli verso una vicinanza fisica, come nel ripetersi di una consuetudine del passato: il corpo ricorda ciò che la memoria ha nascosto.

Tout est pardonné recensione film di Mia Hansen-Løve
Paul Blain in Tout Est Pardonné di Mia Hansen-Løve (Credits: Les Films Pelléas/Pyramide International)

Tout Est Pardonné è una parabola umana di cadute e rinascite. I personaggi dovranno abbandonare il rancore e la rabbia per far sì che un “ponte” possa essere ricostruito. L’immagine del ponte come metafora dei legami affettivi è reiterata più volte nell’opera, ma è anche metafora della stessa Pamela. In una splendida e intima sequenza, Hansen-Løve studia il viso di Pamela, dopo il primo incontro con il padre, in una serie di primissimi piani che si concentrano sul suo sguardo, mentre sul treno della metro guarda la città di Parigi davanti a lei. Nella metropoli francese, con la sue numerose bellezze architettoniche, Pamela sofferma il suo sguardo su un ponte: viene svelato un ricordo, ma anche la possibilità di ricostruire un legame con il padre, con il suo passato, riconoscere ciò che è buono per imparare da esso, perdonando il male fatto. Le ultime sequenze del film sono un tributo alla giovinezza di Pamela e alla sua sensibilità. Immersa nel verde della campagna, in lunghi piani sequenza, Pamela è l’innocenza, colei che priva di rabbia può vivere felice e liberà, rinascere nonostante le difficoltà. La natura, immagine simbolica dell’infanzia, permette alla giovane protagonista di riappropriarsi del passato. Riverberano le parole della poesia di Joseph Von Eichendorff, scritta da Victor in una lettera alla figlia: «Ciò che oggi declina, domani si leva rinato. Alcune cose si perdono durante la notte. Sta in guardia, si attento e pronto».

Sintesi

Tout est pardonné è un meraviglioso trittico sul perdono e sulla capacità di amare che ci insegna come imparare dal passato ciò che è buono, perdonando gli errori e ricominciando a vivere. Delicato e commovente, il film diretto da Mia Hansen-Løve narra, attraverso la metafora del ponte, la complessità dei legami affettivi ed è una parabola umana di cadute e rinascite. Un inno alla rinascita, al perdono e alla giovinezza.

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