La tigre bianca recensione film di Ramin Bahrani con Adarsh Gourav, Rajkummar Rao, Priyanka Chopra, Kamlesh Gill, Vedant Sinha e Satish Kumar
Candidato agli Oscar 2021 come miglior sceneggiatura non originale e disponibile alla visione su Netflix, La tigre bianca del regista Ramin Bahrani (99 Homes, Fahrenheit 451), riprende quelle che sono le tematiche cardine della precedente stagione filmica: l’ascesa al potere da parte di un individuo che inizialmente si ritrova a dover sopravvivere ai margini di una società corrotta e degenerata.
Impossibile in questo caso non pensare al pluripremiato Parasite di Bong Joon-ho proprio perché la narrazione in prima persona del film di Bahrani si appropria di quel linguaggio diretto e coinvolgente che sembra voler infrangere la quarta parete per catturare lo sguardo del pubblico, ammaliarlo ed appassionarlo alla storia rappresentata sullo schermo.
Inizialmente questo escamotage funziona e l’attenzione si riversa tutta sul giovane Ashok (interpretato in modo magistrale da Adarsh Gourav), sulla sua volontà di riscatto sociale e di rivalsa nei confronti di coloro che hanno approfittato dei suoi servigi. Ben presto però il meccanismo comincia ad incepparsi: lo sguardo di Ashok diventa meno limpido e l’acqua in cui si ritrova a nuotare più torbida ed agitata.
Questo cambiamento ha un riflesso diretto sul protagonista che, da giovane innocente, si ritrova costretto a nascondere dietro ad un falso sorriso, inchini e continue riverenze, i piani più stravaganti e meschini per riuscire a raggiungere i suoi scopi, anche a costo di rovinare la carriera altrui; ed è proprio in questa circostanza che cala la partecipazione e la fiducia dello spettatore nei confronti di Ashok, ma ormai siamo già oltre la prima parte della pellicola e non ci resta che proseguire sperando in una possibile redenzione che – seppur con un sapore dolceamaro di un’India corrotta e classista, poco interessata a rivedere e rivalutare i propri sistemi politici e istituzionali – non tarderà ad arrivare.
Attraverso l’utilizzo di una scrittura tagliente, capace di passare dal registro della commedia avvincente ai toni drammatici e cupi delle strade di Dehli, La tigre bianca, tratto dall’omonima opera prima di Aravind Adiga vincitrice del Booker Prize nel 2008, è un titolo semplice ma profondo, da prendere in considerazione per avvicinarsi e per provare a comprendere i meccanismi che si annidano sotto la superficie dell’India che conosciamo.