Il ballo delle pazze recensione film di Mélanie Laurent con Lou de Laâge, Emmanuelle Bercot, Benjamin Voisin, Grégoire Bonnet e Lomane de Dietrich
Chiusa l’esperienza nella giuria di Cannes, Mélanie Laurent torna dietro la macchina da presa un anno dopo Galveston. La regista e attrice francese resa nota al grande pubblico con il ruolo di Shoshanna in Bastardi senza gloria di Tarantino, continua il suo viaggio nel cinema arrivando su Amazon Prime Video con il suo quinto film da regista. Scritto da Laurent e Christophe Deslandes, Il ballo delle pazze è tratto dall’omonimo romanzo di Victoria Mas, Le Bal des Folles. Ambientato all’interno della clinica psichiatrica di Salpêtrière nella Parigi di fine Ottocento, guidata dal neurologo Jean-Martin Charcot (Grégoire Bonnet), porta sullo schermo la storia di Eugénie e Geneviève.
Eugénie (ottima interpretazione di Lou de Laâge), giovane donna di una famiglia altolocata parigina, mal sopporta le imposizioni patriarcali che minano la sua libertà. Apparentemente dotata della possibilità di contattare gli spiriti, si ritrova contro la sua volontà a essere internata al Salpêtrière, dove incontrerà l’infermiera capo Geneviève (interpretata dalla regista stessa). Qui le loro storie si intrecciano, insieme a quelle di tutte le donne ricoverate per motivi differenti. Figlie di un’epoca in cui la non conformazione alle regole sociali le portava a essere definite “isteriche”, a essere considerate fuori posto e quindi da escludere e curare. Una caccia alla streghe più tipica di età medievali che mostra come la mentalità della società dell’epoca fosse intrinsecamente arretrata.
Un ospedale che diventa prigione, metodi e trattamenti che diventano spesso torture. Idroterapia, magnetoterapia, isolamento, ipnosi sono tecniche al limite delle barbarie al servizio dell’equipe medica. Salpêtrière che diventa un macabro palcoscenico personale per l’ego di Charcot, un suo personale laboratorio. Culmine finale “il ballo delle pazze”, serata di gala e di esibizione per raccontare alla città di Parigi i progressi della sua scienza.
All’interno dell’ospedale, la regista dà ampio spazio alle storie delle donne che vi sono recluse, anche a costo di toglierlo alla narrazione della protagonista. Si rivela essere una scelta felice per l’interessante spaccato che viene mostrato, aiutato dalle ottime interpretazioni dei personaggi secondari, ma anche rischia di mangiare la narrazione interna del film. Questa visione collettiva riduce il minutaggio delle storie di Eugenie e Genevieve, che a lungo andare iniziano a perdersi nelle pagine della sceneggiatura. Perdendo il focus si perde anche lentamente il ritmo del film, arrivando a un finale scontato, che in parte vanifica l’ottimo lavoro svolto precedentemente.
Riuscire a viaggiare a cavallo tra psicodramma e melodramma senza mai eccedere non è facile, ma Mélanie Laurent vi riesce alla perfezione. Con una regia ben salda e mai esagerata, sguardo crudo ma essenziale, Laurent racconta tante storie differenti, grazie alla sceneggiatura e alle potenti inquadrature. Il ballo delle pazze permette di mettere in luce le condizioni disumane in cui le pazienti venivano trattate, gettando interessanti spunti di riflessione critici sui lavori del dottor Charcot e più in generale sul ruolo della donna nella storia della medicina. I comparti tecnici lavorano in perfetta armonia: da menzionare l’ottimo lavoro di Asaf Avidan con una colonna sonora che accompagna impeccabilmente il ritmo e l’emozione delle scene. La prima produzione di Amazon Original France si rivela essere un ottimo film, con un’anima profondamente francese ma perfetta per il panorama internazionale.