Becoming Cousteau recensione film documentario di Liz Garbus con Jacques-Yves Cousteau presentato alla Festa del Cinema di Roma
Tra i tanti documentari presentati durante la 16° edizione della Festa del Cinema di Roma, a spiccare maggiormente è stato Becoming Cousteau, analisi approfondita e appassionata dell’avventurosa vita del rinomato esploratore marino.
Utilizzando un gran numero di inserti audiovisivi, accompagnati da accortezze grafiche gradevoli e ispirate, il film racconta l’intero arco della vita di Jacques-Yves Cousteau, per lo più vissuta in mare. Cousteau, oltre a essere un esploratore, è stato anche un regista (vincitore della Palma d’oro a Cannes e dell’Oscar al miglior documentario con Il mondo del silenzio diretto con Louis Malle), un attivista e un inventore (sua l’idea dell’Aqua-lung, sostanzialmente le bombole da immersione che vengono utilizzare durante le spedizioni subacquee), nonché capitano della sua amata Calypso, imbarcazione sulla quale ha girato in lungo e in largo il globo, accompagnato dalla sua famiglia, sia biologica che acquisita.
Il suo nome ha rappresentato un grande pilastro della divulgazione scientifica, attuata per la maggior parte attraverso il mezzo televisivo, vero tramite che ha portato lui e le sue scoperte all’attenzione del pubblico internazionale. L’importanza della sua eredità la si può trovare in molto cinema contemporaneo, di cui l’esempio più lampante è forse proprio l’impatto che ha avuto sul regista Wes Anderson, che in diversi suoi film sembra far riferimento all’esploratore francese (fino all’evidente omaggio ne Le avventure acquatiche di Steve Zissou, che sostanzialmente mette in scena proprio quest’ultimo e la sua ciurma, pur avvolgendo le vicende che li riguardano in un velo narrativamente fittizio).
Liz Garbus si è destreggiata molto abilmente con l’imponenza di tale figura, proponendone una visione quanto più schietta e lineare possibile, senza troppe lodi e capace di evidenziare anche i lati oscuri dell’uomo dietro l’icona. La cura nella scelta e nel montaggio del vasto materiale a disposizione ha permesso di creare una narrazione decisamente ritmata, che ha quasi il sapore della fiaba più che della documentazione oggettiva della vita di un individuo. Proprio questa sua natura ne incrementa la valenza di documentario, dato che cerca modi forse non nuovi, ma sicuramente inusuali e stilisticamente dinamici per raccontare qualcosa di realmente accaduto, senza fossilizzarsi su rappresentazioni eccessivamente scolastiche e didascaliche.