Mindhunter recensione della serie Netflix

Tutti sappiamo e siamo consapevoli che molte delle ottime sceneggiature si sono spostate dal cinema alle serie tv e che sempre più registi e attori stanno facendo il salto dal grande schermo al formato televisivo.

In questo caso David Fincher, già produttore esecutivo e regista di alcuni episodi di House of Cards, ci offre una serie originale nel suo genere, un dramma con le sfumature di un thriller poliziesco: Mindhunter, la cui prima stagione è disponibile su Netflix.

Mindhunter ci proietta nella metà degli anni ’70, un decennio di cambiamenti negli Stati Uniti, in cui la guerra del Vietnam stava facendo i suoi ultimi passi e la tecnologia cominciava ad invadere le case di milioni di persone. La serie inizia con molta calma, si prende il suo tempo in modo tale che gli spettatori si mettano a proprio agio.

Mindhunter
Jonathan Groff, Anna Torv e Holt McCallany nella serie TV Netflix Mindhunter

La serie è tratta dal libro di criminologia “Mindhunter: La storia vera del primo cacciatore di serial killer americano” scritto da Mark Olshaker e John E. Douglas che racconta l’invenzione del termine “serial killer” e la creazione dell’unità di scienze comportamentali dell’FBI presso l’accademia di Quantico in Virginia. Fino ad allora il lavoro degli agenti federali era più focalizzato sugli attacchi tattici che su una ricerca approfondita dei delinquenti, e la psicanalisi dei criminali non era tra le priorità.

Protagonista di questa storia è un trio eccezionale caratterizzato da magnifiche interpretazioni. Jonathan Groff dà vita a Holden Ford, un agente speciale dell’FBI che non concepisce la metodologia utilizzata dall’agenzia fino a quel momento ed è sicuramente il personaggio che più si evolve in questa prima stagione, personaggio ispirato all’agente speciale John E. Douglas, uno dei primi esperti in profili psicologici e coautore del libro.

Il partner di Ford è Bill Tench (Holt McCallany) un veterano con molta esperienza, piuttosto un solitario; e che trae ispirazione da un compagno di classe di Douglas, Robert Ressler.

Mindhunter
Holt McCallany e Anna Torv nella serie TV Netflix Mindhunter

Il terzo componente di questo triumvirato di attori è l’australiana Anna Torv (Fringe), che interpreta Wendy Carr, ispirata alla dott.ssa Ann Wolbert Burgess, psicologa e sociologa che collabora con l’FBI nell’analisi di profili e nel catalogare i criminali intervistati.

L’Unità Comportamentale inizia così a parlare con diversi assassini in prigione per cercare di capire cosa ha scatenato in loro la furia omicida e, in merito, occorre evidenziare i “singolari” dialoghi con una delle menti più disturbate dell’epoca: quella di Ed Kemper, che stabilisce un certo grado di “fiducia” con gli agenti mentre racconta raccapriccianti episodi della sua vita. Infatti la rappresentazione di Kemper è impeccabile grazie anche a un Cameron Britton in stato di grazia.

Il ritmo della serie è volutamente lento quindi ci si abitua con comodità ai personaggi. Chi è in cerca una serie piena di azione resterà forse deluso, poiché questa è una serie che si sviluppa senza fretta, consigliata soprattutto agli amanti del thriller e delle indagini in cui ogni dettaglio inquietante viene assaporato con calma. Ci fa riflettere, ci getta all’interno delle menti criminali più disturbate e tutto ciò risulta molto affascinante; i dialoghi sono taglienti e c’è poca violenza esplicita, sono i colloqui e le descrizioni di particolari agghiaccianti che fanno scaturire quel senso di angoscia.

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Holt McCallany e Jonathan Groff nella serie TV Netflix Mindhunter

L’accurata selezione musicale che accompagna la storia è eccezionale, piccoli gioielli dalla decade degli anni ’70, brani che ci avvolgono nei momenti critici e nei frammenti finali di ogni puntata.

Senza dubbio è una delle produzioni più interessanti di Netflix, una scommessa per il futuro e, in pieno boom di polizieschi che ruotano intorno ai serial killer, Mindhunter offre un cambio di rotta raccontando la storia da un punto di vista diverso. Non si accontenta di offrire un ritratto angosciante di un assassino o di cosa egli possa pensare, sarebbe come rimanere sulla superficie, mentre preferisce graffiare dove è meno piacevole: all’interno della psicosi e della follia umana.

Rimaniamo in attesa della prossima stagione.

Gabriela

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Jonathan Groff nella serie TV Netflix Mindhunter
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La serie TV Netflix Mindhunter

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