Alla vita recensione film di Stéphane Freiss con Lou de Laâge, Riccardo Scamarcio, Pierre-Henry Salfati, Astrid Meloni, Nicola Rignanese e Coraly Zahonero
Alla vita racconta la storia di Esther Zelnik (Lou de Laâge), una ragazza ebreo-ortodossa, e Elio De Angelis (Riccardo Scamarcio), un ex gallerista che si è ritrovato a doversi occupare dell’azienda agricola del padre dopo la sua morte improvvisa. È la storia di due persone rimaste intrappolate e che stanno cercando il loro posto nel mondo.
Ci troviamo in Puglia, dove si coltivano ancora i cedri, frutto sacro nella religione ebraica. Per questo ogni estate i Zelnik, famiglia ultraortodossa di Aix-les-Bains, trascorrono la stagione a raccogliere questo frutto che, secondo una leggenda, Dio avrebbe sparso in questa regione. Ad ospitare la famiglia è proprio Elio ed è in questa occasione che incontra Esther, una ragazza che oramai sta cercando di abbandonare la dottrina ortodossa, stanca delle restrizioni che le vengono imposte. Esther trova in Elio un compagno in cui trovare risposte e rassicurazioni, e un faro di speranza che forse la aiuterà a fare una scelta.
Alla vita è un film incentrato completamente sui suoi protagonisti. Riccardo Scamarcio è assolutamente a suo agio in questo ruolo, facendo trasparire attraverso lo schermo sicurezza e naturalezza che oltrepassano la barriera linguistica. Questa naturalezza data anche dal suo aspetto trasandato a appesantito, lontano dall’immaginario collettivo dell’attore, contribuisce a rappresentare le emozioni del personaggio e la sua storia sullo schermo. Lou de Laâge invece gioca con il suo sguardo enigmatico e con il linguaggio del corpo, che appare spesso nervoso e rigido, rispecchiando le emozioni di Esther intrappolata tra il voler risultare sempre composta e la rabbia di cui non riesce a liberarsi. I vestiti, una lunga gonna nera e una camicia accollata, aiutano de Laâge a sembrare sempre a disagio.
Esther è la protagonista principale della storia, Alla vita si apre con un suo monologo e capiamo subito quale sia il suo problema. Per tutta la durata del film vedremo i suoi sfoghi attraverso un forum di persone come lei, la sentiremo pregare Dio, implorandolo di lasciarla andare e di aiutarla a “tradirlo”. I suoi monologhi riempiono la narrazione, raccontandoci i segreti che tiene nascosti da tempo, quasi fossimo il suo diario. Elio in questa vicenda è un co-protagonista, ha la sua storyline ma è chiaro che il suo personaggio serva a farci conoscere meglio Esther e la sua vera personalità, di essere un mezzo di fuga per lei e i suoi desideri repressi. In questa vicenda è un po’ uno specchio di ciò che accade ad Esther, alla fine anche lei riuscirà a tirare fuori i desideri nascosti di Elio. C’è una tensione costante, non puramente sessuale, che li accompagna per tutta la storia, fatta di sguardi e gesti.
Alla vita affronta il tema della religione e il legame che essa ha con ogni individuo. È una pellicola molto intima, che racconta di vite represse e non solo nel contesto religioso. Ha un finale anti-climatico, che forse non ha nemmeno la pretesa di essere un vero e proprio finale ma più un inizio e che lascia allo spettatore il potere di decidere cosa accadrà dopo.