Poker Face recensione film di e con Russell Crowe, Liam Hemsworth, RZA, Elsa Pataky, Aden Young, Steve Bastoni, Daniel MacPherson, Brooke Satchwell, Molly Grace, Paul Tassone e Jack Thompson
Ci sono storie emotivamente coinvolgenti nella storia del cinema. Storie che mescolano vita, morte, filosofia, arte. Storie che veicolano una sceneggiatura intertestuale fatta di appigli (meta)fisici, scientifici e sentimentali basati sul valore dell’amicizia e dell’amore. Ci sono storie che in pauca verba raccontano attraverso le immagini in movimento senza altri significanti. E ci sono storie senza un senso logico che scivolano nel baratro dell’ignoto semantico, intervallato da frame montati in post-produzione che invece di delucidare confondono. Poker Face è una di queste storie.
Inizia nel segno di una profonda amicizia il nuovo film scritto, diretto e interpretato da Russell Crowe nei panni del 57enne giocatore di poker Jake Foley, presentato alla diciassettesima Festa del Cinema di Roma. Un ragazzo con in primis la passione per il gioco d’azzardo che nel corso degli anni si trasforma in preziosa ambizione. Preziosa come la sua lussuosa casa, le sue costosissime macchine sportive, la sua personalissima e milionaria pinacoteca che splende sulle pareti bianche, la Marilyn Monroe di Andy Warhol incasellata come un puzzle sul muro finemente verniciato e il quadro di Paul Cézanne che vale 200 milioni appeso al centro della cucina oggetto di qualche colpo di fucile di troppo. I giocatori di carte quel quadro, che (post-)impressiona il losco trio venuto a derubare la maestosa villa per far bei quattrini.
Poker Face è un film che non chiarifica nulla. Sospeso a metà tra spiritualità psico-filosofica interiorizzata da uno sciamano che sembra saperne una più di Freud e il senso di (auto)afflizione di una colpa che ha sfidato Foley al Texas Hold’em nella partita più difficile che non ha mai vinto: la partita con la morte. E così, la metafora dei tanti soldi che non riescono a rendere felice un uomo che possiede tutto, la forte amicizia che lega un gruppo di adolescenti che crescendo hanno preso strade diverse, l’amore verso la figlia, l’incidente della moglie che lo tormenta e il tumore letale al pancreas che lo divora dall’interno, non riescono a trovare una loro dimensione in grado di saper dare un significato al thriller che il leggendario Crowe ha messo in scena.
E ci si ritrova a fluttuare sulle onde della vacuità narrativa, senza tastare con mano il vero senso profondo della pellicola che assomiglia più a un abbozzo che a un vero e proprio film finito. Un’idea vagheggiata senza mai toccare l’anima, con i soli dipinti che riescono a riscaldare un cuore freddo. Come fossero tanti tableaux vivants che impreziosiscono le belle inquadrature costruite sui primi e primissimi piani ‒ il primissimo piano sugli occhi azzurri di Russell Crowe difficilmente si dimentica ‒ insieme al stupefacente trucco e parrucco che ha ben invecchiato l’affascinante Liam Hemsworth nel ruolo di uno dei migliori amici, Michael Nankervis.
Poker Face appare una laboriosa fatica (letteralmente) di Russell Crowe che assembla scene tratte da Il collezionista di carte (2021) di Paul Schrader per convergerle in una commistione di elementi da love story, friendship story, mistery thriller, un misticismo ricercato con qualche punta filosofica alla Terrence Malick che non prendono mai una direzione univoca. Il Gladiatore punta All In sul tavolo da gioco cinematografico lasciando tutto a metà. Ma una cosa ha trovato il suo punto fermo: a otto anni dall’uscita del suo primo film da regista The Water Diviner (2014), Russell Crowe ha perso la sua sfida più pericolosa e la Faccia da Poker è rimasta indecifrabile.