Il cigno nero

Il cigno nero recensione film di Darren Aronofsky con Natalie Portman [Disney+]

Il cigno nero è l'adattamento di Darren Aronofsky de Il lago dei cigni: un film oscuro e surreale sul desiderio di raggiungere la perfezione a ogni costo: la recensione

Il cigno nero recensione film di Darren Aronofsky con Natalie Portman, Mila Kunis, Vincent Cassel, Barbara Hershey, Winona Ryder e Benjamin Millepied

Il lago dei cigni è uno dei balletti russi più famosi del diciannovesimo secolo. La storia intrigante e l’eccelsa musica di Pëtr Il’ič Čajkovskij lo rendono un ottimo materiale da trasporre in un’altra forma artistica e Darren Aronofsky, regista di Madre! e Requiem for a Dream, nel 2010 decide di adattarlo e dirigere Il cigno nero, ispirandosi al balletto scritto da Vladimir Petrovic Begičev. Il libretto si basa su un’antica fiaba tedesca che racconta la storia di una ragazza costretta da un incantesimo a vivere nel corpo di un cigno bianco e solo il vero amore può spezzare la maledizione. Un principe si innamora della povera sfortunata, ma la gemella invidiosa, il cigno nero, lo seduce e le toglie la possibilità di tornare alla normalità. Devastata, il cigno bianco, si getta da un dirupo e solo nella morte trova così la libertà  tanto desiderata.

Il cigno nero: la trama

Il film contestualizza la storia e la ambienta nella New York del nuovo millennio. La protagonista è Nina Sayers (Natalie Portman), ballerina di una delle più grandi compagnie della grande mela, che sogna da anni un ruolo importante in un balletto. La stagione teatrale è alle porte e il direttore artistico Thomas Leroy (Vincent Cassel) ha intenzione di portare Il lago dei cigni in una maniera innovativa: vuole che il cigno nero e il cigno bianco siano interpretati dalla stessa ballerina. Nina ha intenzione di ottenere la parte, ma la competizione è molta e inizia ad avere visioni strane, insieme a misteriose escoriazioni sul corpo che la distraggono dal suo obiettivo. Il provino per il cigno bianco è perfetto, la sua interpretazione della purezza, della fragilità e dell’insicurezza sono genuine, invece, il cigno nero è un disastro perché non riesce a tirar fuori il lato istintivo, irrazionale e distruttivo della sua persona. Con lo stupore di tutti, anche della stessa Nina, il giorno dopo vengono annunciati i ruoli e il direttore ha scelto proprio lei.

Natalie Portman
Natalie Portman (Credits: Fox Searchlight Pictures)
Natalie Portman e Vincent Cassel
Natalie Portman e Vincent Cassel (Credits: Fox Searchlight Pictures)

Inizia così a lavorare sulla parte che le manca, soprattutto guardando la nuova ballerina Lily (Mila Kunis), perché pur essendo imprecisa, è piena di sensualità, istinto e irrazionalità. Nina tenta di replicare i suoi atteggiamenti, di approcciarsi al sesso e al suo corpo senza remore, ma non riesce in nessun modo ad aprirsi verso quel mondo. Solo instaurando un rapporto più profondo con Lily riuscirà a scavare dentro se stessa, mentre il suo corpo sanguina e perde pezzi che continuano a ricostruirsi, con visioni sempre più insistenti di una Nina diversa da quella che lei stessa conosce. Il suo mondo collassa, il suo equilibrio viene spezzato, ma il balletto è vicino, l’unica cosa che conta è essere all’altezza e la ballerina è costretta a combattere con tutte le sue forze per realizzare il suo sogno in un finale surreale, magistrale e inaspettato.

Surreale e onirico per inseguire la perfezione

Il tocco che rende Aronofsky un regista unico è quello di impostare il film su un piano diverso rispetto a tutti gli altri. Il surreale, il lato onirico della storia non è immaginato, ma è presente all’interno del film e funge da strumento di analisi ulteriore. La vicenda di Nina riesce ad essere impattante proprio perché c’è qualcosa che non funziona, che non può esistere nella realtà. Quindi, tutto si proietta altrove e Il lago dei cigni non è solo un’opera da trasporre a teatro, diventa la storia di Nina. La ballerina è lei stessa la personificazione del cigno bianco, una creatura pura ed innocente, senza però quella parte emotiva che la renderebbe perfetta. Questa forte mancanza la costringe a cercare dentro la propria anima, inseguendo qualcosa di irraggiungibile. Nina deve decidere se fermarsi e restare il bellissimo cigno bianco o sporcarsi di quel nero che non ha mai avuto il coraggio di cercare.

Il cigno nero recensione film di Darren Aronofsky con Natalie Portman
Natalie Portman (Credits: Fox Searchlight Pictures)
Mila Kunis ne Il cigno nero
Mila Kunis (Credits: Fox Searchlight Pictures)

Il cigno nero è, quindi, una grande metafora che descrive la smania umana di raggiungere il successo sperato e di cosa l’essere umano sia disposto a fare per raggiungerlo. Nina per raggiungere la perfezione artistica deve abbracciare un lato che non le appartiene, ma che è necessario per arrivare al suo limite e la decisione che prende la cambierà per sempre. La trasformazione corporea che subisce per tutto il film è il sintomo di un cambiamento che è costretta ad affrontare, a cui non può sottrarsi perché è lei stessa, nel suo profondo, che non desidera altro che raggiungere il cigno nero.

Il cigno nero è un film folle, con una forte componente onirica in una storia dannatamente umana con storie inserite le une dentro le altre, per dar vita al disagio di non essere all’altezza. Il personaggio interpretato in modo eccelso da Natalie Portman è debole, autolesionista, vive con sua madre, Erica Sayers (Barbara Hershey), una donna oppressiva e la sua parte maligna è al di fuori di sé. Per riconciliarsi con lei in modo da raggiungere la perfezione assoluta dovrà affrontarla, dovrà scontrarsi contro il nero, contro ciò che ha sempre rifiutato. Si è veramente disposti a distruggersi per l’arte? Si è veramente capaci di uccidersi per restare nella storia?

Sintesi

Il cigno nero è uno dei capolavori di Aronofsky, capace di trasporre perfettamente un balletto russo e renderlo attuale con una straziante storia umana e un’ampia riflessione sul rapporto tra bene e male. La ballerina interpretata da Natalie Portman deve scegliere se restare nel bianco più puro o abbracciare il nero che le permetterebbe di raggiungere la perfezione. Una scelta che mette in luce la bellissima imperfezione dell’essere umano e il suo tremendo bisogno di non essere invisibile.

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