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L’événement recensione film di Audrey Diwan con Anamaria Vartolomei [Venezia 78]

L’événement recensione film di Audrey Diwan con Anamaria Vartolomei, Kacey Mottet Klein, Luàna Bajrami, Louise Orry-Diquéro a Venezia 78

L’événement, recensione: un ottimo film con uno scomodissimo predecessore

Tabù del passato ancora controverso nel presente e immortale mezzo per dominare e asservire il corpo delle donne, l’aborto al cinema è stato raccontato in tutta la sua drammaticità da una sequenza infinita di film. Dal 2007 però ogni pellicola che abbia deciso di affrontare questo tema si è trovata a fare i conti con lo scomodissimo paragone con il rumeno 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni, meritatissima Palma d’Oro a Cannes, che sembra essere il film definitivo rispetto al tema.

Al suo secondo film da regista, Audrey Diwan sceglie di portare su grande schermo il romanzo autobiografico del 2000 della scrittrice francese Annie Ernaux. L’événement racconta il disperato tentativo della protagonista di sfuggire a una gravidanza giovanile che metterebbe fine alla sua possibilità di studiare all’università e affermarsi personalmente, riportandola nelle campagne da cui venuta ed esponendola allo scandalo.

Sandrine Bonnaire, Luàna Bajrami e Anamaria Vartolomei
Sandrine Bonnaire, Luàna Bajrami e Anamaria Vartolomei (Credits: Rectangle Productions)
Luàna Bajrami
Luàna Bajrami (Credits: Rectangle Productions)

La lotteria dell’aborto nella Francia degli anni ’60

Fa una certa impressione constatare quanto poco cambi tra la Romania di Cristian Mungiu e la civilissima Francia, in cui nel 1963 l’aborto è condannato a livello legislativo e giudiziario con pene severissime per medici e pazienti. Come il film ben illustra, è una pratica addirittura priva di un nome proprio pronunciabile ad alta voce. È l’unico rimedio alla “malattia delle donne che le trasforma in casalinghe”, un tabù anche linguistico a cui si allude con sguardi, perifrasi o preghiere disperate. Un personaggio di L’événement lo definisce crudelmente, realisticamente una lotteria: puoi soffrire e salvarti, finire in ospedale, in prigione o in una bara, il tutto a discrezione dei medici e del fato. L’illegalità della pratica come noto non ha mai fermato le donne dal cercare di trovare una soluzione, talvolta estrema: il film ripercorre il disperato tentativo di capire come uscirne da parte di una ragazza sola.

Anne (Anamaria Vartolomei) a conti fatti può anche dirsi fortunata per la sua estrazione alla lotteria. Vive dodici settimane da incubo, che mettono a rischio il suo futuro e la sua vita, è costretta a rivedere la lista di amici e nemici, a mettersi in una continua posizione di sudditanza di rispetto a uomini che la disprezzano, la evitano o vogliono da lei “sesso sicuro” senza prendere in considerazione l’idea di aiutarla. Anche le amiche più disinibite e progressiste scompaiono. Anne è forte di carattere e decisa, ma persino lei vacilla, di fronte a una serie lunghissima di umiliazioni, solitudine e dolore che deve affrontare in silenzio e nell’ombra, senza un grido, per evitare di essere scoperta. Una voce, un biglietto, una parola in codice le risparmiano soluzioni estreme descritte dalla mammana, ma non il dolore.

Sandrine Bonnaire e Louise Chevillotte
Sandrine Bonnaire e Louise Chevillotte (Credits: Rectangle Productions)

Anamaria Vartolomei è intensa e magnetica

Con un cast femminile davvero azzeccato e guidato da una Anamaria Vartolomei intensa e magnetica, la regista Audrey Diwan riesce a confezionare un film forte e toccante, tenendosi sui limiti di ciò che è davvero violento, ma azzardando un paio di scene che non possono che far stringere i braccioli della poltrona. Senza grandi guizzi ma con solidità narrativa e recitativa, il suo L’événement è un adattamento che riesce a incanalare al meglio la forza del romanzo autobiografico da cui è tratto.

Tuttavia chi ha visto il film di Mungiu non può che comparare le due pellicole e la vincitrice rimane (con ampio margine) la Palma d’Oro 2007, che spunta le stesse voci della lista ma con un’intensità emotiva, narrativa e delle istanze politiche infinitamente più potenti.

Sintesi

Alla sua seconda prova, la regista Audrey Diwan dà un'ottima impressione di sé, aiutata dalla grande forza racchiusa nel romanzo autobiografico di Annie Ernaux. Tuttavia la presenza di un film come Quattro mesi, tre settimane e due giorni rimane scomodissima per chi voglia affrontare la tematica dell'aborto al cinema.

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