Motherless Brooklyn – I segreti di una città recensione del film di Edward Norton con Bruce Willis, Gugu Mbatha-Raw, Willem Dafoe, Alec Baldwin, Bobby Cannavale e Leslie Mann
Motherless Brooklyn – I segreti di una città non è un film che si vede spesso nelle sale cinematografiche. Omaggia un tipo di cinema che sta scomparendo, evolutosi ormai in qualcosa di irriconoscibile. Quel cinema noir che ha visto la sua nascita più di cent’anni fa e che verso la fine degli anni Cinquanta ha iniziato a svanire nel nulla, proprio come i suoi personaggi, avvolti dal fumo delle grandi metropoli. Edward Norton è riuscito a dare nuovo lustro a questo potente genere cinematografico, confezionando un film dolce, dall’animo gentile, raffinato. Quasi il canto del cigno di un cinema destinato a sparire. Noi lo abbiamo visto in anteprima alla 14° edizione della Festa del Cinema di Roma.
Diretto, scritto e interpretato da Edward Norton, Motherless Brooklyn è un film dai molti volti. Delicato, simpatico, commovente, rassegnato. È un film sulla perdita, sull’amore, sull’ostinazione. Ma soprattutto è un film che non ha paura di dire ciò che pensa, proprio come la mente deviata del protagonista Lionel. Norton dà atto della sua estrema capacità attoriale, portando su schermo un personaggio semplice, ma allo stesso tempo estremamente complesso e frantumato. Schivo, ma in cerca di affetto. I suoi tic, le sue frasi fuori luogo, le sue movenze schizofreniche si amalgamano così amabilmente alle vicende nelle quali è coinvolto che la loro presenza diventa parte integrante della scena. Senza di esse si sentirebbe un vuoto incolmabile altrimenti.
Non solo Edward Norton si dimostra capace davanti la macchina da presa, ma prova anche il suo valore artistico dietro di essa, corredando il film con una regia formidabile. Estremamente delicato nei movimenti, il suo punto di vista accompagna lo spettatore in questo viaggio al ritmo del jazz, tra i vicoli fatiscenti di una Brooklyn degli anni Cinquanta. Dai colori alla disposizione della macchina da presa, tutta la messa in scena porta con sé un forte senso di serenità e distensione dei sensi.
Lo stile alla base della sua regia per questo Motherless Brooklyn deve molto al noir. Dalla voce narrante del protagonista, alla colonna sonora calorosa e sognante, tutto è un omaggio a quel cinema, così decadente, ma così necessario. È evidente la gratitudine che Norton prova per esso. Sembra quasi una lettera d’amore a un mondo in decomposizione. Forse proprio da qui nasce la scelta dell’ambientazione. Quegli anni Cinquanta che sono stati la fine per molte cose e l’inizio per altrettante. E allora il film diventa qualcosa di più di un semplice omaggio. Diventa la prova tangibile della morte di un modo di fare cinema, di un modo di raccontare, di un modo di vivere, che viene soppiantato dall’inarrestabile oppressione dello sviluppo economico. E, una volta scoperta la verità, non ci resta che lasciare correre. Perché il tempo non può essere fermato. Tutto ciò che possiamo fare è vagare senza meta. Persi tra gli stordenti fumi del progresso.