Il terremoto di Vanja recensione del docufilm diretto ed interpretato da Vinicio Marchioni con Toni Servillo, Francesco Montanari, Milena Mancini e Nina Torresi
Il terremoto di Vanja di Vinicio Marchioni è un docufilm potente ed emozionante, che segue il lungo percorso che ha portato il noto attore romano a mettere in scena lo Zio Vanja di Anton Čechov in una particolare rilettura italiana del testo. Accompagnato dalla voce del grande Toni Servillo, il docufilm accompagna Marchioni e la sua compagnia fino alla fine della presentazione all’Aquila terremotata dello spettacolo, rivivendo in retrospettiva emozioni, sensazioni, dubbi.
È proprio a partire dal tema del terremoto che Marchioni riadatta il testo di Čechov assieme all’autrice Letizia Russo e alla moglie e collaboratrice Milena Mancini: laddove a fare sfondo allo Zio Vanja originale vi era un epidemia di colera, i protagonisti dello spettacolo sono un gruppo di terremotati. La scelta, che poteva facilmente scadere nella retorica, è invece portata avanti con particolare grazia, e si inserisce in una più ampia “indagine dell’immobilità italiana attraverso lo sguardo tragicomico di Čechov”.
Per prepararsi al ruolo, ai ruoli, Marchioni e i suoi girano per le aree terremotate (le zone intorno all’Aquila, colpita dal sisma nel 2009, e quelle intorno ad Amatrice, devastate nel 2016), incontrando le famiglie che ancora vi “resistono”: ed è proprio a chi resiste, sul palco e nella vita, che è espressamente dedicato il docufilm nel finale. Ha avuto un senso fare lo spettacolo all’Aquila?, sì domanda Marchioni, scettico: ma riconosce di aver provato per la prima e unica volta su quel palcoscenico la perfetta simmetria fra sé e il proprio personaggio.
Impreziosito dagli interventi del professore di letteratura russa Fausto Malcovati e dei registi Andrei Konchalovsky e Gabriele Salvatores, Il terremoto di Vanja è una preziosa testimonianza di teatro che diventa implicitamente teatro civile, a servizio della comunità, fatto (o fatto proprio) dalla comunità cui si rivolge; un curioso esperimento documentaristico che attraverso il mezzo filmico si fa metateatro evitando come la peste l’auto-fiction.
Ludovico