Il Prodigio

Il Prodigio recensione film di Sebastián Lelio con Florence Pugh

Il Prodigio recensione film di Sebastián Lelio con Florence Pugh, Tom Burke e Kìla Lord Cassidy

Una storia è molto più di una storia, è una vera e propria finestra sul mondo che può influenzare in modo permanente lo sguardo delle persone. È su questo assunto che sembra fondarsi Il Prodigio (The Wonder), disponibile su Netflix dal 16 novembre. Diretto da Sebastián Lelio – regista del recente Gloria Bell -, e liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Emma DonoghueIl Prodigio si impone come uno dei titoli più intriganti di questo mese, forte di una trama che, combinando thriller psicologico e dramma in costume, affascina per le sue implicazioni metafisiche.

Irlanda, 1862. In uno sperduto villaggio delle Midlands, l’infermiera inglese Lib (Florence Pugh) è incaricata di seguire per due settimane Anna (Kìla Lord Cassidy), una bambina che, sebbene non mangi da quattro mesi, si mantiene miracolosamente in salute. Scettica, Lib indaga sull’inspiegabile evento. Ad ostacolarla però sono sia l’azione dei medici, convinti della possibilità di un nuovo evento scientifico, sia il comportamento dei genitori di Anna, sospinti da una fede accesissima. Dopo giorni di tensioni con la comunità, Lib scopre la verità che si cela dietro questo “santo digiuno”, e con l’aiuto di William (Tom Burke), un giornalista originario di quelle terre, tenta di salvare la vita della piccola Anna.

Il secolare scontro tra fede e scienza

Lib (Florence Pugh) visita Anna (Kíla Lord Wright) ne Il Prodigio
Lib (Florence Pugh) visita Anna (Kíla Lord Wright) ne Il Prodigio (Credits: Aidan Monaghan/Netflix © 2022)

Non è la prima volta che il cinema riflette sul complesso rapporto tra scienza e fede. Soprattutto, non è la prima volta che esso cerca di mostrare punti di vista che si desiderano diametralmente opposti, e che invece sono soltanto due facce della stessa medaglia. Ne Il Prodigio ci si trova in un’altra epoca storica, certo. L’Irlanda di metà ottocento non è affatto un paese progressista e conciliante. Ma il film di Lelio riesce a motivare in modo convincente le azioni compiute da entrambe le parti in gioco: da un lato c’è la voce dei dottori, accorata e un po’ passiva, dall’altro la voce dei fedeli, appassionata e oltremodo testarda. E poi c’è Lib, un’estranea.

Sebbene la sua sia una voce pienamente scientifica – si ricordi che è un’infermiera -, il personaggio interpretato da Florence Pugh appare più come una voce fuori dal coro, una sorta di invasore inglese chiamato a confermare una santità quantomeno sospetta, se non del tutto assurda. Ed è proprio da qui che si articola uno dei maggiori pregi del film: raccontare con dei buoni tempi narrativi il problematico contesto socio-culturale di un’Irlanda testarda, estremamente suscettibile all’odiatissimo vicino inglese. Note dolenti sono invece il prologo e l’epilogo, tanto arditi quanto inefficaci nella loro messa in scena.

Sacrificarsi per un bene più grande

Kíla Lord Cassidy (Anna O'Donnell), Tom Burke (Will Byrne) e Florence Pugh (Lib Wright) ne Il Prodigio
Kíla Lord Cassidy (Anna O’Donnell), Tom Burke (Will Byrne) e Florence Pugh (Lib Wright) ne Il Prodigio (Credits Aidan Monaghan/Netflix © 2022)

Nonostante ciò, Il Prodigio si rivela scena dopo scena un film di discreto valore. Convince la chimica che si instaura tra Lib ed Anna, due personaggi sfaccettati e ben interpretati da Pugh e dalla giovanissima Lord Cassidy. Particolarmente appropriata è la fotografia “fredda” di Ari Wegner, in grado di cogliere le atmosfere di un’Irlanda così selvaggia e fanatica da risultare sempre sinistramente affascinante. Ma a colpire ne Il Prodigio è soprattutto la dichiarata filiazione con un certo cinema del trascendente. Presenza onnivora del soprasensibile, ambientazioni brulle e tematiche esistenzialiste avvicinano infatti la pellicola di Lelio a Sacrificio, uno dei più grandi capolavori del regista russo Andrej Tarkovskij.

Il modello di riferimento è abbastanza chiaro: come il protagonista tormentato di Sacrificio, anche i personaggi di Il Prodigio sono disposti a sacrificare tutto per un bene più grande: i genitori di Anna la loro amata figlia, i medici la loro reputazione, Lib la sua credibilità. Tutti, seguendo coerentemente il proprio punto di vista, si aggrappano ad una fede che, incrollabile, si rivela alla lunga rovinosa. A depotenziare l’intero apparato spirituale del film è però una parte finale frettolosa, colpevole di non sviscerare a fondo gli impegnativi argomenti trattati. Ma niente di irrecuperabile: Il Prodigio resta un affresco interessante delle debolezze umane, nonché una riflessione per nulla banale sul potere pervasivo della narrazione.

Sintesi

Il Prodigio di Sebastian Lelio, cinema del trascendente sulla vena de Il Sacrificio di Tarkovskij, nonostante un finale affrettato resta un affresco interessante delle debolezze umane, nonché una riflessione per nulla banale sul potere pervasivo della narrazione.

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