Gli uomini d’oro recensione del film di Vincenzo Alfieri con Fabio De Luigi, Edoardo Leo, Giampaolo Morelli, Giuseppe Ragone, Mariela Garriga, Matilde Gioli, Susy Laude e Gian Marco Tognazzi
In Italia siamo abituati a bollare ed identificare tutto: commedia, dramma, thriller, poliziesco. Ma per Gli uomini d’oro dovremo fare un’eccezione: l’ultimo film del giovanissimo Vincenzo Alfieri, con protagonisti Fabio De Luigi, Edoardo Leo e Giampaolo Morelli, non può essere incasellato facilmente. Si tratta di un crime, ma dai toni contemporaneamente comici e drammatici, non è la storia di una rapina, bensì la storia delle persone dietro ad una rapina.
Gli uomini d’oro è un film ispirato ad un reale fatto di cronaca avvenuto nel 1996, a Torino. Luigi (Giampaolo Morelli) è un impiegato di banca che scopre che la pensione tanto agognata (raggiunta tramite baby pensione) e l’amato Costa Rica sono sfumati improvvisamente.
L’uomo è disposto a tutto pur di andare in pensione e abbandonare quel noioso e ripetitivo lavoro alle Poste, anche svaligiare il furgone valori che guida ogni giorno.
Si tratterebbe di un piano perfetto, senza vittime, sangue né armi, solo arguzia ed un pizzico di fortuna.
Ad aiutarlo nel furto ci saranno Luciano (Giuseppe Ragone) ex postino quarantenne, insoddisfatto della sua vita e l’ambiguo collega di lavoro, Alvise (Fabio De Luigi), con una famiglia da mantenere e con una grave insufficienza cardiaca.
I tre si troveranno irrimediabilmente legati tra loro, a causa di un furto che potrebbe cambiare le loro vite per sempre, ma non come loro immaginano.
Alle vite dei tre uomini si intreccerà quella de Il Lupo (Edoardo Leo), ex pugile fallito, ormai proprietario di uno sgangherato bar; l’uomo ha una relazione con Gina (Mariela Garriga), una donna forse troppo bella e forte per lui. Il Lupo si trova anche legato a Boutique (Gian Marco Tognazzi), un couturier con una doppia vita.
Come già scritto, il film s’ispira ad un caso di cronaca degli anni Novanta: Gli uomini d’oro è l’appellativo dato ai protagonisti della vicenda, dai giornalisti del periodo.
Su Repubblica, il giornalista Meo Ponte scrisse: “Se ne facessero un film comincerebbe come I Soliti Ignoti di Monicelli e finirebbe come Le Iene di Tarantino”.
Gli uomini d’oro è un film di ampio respiro, pur mantenendo una certa matrice nostrana (come quella dialettale, ad esempio), ma mostra anche dei protagonisti comuni, fragili e vittime della loro epoca. Il film rappresenta anche quel consumismo ed arrivismo che erano presenti nel tessuto culturale degli anni Novanta.
Gli interpreti sono tutti perfettamente in parte, a cominciare da Giampaolo Morelli, che col suo charme e la sua simpatia riesce a rendere il personaggio di Luigi molto amato e vicino al pubblico, fino a Edoardo Leo, che riesce a convincere con le sue interpretazioni.
Menzione speciale a Fabio De Luigi, inedito in una parte che si allontana così tanto dal suo solito genere comico. De Luigi riesce a darci un ritratto convincente di un uomo che vuole solo il bene per la sua famiglia e che farebbe di tutto per ottenerlo (quasi un nostrano Walter White).
Un’altra menzione speciale va sicuramente alle donne del film: Mariela Garriga (Gina, la donna de Il Lupo), Matilde Gioli (Anna, la donna di cui s’invaghisce Luigi) e Susy Laude (Bruna, la moglie di Alvise). Se gli uomini vengono considerati i “protagonisti” di questa pellicola, le donne non sono da meno: sono loro che innescano i meccanismi che mandano avanti la storia del film.
La struttura del film non è lineare: vediamo un focus sui tre i protagonisti e la narrazione degli eventi dal loro punto di vista fino ad un momento esatto della storia, scelta registica vincente poiché rende la narrazione più dinamica, anche se, come ha detto lo stesso Alfieri, il montaggio non è stato dei più facili.
Lo spettatore potrebbe immedesimarsi in uno dei personaggi: le aspirazioni, i desideri e le frustrazioni sono quelle comuni a tutti noi, provate almeno una volta nella vita. La decisione di una rapina è l’espediente per svoltare, fare un salto nel vuoto e cambiare le cose.
Gli uomini d’oro si distacca dalle altre pellicole italiane del genere, regalandoci una storia appassionante e coinvolgente.
Il regista Vincenzo Alfieri, nonostante la giovane età, si afferma come una delle voci più fresche e promettenti del cinema italiano.