Santa Subito recensione documentario di Alessandro Piva vincitore del Premio del Pubblico alla 14esima edizione della Festa del Cinema di Roma
Fresco del Premio del Pubblico della quattordicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, Alessandro Piva ha messo su un toccante documentario sull’Italia degli anni ’90 raccontando la storia di Santa Scorese, la giovane attivista cattolica uccisa a coltellate a ventitré anni dal suo stalker nella provincia di Bari.
Una tragedia di sicuro, ma pervasa da un senso di rassegnazione e impotenza per come si è sviluppata, ricostruita puntualmente dal regista. Nel 1991, anno dell’omicidio, nell’ordinamento giuridico italiano non era ancora presente il reato di stalking e una giovane donna come Santa, alle prese con una persona morbosamente interessata a lei da oltre tre anni, non può far altro che emettere diffide alle attività competenti e vivere nell’ombra per evitare il peggio.
È angosciante ascoltare, da chi viveva con Santa e la porta ancora oggi nel cuore, il dolore e il rammarico per una situazione ben nota a tutti ma impossibile da risolvere per la legge del tempo, dovendo compiere scelte durissime per sopravvivere alla crudeltà umana. Santa Scorese si configura non soltanto metaforicamente come martire, ma è la stessa Chiesa da lei tanto assiduamente frequentata a rintracciare in lei i crismi di una fede incrollabile che danno alla sua vicenda un’ulteriore chiave di lettura.
E’ una magrissima consolazione, essere pionieri di qualcosa che verrà istituzionalizzato soltanto quasi vent’anni dopo – il reato di stalking è stato introdotto soltanto nel 2009 – ma è l’occasione perfetta per riflettere su un problema che ancora oggi è tutt’altro che sotto controllo ed è allucinante soprattutto per chi, poi, deve continuare ad alzarsi ogni mattina con il vuoto dentro, come le persone a cui Piva dedica in chiusura questo illuminante documentario.