Memory Box

Memory Box recensione film di Joana Hadjithomas e Khalil Joreige con Rim Turki e Paloma Vauthier [TFF 39]

Memory Box recensione film di Joana Hadjithomas e Khalil Joreige con Rim Turki, Paloma Vauthier, Manal Issa, Isabelle Zighondi e Clémence Sabbagh

Un viaggio drammatico ma anche provvidenziale e reale tra Beirut e Canada. Memory Box di Joana Hadjithomas e Khalil Joreige (marito e moglie nella vita), presentato al Torino Film Festival e in concorso alla 71esima Berlinale, é interpretato da presenze femminili che convincono e trasportano: Rim Turki, Manal Issa e Paloma Vauthier.

Tre donne: madri, figlie e nonne. Un Natale che le vede riunite di fronte e una scatola delle memorie. Alex (la figlia) vede nella scatola tutto ciò che le serve per conoscere meglio la madre; Maia (la madre) la percepisce come una scatola del dolore e la nonna decide di uscirne ancor prima di aprirla.

Manal Issa
Manal Issa (Credits: © Khalil Joreige/© Haut et Court/Abbout Productions/micro_scope)
Memory Box recensione film di Joana Hadjithomas e Khalil Joreige
Memory Box di Joana Hadjithomas e Khalil Joreige con Rim Turki, Paloma Vauthier e Manal Issa (Credits: © Khalil Joreige/© Haut et Court/Abbout Productions/micro_scope)

Memory Box non è un film sul passato ma sulla memoria: ricostruisce una parte fondamentale del rapporto con Beirut all’interno delle vite di giovani che rappresentano un’intera umanità. Si basa sui quaderni scritti tutti i giorni, per sei anni (1982-1988), tra due amiche lontane (una lascia il Libano per andare a vivere a Parigi) per mantenere la promessa fatta in quegli anni 80, in quella Beirut difficile e stanca: la promessa di mantenere teso e vivo quel filo che le lega durante la guerra civile esterna (dei bombardamenti frastornanti) e quella interna alle famiglie, degli ideali, dei progetti e dei rapporti che nascono e muoiono. È una corrispondenza scritta in immagini e percepita attraverso suoni e musiche rappresentative di quegli anni e di scelte precise.

Un’opera a metà strada tra finzione e documentario ma con i tratti personali e caratterizzanti di un modo di trasmettere la memoria che ha un sapore di futuro e quella necessità di indagare nel passato per capire meglio il presente. In questo presente il passato viene visto come una ferita mai curata, che “rovina il Natale”, e sarà proprio la figlia (che rappresenta il futuro) ad accettare quel pacco, quel carico, quella memoria. Questo rapporto madre-figlia con un passato da nascondere sotto le bombe ci ricorda alcuni passaggi siriani di Alla mia piccola Sama, dei registi Waad Al-Khateab e Edward Watts, (Oscar al miglior documentario) con in braccio quel futuro, quella bambina ignara e disincantata, che è spettatrice indifesa di eventi di cui sarà portatrice senza aver scelto.

Questo viaggio tra passato e presente non confonde ma aiuta a comprendere e separa in modo netto i sentimenti di ogni epoca per amalgamarli una volta trovati i giusti strumenti e le giuste chiavi per aprire quelle ‘scatole’ rimaste chiuse per troppo tempo. Gli oggetti caratteristici delle diverse epoche ci aiutano a percorrere questo viaggio senza disorientarci: si passa dall’epoca dell’analogico a quella del digitale con pochi click e con le note inconfondibili della new wave di Blondie con One Way or Another e Fade to Grey dei Visage.

Manal Issa e Hassan Akil
Manal Issa e Hassan Akil (Credits: © Khalil Joreige/© Haut et Court/Abbout Productions/micro_scope)
Memory Box recensione film di Joana Hadjithomas e Khalil Joreige
Memory Box di Joana Hadjithomas e Khalil Joreige con Rim Turki, Paloma Vauthier e Manal Issa (Credits: © Khalil Joreige/© Haut et Court/Abbout Productions/micro_scope)

Due generazioni a confronto, due luoghi lontani: il dialogo col passato non è difficile perché il materiale (audiocassette, fotografie sviluppate in stanze buie, collage e pagine scritte) ricorda che la costruzione della memoria cambia i supporti ma ha sempre gli stessi intenti e obiettivi. Come l’amore ha salvato quel gruppo di giovani dalla follia intorno a loro, oggi l’amore salva due donne dalla incomunicabilità e le lega proprio attraverso quel passato così lontano.

Memory Box tiene insieme il tempo dei viventi, della storia e del presente. È proprio la memoria a diventare il nucleo fondamentale per capire e capirsi attraverso generazioni lontane. Non ci sono effetti speciali ma nemmeno se ne sente la necessità. Il risultato è quello di non sentire distanza ma di sentirsi protagonisti di storie diverse che ti fanno posto come se fosse la tua. Immagini mentali, storiche ed emotive: questi sono i veri effetti speciali che ci ricordano che le ‘scatole’ della nostra mente non saranno mai soggette all’usura del tempo ma rappresenteranno sempre un ponte, creeranno un alfabeto affettivo tra generazioni che si passeranno il testimone con semplici parole ma cariche di responsabilità e privilegi, ma anche di speranza e fiducia: “Ai nostri figli”.

Sintesi

Memory Box non è un film sul passato ma sulla memoria che ha un sapore di futuro, un'opera a metà strada tra finzione e documentario dai tratti personali e caratterizzanti che, tra immagini mentali, storiche ed emotive, trasmette la necessità di indagare nel passato attraverso generazioni lontane per capire meglio il presente.

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