Fallen Leaves recensione film di Aki Kaurismäki con Alma Pöysti e Jussi Vatanen presentato in Concorso al Festival di Cannes 2023
Fallen Leaves: una piccola, perfetta storia d’amore
Dentro Fallen Leaves c’è tutto il cinema di Aki Kaurismäki: prendere o lasciare. Un cinema lontano dalle tendenze contemporanee, bastevole e a se stesso, che alle inutili complicazioni bizantine di alcuni colleghi risponde con la capacità di ridurre la sua storia e il suo minutaggio al minimo.
Pur avendo un modus operandi sostanzialmente identico, Fallen Leaves fa l’esatto opposto di quanto perseguito da Wes Anderson con il deludente Asteroid City. Bisognerebbe proprio mostrare il film del collega finlandese al regista statunitense per mostrargli come un stile distintivo e immediatamente riconoscibile può essere portato avanti e raffinato senza perdere di vista il racconto, la storia, quello che si ha da dire al proprio pubblico tramite il dialogo visivo.
Kaurismäki è alla sua quinta partecipazione a Cannes: è uno dei grandi vecchi dell’edizione, i maestri del cinema che hanno già scavato il loro posto nella storia del medium. Come Nanni Moretti è un uomo e un’artista stanco della spirale buia in cui si muove il mondo, stremato dalla violenza e dalla bruttezza del presente. Pur essendo ambientato in un contesto quasi atemporale e fittizio, il reale e l’attuale riescono a filtrare in Fallen Leaves.
Dalle vecchie radio negli appartamenti spogli dei protagonisti sentiamo ciclicamente le ultime notizie sull’invasione dell’Ucraina. Giusto un appunto per dire chi le fa davvero, poi, la protesta e la politica nei propri film, anche quando parla “solo” di una storia d’amore.
Nonostante le apparenze, Kaurismäki non si rifugia in un mondo ideale, bensì smussa la realtà fino a farla diventare il suo cinema, gentile e ben a fuoco nei suoi intenti.
Un cinema che in 81 minuti racconta un’intera storia d’amore proletario a Helsinki: dai timidi inizi alle incompensioni, fino ai passi necessari per garantire un futuro a un sentimento appena sbocciato. I protagonisti del film sono Ansa e Holappa: operai, inservienti, lavoratori con mansioni intercambiabili, faticose, mai appaganti. La loro levità e dolcezza non è appesantita dal precariato imperante che caratterizza le loro umili e frugali vite, né dai segni che la dipendenza da alcol ha lasciato su entrambi, in modi differenti.
Ansa e Holappa sono persone semplici, in modo non retorico né condiscendente. Come Renato nella celebre canzone di Mina, vanno insieme al cinema e si godono il film (I morti non muoiono, di Jim Jarmusch). Si fanno bastare il divertimento ricavatone, lo giudicano bello, obiettando appena che “non credo che quei poliziotti potessero ammazzare tutti quegli zombie”. Senza scomodare, a casaccio, Bresson e Godard (i registi che Kaurismäki considera eroi e che qui omaggia) come fanno i compagni di proiezione.
Casette spoglie, lavori intercambiabili, poche possibilità di svago: non sembra una vita eccitante quella che conducono, non lo è, ma Kaurismäki riesce a renderla rilevante, maneggiandola con cura. In altre mani sarebbe un racconto drammatico, pieno di asprezze: la dipendenza dall’alcol di Holappa lascerebbe ferite, cicatrici. Il regista però fa da mediatore verso lo spettatore, inquadrando il conflitto e il problema senza la botta, il danno.
In Fallen Leaves tutto è essenziale, mai enfatico, inevitabile ma godibile, come il passare delle stagioni, come l’autunno che incalza. A partire dal modo di parlare buffo dei personaggi, atonale nel timbro ma con gli occhi pieni di sentimento, c’è la capacità di lasciare che a parlare sia il sentimento, non forzando la forma con cui viene espresso. C’è un gusto tipicamente nordeuropeo per una comicità che spesso tra noi mediterranei non arriva a segno, un po’ come accade per i film del collega svedese Roy Andersson, che hanno una messa in scena simile. È un po’ un prenderci gusto con modi così lontani dal nostro standard.
Qui Kaurismäki ci prende e per alcuni potrebbe davvero essere arrivato il suo turno per una tanto sospirata Palma. Dopo l’Eurovision, la Finlandia vincerà anche Cannes? Non è impossibile, con un Kaurismäki così in forma, che regala al concorso la storia d’amore più romantica di quest’edizione, resistendo sia alla tentazione di calcare sul dramma sia a quella di dare più enfasi del necessario ai piccoli ma cruciali passi che porteranno Ansa e Holappa a muoversi nella giusta direzione, accompagnati dal cagnolino Chaplin.