Ghiaccio recensione film di Fabrizio Moro e Alessio De Leonardis con Giacomo Ferrara, Vinicio Marchioni, Claudio Camilli, Beatrice Bartoni e Sara Cardinaletti
Ghiaccio è il nuovo film drammatico di Fabrizio Moro e Alessio Leonardis distribuito da Vision Distribution, interpretato da Giacomo Ferrara e Vinicio Marchioni.
Ambientato nella Roma del 1999, il lungometraggio segue le vicende di Giorgio (Giacomo Ferrara), giovane pugile in attesa dell’incontro che potrebbe introdurlo nel mondo del professionismo, e del suo allenatore Massimo (Vinicio Marchioni), ex pugile che ha abbandonato la carriera e il suo sogno per mettere su famiglia. Giorgio è però tormentato dal suo passato a causa di suo padre, che dopo essere stato assassinato lascia a lui e a sua madre un debito con la malavita del quartiere.
Opera prima di Fabrizio Moro, Ghiaccio si dimostra un buonissimo esordio alla regia, una pellicola intrisa di un significato di base molto profondo, motore principale dell’intero discorso narrativo e della caratterizzazione dei personaggi stessi: non arrendersi mai nonostante tutto. La sceneggiatura risulta lineare ma efficace nel centrare l’obiettivo del raccontare una storia di sacrificio, dedizione e determinazione, ambientata in un mondo dove per sopravvivere bisogna avere coraggio. Gli stereotipi narrativi del genere non sono evitati, ma risultano comunque contestualizzati in una situazione che per certi versi ricorda le vicende personali degli autori.
L’interpretazione di Giacomo Ferrara è buona e dona una caratterizzazione drammatica al giovane Giorgio e, insieme a Vinicio Marchioni che interpreta il suo allenatore, creano un duo convincente. Entrambi sono tormentati dal loro passato e, anche se per ragioni molto differenti tra loro, sono consapevoli dei traumi e dei passi da compiere per andare avanti, e trovano nella loro vicinanza un sostegno reciproco in grado di creare una speranza per il futuro che temevano di aver ormai perduto.
Giorgio è perseguitato da un interrogativo costante che si è riversato irrimediabilmente sulla sua pelle: il chiedersi se rimanere buoni o diventare cattivi, a causa del contesto sociale ma anche morale dal quale proviene, è diventato il suo mantra. E se all’inizio del suo arco narrativo sembra non sapersi dare una risposta concreta, al termine del suo viaggio sarà in grado di trovare una soluzione soddisfacente rendendola un punto di forza.
Le varie sequenze realizzate con movimenti di macchina che puntano tutto su primi piani e utilizzo del ralenti, soprattutto nelle scene di lotta e scontro, sposano bene la dinamicità della narrazione, arricchita da una colonna sonora penetrante che testimonia la dedizione e la cura che Fabrizio Moro mette nella sua composizione. Fabrizio Moro e Alessio Leonardis riescono così a creare una pellicola solida e mai fuori dalle righe che, nonostante sia ambientata a fine anni ’90, riesce a risultare estremamente attuale.