Antichrist

Antichrist recensione

Antichrist di Lars von Trier recensione

“Nelle cose spirituali bisogna essere onesti fino alla durezza”
Nietzsche, L’anticristo

Sono passati dieci anni esatti dalla presentazione a Cannes di uno dei film più controversi e, a mio parere, più interessanti degli ultimi tempi, Antichrist di Lars von Trier. Primo capitolo della cosiddetta “trilogia della depressione”, questo film rappresenta l’inizio di una nuova fase del cinema di Trier, da sempre uno dei registi più cangianti e innovativi, quella fase in cui la depressione di cui Trier soffre si trasmette nelle sue opere: Antichrist è un film disperato, uno dei film psicologicamente più forti della storia del cinema, al pari dei successivi Melancholia (2011) e Nymphomaniac (2013) e della sua ultima fatica, La casa di Jack, arrivato nelle sale italiane a febbraio 2019.

Estremamente minimalista nell’impostazione scenica, Antichrist narra dell’elaborazione del lutto della perdita del figlio da parte di una coppia senza nome, interpretata da Willem Dafoe e Charlotte Gainsbourg, che con questo film ottenne il Prix d’interprétation féminine a Cannes. Laddove “Lui” (così nei titoli), psicoterapeuta, riesce a superare rapidamente la morte del figlio, caduto dalla finestra mentre i due facevano l’amore, “Lei” sprofonda sempre più a fondo nella depressione, sentendosi colpevole della morte del figlio. Lui non si fida degli psicologi che la tengono in cura e decide, contro ogni regola professionale, di curarla da sé; accortosi che la dona prova una profonda paura, apparentemente immotivata, verso la loro tenuta in campagna (“Eden”), Lui decide di farle affrontare le sue paure, portandola là. Ma una volta in campagna sarà l’Inferno, perché “chaos rules”, il caos regna nell’Eden. In un crescendo di sadomasochismo, Lei inizia a pensare che “le donne sono il male”, perché “la natura possiede il loro corpo”: cercherà quindi di evirare e di uccidere il marito, si taglierà da sé la clitoride, per poi essere strangolata dall’uomo contro il muro della casupola.

Antichrist di Lars von Trier
Antichrist di Lars von Trier

Antichrist fu ed è tuttora un film inevitabilmente molto controverso, tanto più dopo che nella conferenza stampa di Cannes Trier si rifiutò di “giustificare” il film, dicendo che tutto il pubblico era suo ospite e definendosi come il “miglior regista al mondo”. Sicuramente Antichrist è un film complesso, polistrutturato e a tratti sperimentale, quasi disordinato – fu scritto e diretto in uno dei momenti di maggiore depressione della vita del regista danese, che durante le riprese spesso non si sentiva in grado di tenere in mano la camera. Il film risente di queste criticità, ma in qualche modo ne esce rafforzato, più autentico, più veritiero, tanto più che la camera a mano, i tagli di montaggio bruschi, l’abbandono della struttura a tre atti sono alcune delle principali cifre stilistiche di Trier.

Charlotte Gainsbourg e Willem Dafoe
Charlotte Gainsbourg e Willem Dafoe

Antichrist è quasi un “testamento” dell’uomo Trier, una rappresentazione per metafore della sua stessa depressione, del caos che allora regnava sovrano nella sua mente, in un Eden violato: Lui rappresenta come una parte razionale di Trier, quella che cerca di mantenere nei giusti confini l’altra, quella più violenta, quella più dionisiaca – quella più “femminile”, o almeno così la pensa Trier. Il personaggio interpretato dalla Gainsbourg è stato ferocemente criticato come ‘misogino’: definizione che Trier non sembra disdegnare, e che anzi in qualche modo fa parte del suo personaggio pubblico; ciò non toglie che il personaggio di Lei sia costruito in una maniera brillante. Antichrist mostra una profondità di introspezione assai raramente vista al cinema, riuscendo a mettere in scena, senza ricorrere a particolari flashback o soliloqui, l’ansia e il senso di colpa che albergano nella mente della donna.

L'Eden violato di Lars von Trier
L’Eden violato di Lars von Trier

Da un punto di vista tematico Antichrist riprende fin dal titolo le riflessioni di Nietzsche. L’anticristo è il titolo di un suo celebre saggio scritto nel 1888; ma più che riprendere le riflessioni dell’Anticristo, che ruotavano intorno ad una “maledizione del cristianesimo”, mi sembra che Trier abbia voluto ispirarsi alla sua figura e al suo immaginario. Ma certamente se identifichiamo il Cristianesimo con i concetti di sacrificio e di compassione Antichrist di Trier appare del tutto “anticristiano”, proteso verso una violenza autodistruttiva, l’assenza di pietà, il mors tua vita mea. Scendere negli Inferi della mente della propria compagna risulta, per Lui, un atto di superbia, dal quale quasi per miracolo si salverà: e l’Eden, in cui Lui conduce Lei per “ricomincire”, si rivela assai maligno.

Antichrist di Lars von Trier
Antichrist di Lars von Trier

Proprio i concetti di “natura maligna” e di anti-creazione mi sembrano particolarmente affine alle riflessioni di Nietzsche e ad altri pensatori dell’Otto-Novecento come Heidegger o lo stesso Leopardi. Tutto, all’Eden, sembra bellissimo, perfetto: e tutto si rivelerà brutale, ferino, pronto a masticare e divorare i personaggi. Nell’Eden, nel supposto “paradiso terrestre”, Lui e Lei si ritrovano nello stato di natura di Hobbes, brutish, nasty and short: e solo chi, darwinianamente, risulta superiore in termini di forza può sperare di salvarsi. Come l’Overlook Hotel di Shining di Kubrick, ogni lembo di terra della tenuta odora di senso di colpa, di un peccato lontano: lentamente Lei arriva a ricostruire di aver fatto indossare sempre male le scarpe al bambino ormai morto, forse è per quel motivo che è caduto, era zoppo – qualunque riferimento al mito di Edipo è del tutto volontario.

Willem Dafoe e Charlotte Gainsbourg
Willem Dafoe e Charlotte Gainsbourg

La verità sul film, la verità che la locandina del film promette di svelare, è che Lei si sente in colpa a causa della sua stessa sessualità: ritornando con la mente sulla morte del figlio, Lei vi aggiunge man mano sempre più dettagli, arrivando anche a credere di averlo lasciato cadere della finestra mentre, come rappresentato all’inizio del film, Lei e Lui stavano facendo l’amore. E’ per questo che Lei è così tanto attirata dal Malleus maleficarum, è per questo che lei odia così tanto le donne e la loro sessualità, al punto di circoncidersi da sola. Quello che prova Lei è un puro complesso di colpa, con tali proporzioni che forse mai, al cinema, si sono mai viste attribuite a un solo personaggio.

Lars von Trier con Willem Dafoe e Charlotte Gainsbourg
Lars von Trier con Willem Dafoe e Charlotte Gainsbourg

L’assedio – questa l’etimologia di “ossessione”, dal latino obsidere, assediare – che Lei subisce da parte dei sensi di colpa e delle paranoie non è meno intenso da quello subito dal personaggio di Max von Sydow ne L’ora del lupo di Bergman (1968): tuttavia, trattandosi di un assedio interiore, quello rappresentato da Trier è infinitamente più incontrollabile. Sorprende in chiusura la dedica al regista sovietico Andrej Tarkovskij, una delle maggiori influenze di Lars von Trier, ma è facilmente spiegabile: Antichrist sotto diversi aspetti sembra costruito come una sorta di “negativo fotografico” di Stalker, pellicola di Tarkovskij del 1979 dai toni vagamente fantascientifici, incentrato su una “guida” clandestina, per l’appunto lo stalker, che conduceva altri due uomini in un luogo misterioso, la “Zona”, dove si sarebbe potuto avverare ogni loro desiderio.

Sia Tarkovskij che Trier sono (stati) due uomini che hanno sofferto molto, ma il loro rapporto con l’arte che realizzavano è stato ben diverso. Il rigore, la felicità mancata benché anelata del primo è evidente in ogni fotogramma, ma a differenza di Trier lui non ha mai messo veramente tutto il suo dolore nella sua arte; per Trier invece si possono applicare alcune parole del Diario del suo connazionale Kierkegaard: “la gente mi comprende così poco che non comprende neppure i miei lamenti perché non mi comprende”. Nell’ultimo Trier, che pure ai tempi di Antichrist si definiva un cattolico, per quanto “a very bad Catholic”, manca Cristo e manca in toto Dio; è presente, al contrario, De Sade, è presente, è ben presente Nietzsche con il suo sofferto umanesimo. “L’uomo è un cavo teso fra la bestia e il superuomo – un cavo al di sopra dell’abisso” e il cuore dell’uomo, come dice il salmista, è un abisso.

Ludovico

Sintesi

Antichrist mostra una profondità di introspezione assai raramente vista al cinema. Quasi un "testamento" dell'uomo Trier, una rappresentazione per metafore della sua stessa depressione, del caos che allora regnava sovrano nella sua mente, in un Eden violato.

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