Moon Knight: intervista a Oscar Isaac, Ethan Hawke, May Calamawy, i registi Mohamed Diab, Justin Benson e Aaron Moorhead e il produttore Grant Curtis della serie Marvel Disney+ in uscita streaming dal 30 marzo
In occasione dell’uscita della nuova, attesissima serie Marvel Moon Knight, di cui leggerete nei prossimi giorni la recensione in anteprima sul nostro magazine e che sarà disponibile su Disney+ dal 30 marzo, abbiamo avuto il piacere di incontrare virtualmente tanti dei talent coinvolti nel progetto: dal produttore Grant Curtis, che ha fatto le veci del mastermind del Marvel Cinematic Universe Kevin Feige assente all’ultimo momento, agli interpreti principali Oscar Isaac, Ethan Hawke e May Calamawy ai registi Mohamed Diab, Justin Benson e Aaron Moorhead.
Scritto dallo showrunner Jeremy Slater e basato sui fumetti creati da Doug Moench e Don Perlin, Moon Knight fonde la storia egiziana con i suoi miti e misteri in un’avventura avvincente ed intensa ambientata in giro per il mondo, tra atmosfere dark e e nuovi, coraggiosi modi di raccontare un personaggio unico nel suo genere, che si divide tra le due complesse identità di Steven Grant e Marc Spector, entrambe appartenenti allo stesso corpo e alle prese con le potenti divinità egizie dell’antichità.
In attesa dei nuovi contenuti che vi proporremo nei prossimi giorni, eccovi l’intervista a Oscar Isaac, Ethan Hawke, May Calamawy, Mohamed Diab, Grant Curtis, Justin Benson e Aaron Moorhead, i talent di Moon Knight: buona lettura e stay tuned!
Moon Knight: intervista a Oscar Isaac, Ethan Hawke, May Calamawy, Mohamed Diab, Grant Curtis, Justin Benson e Aaron Moorhead sulla nuova serie Disney+ in uscita il 30 marzo
Grant Curtis: Quando ha iniziato Marvel a pensare di portare Moon Knight nel Marvel Cinematic Universe e cosa vi ha incuriosito di più di questo personaggio dal punto di vista creativo?
Grant Curtis: Moon Knight è stato sul radar di Kevin Feige sin dal primo giorno. Il personaggio è apparso per la prima volta in Werewolf by Night nel 1975, poi ha attraversato l’universo Marvel per i successivi cinque anni fino ad ottenere la sua propria uscita nel 1980. Dopo decenni di narrazione e grandi artisti a susseguirsi nel ritrarre il personaggio penso che sia stata naturale la sua fusione nell’universo cinematografico Marvel. Questo è il momento perfetto perché Disney+ ti offre la possibilità di avere a disposizione una tela più ampia per raccontare questa storia incredibile, e questo è il momento perfetto anche per il pubblico di immergersi nell’universo di Moon Knight.
Oscar Isaac: Non sei nuovo ai grandi progetti, da Star Wars e Dune. Cosa c’è di diverso nell’entrare nel MCU con Moon Knight?
Oscar Isaac: Quando ho avuto modo di conoscere il progetto e di parlarne con Grant Curtis, Kevin Feige e Mohamed Diab mi sono reso conto che c’era la reale possibilità di fare qualcosa di completamente diverso, in particolare all’interno del Marvel Cinematic Universe, concentrandosi sulla lotta interiore di questo personaggio e usando l’iconografia egiziana, il genere supereroistico ed il suo linguaggio per parlarne.
Ho visto con Steven Grant la possibilità di creare un personaggio indelebile ed insolito. Non appena ho avuto un’idea chiara di come avrei voluto interpretare il personaggio l’ho messa sul tavolo, ed è stata accolta a braccia aperte: ho capito che avrei avuto dei collaboratori incredibili e che sarebbe stata una grande avventura creativa.
Oscar Isaac: Cos’è che rende Marc Spector e Steven Grant così diversi da alcuni degli eroi che abbiamo visto in passato?
Oscar Isaac: Penso si tratti del punto di vista della narrazione. Ti immedesimi nella pelle di questo ragazzo, vedi le cose accadere e le vivi e subisci proprio come le sta vivendo e subendo lui. C’è qualcosa di terrificante in questo. Penso poi che Steven in particolare porti un senso dell’umorismo diverso da ciò che abbiamo visto in passato. Marvel ha sempre fatto un lavoro straordinario nel combinare azione e commedia in un modo così eccezionale, e ho pensato che con Steven ci sarebbe stata la possibilità di proporre una commedia diversa. Steven non sa di essere divertente. Tutto questo è stato davvero eccitante. Con Marc abbiamo poi trovato il giusto contrappeso, appoggiandoci un po’ allo stereotipo dell’eroe oscuro, il vigilante tormentato, ma ciò che lo rende così speciale è proprio il ragazzo inglese che vive dentro di lui.
Ethan Hawke: Interpreti il carismatico villain Arthur Harrow. Cosa ti ha catturato di questo personaggio e ti ha fatto venire voglia di essere coinvolto in questo progetto?
Ethan Hawke: La storia del cinema è lastricata di narratori che hanno usato il tema della malattia mentale come elemento fondante per costruire i villain. Ci sono innumerevoli storie di cattivi malati di mente, ma stavolta abbiamo un eroe malato di mente, e questo è affascinante perché abbiamo invertito l’intero processo.
Come antagonista, il mio personaggio non può essere pazzo perché è già l’eroe ad esserlo, quindi devo proporre un pazzo “sano di mente” o una forza malevola “sana”. Per me si è trattato di un enigma molto interessante, capire come essere in sintonia con ciò che Oscar stava portando sullo schermo. Mohamed ha abbracciato il disturbo mentale del personaggio di Oscar come un modo per creare un narratore inaffidabile. Una volta che il prisma della realtà è infranto, ti rendi conto che tutto ciò che il pubblico sta vedendo è raccontato da un punto di vista distorto, e questo è davvero interessante per il cattivo. Questo è stato il nostro enigma. Abbiamo introdotto qualcuno che sta cercando di salvare il mondo e che, nella sua mente, è Saint Harrow, e che pensa farà parte del gran finale.
May Calamawy: Cosa ti ha incuriosito di più di Layla?
May Calamawy: Adoro quanto è forte. Ma allo stesso tempo, mi sentivo come se dovessi interpretare l’intera gamma di emozioni di una donna, perché Layla è caparbia, si schiera dalla parte di chi ha bisogno e combatte per ciò in cui crede, ma è anche molto vulnerabile e spaventata da ciò a cui va incontro. Quindi è stato divertente per me.
Mohamed Diab: Cosa ti ha attirato di più di questo progetto? Cosa ti ha catturato inizialmente di questa storia?
Mohamed Diab: Vengo da un background cinematografico molto indipendente, piccoli film realizzati soprattutto in Medio Oriente. Ricordo la prima telefonata tra me e Oscar, e lui mi disse: “Mohamed, che diavolo ci fai qui?”. Gli risposi che ero interessato alla creazione di storie intime che non fossero esclusivamente legate al budget. Avevo altre offerte per realizzare film ad alto budget ma non avevo trovato niente di simile, vicende personali che si legano ad eventi importanti che accadono intorno a loro. Sono stato subito attratto dall’idea di una persona normale che scopre di avere un’altra identità che è un supereroe. Jeremy Slater è stato grande nel creare il modo di affrontare la storia e proporre questo contrasto così evidente.
L’altro aspetto che mi ha davvero attratto è stato la componente egizia, il presente ed il passato, l’egittologia insita in esso. Come egiziani, ci vediamo sempre raffigurati, noi o il Medio Oriente, in modo esotico e disumanizzato, lo chiamiamo orientalismo. Moon Knight ci mostra semplicemente come esseri umani attraverso il personaggio di Layla, e vediamo persino l’Egitto in modo naturale perché il 90% delle volte l’Egitto non è davvero l’Egitto. Immagina Parigi e di vedere il Big Ben sullo sfondo. È così che vediamo il nostro Paese sullo schermo. Quindi è divertente, ma fa male. È stato proprio questo che mi ha attratto. Abbiamo avuto mille persone a lavorare con noi, e la più importante che mi mancava è stata mia moglie Sarah, che è tra le produttrici dello show e mia partner anche nel pitch per ottenere il progetto. Sono stato così fortunato, penso sarà difficile per tutti noi trovare una squadra migliore e una produzione migliore.
Justin Benson, Aaron Moorhead: Cosa c’era in questa storia che vi ha inizialmente catturato e vi ha fatto desiderare di farne parte?
Justin Benson: Nell’arco di circa cinquant’anni di fumetti questo personaggio è stato definito dalla sua audacia e dal suo essere un outsider. C’era qualcosa di attraente nel raccontare una storia di supereroi come questa, ma anche il poter lavorare con un gruppo di persone che stavano chiaramente cercando di renderla personale e di caratterizzarla poi anche su una scala più ampia.
E poi la possibilità di lavorare con questo speciale trio di protagonisti, che sono riusciti a portare sullo schermo un’umanità così profonda fatta di umorismo e dolore, all’interno di quella che potremmo chiamare la grande mitologia del nostro tempo.
Aaron Moorhead: È vero, abbiamo cercato di assicurarci che tutti i nostri film indipendenti fossero basati ogni volta su una nuova mitologia. E in questo momento i nostri grandi miti moderni sono i film Marvel. Il grande mito americano in questo momento viene dalla Marvel. Ed è davvero bello farne parte e poter raccontare una storia che parla in realtà di questi antichi miti e di cose in mezzo alle quali siamo cresciuti. Inoltre, solo il fatto che Moon Knight in qualche modo combaci tematicamente con tutto il nostro lavoro indipendente è davvero fantastico.
Oscar Isaac: Durante lo show ti vediamo conversare praticamente con te stesso, vediamo Steven Grant conversare con Marc Spector. Come attore come ti sei approcciato all’interpretazione di un personaggio che convive con due differenti personalità che vivono nella sua stessa testa?
Oscar Isaac: Il primo passo è stato assumere mio fratello, Michael Hernandez, per entrare nello show ed essere l’altro me stesso. Lui è ciò che c’è di più vicino a me sulla Terra. Quindi ha interpretato alternativamente Steven o Marc, utilizzando entrambi gli accenti. È stato davvero utile per me avere accanto non soltanto un grande attore, ma poter recitare con qualcuno che condivide con me anche il mio DNA.
Ma ciò che non mi aspettavo è stato quanto fosse tecnicamente impegnativo realizzare tutto questo, decidere quale personaggio interpretare volta per volta, dare appunti a mio fratello, registrare la scena, cambiare poi personaggio, e capire come farlo funzionare.
Una delle cose più divertenti della recitazione, se non la più divertente, è recitare di fronte a qualcuno e lasciare che accada qualcosa di spontaneo che non ti aspetti. Ma c’era davvero l’opportunità per farlo e dovevo ancora trovare il modo affinché diventasse spontaneo e non pianificato. Quindi è stato impegnativo.
Oscar Isaac: Come hai ideato gli accenti, in particolare per Steven?
Oscar Isaac: Non saprei, lo show è ambientato a Londra. Quando ho chiesto il motivo mi hanno risposto che in Marvel abbiamo già troppi personaggi a New York. Quindi mi è sembrato si volesse semplicemente fare un cambiamento, rendendo il protagonista un espatriato a Londra. Amo l’umorismo inglese, come quello di The Office, lo trovo così divertente e ho pensato ci fosse l’opportunità di fare qualcosa di diverso.
Ho iniziato a chiedermi cosa avrebbe fatto Peter Sellers se fosse stato coinvolto in un progetto Marvel. Così ho iniziato a pensarci e questo mi ha portato a Karl Pilkington di An Idiot Abroad, non tanto per l’accento quanto per il suo senso dell’umorismo in cui non sai se capisce effettivamente di essere divertente. Poi ho pensato alla comunità ebraica di Londra, alla zona di Enfield da cui gran parte di quella comunità proviene e ho ascoltato gli accenti nel nord-est di Londra.
Quando ho deciso di farlo e lavorarci su mi sono reso conto che non si trattava soltanto di una questione di accento, ma anche della sua timidezza, del suo desiderio di entrare in contatto con le persone ma non sapere del tutto come fare. Mi sono ispirato anche al comico Russell Kane.
La serie approfondisce l’antica mitologia egizia. Avete fatto qualche approfondimento sulla storia o vi siete attenuti ai fumetti?
Ethan Hawke: Abbiamo avuto un grande vantaggio, il nostro regista Mohamed Diab è stato un insegnante per noi: il modo in cui pensa, parla, costruisce le scene, il modo in cui il suo pensiero lavora musicalmente, si è trattato di un ritmo diverso rispetto a quello con cui sono cresciuto e a cui sono stato abituato. Ed è stato meraviglioso.
Anche il modo in cui ha coinvolto gli altri attori egiziani, il suo approccio alle scene da un punto di vista unico è stato più prezioso per noi interpreti di qualsiasi cosa avremmo mai potuto imparare dai libri di testo. Probabilmente avrei dovuto saperne di più, ma con Mohamed mi sono sentito confidente e al sicuro. Sapevo che era incredibilmente importante per lui non solo che rispettassimo e onorassimo lo show, ma anche che lo adorassimo e fossimo disponibili a metterci in gioco. È stato il nostro leader e ci siamo sentiti molto al sicuro grazie a lui.
Mohamed Diab: Sono molto onorato da quello che ha detto Ethan. Tutti lo vedono come un grande, leggendario attore cinematografico indipendente, e entrare nel mondo dei supereroi è stato qualcosa di grosso. Quindi quando Oscar lo ha contattato per la prima volta, e poi gli ho presentato il progetto e gli abbiamo proposto l’idea, gli ho chiesto per favore di non leggere la sceneggiatura. Non che la sceneggiatura non sia buona, ma quando lavori con qualcuno come Ethan, devi prenderti cura di lui. Harrow è stata una sua creatura, un suo figlio, è nato da un ping pong tra tutti noi ma è certamente opera sua. Per dimostrarci la sua fiducia in noi ha firmato senza leggere il testo, e mi ha detto che questa era la prima volta in trentacinque anni di carriera che firmava qualcosa senza leggere il copione. E io non posso fare altro che ringraziarlo.
Ethan Hawke: In base alla mia esperienza, di solito quando c’è un budget enorme c’è anche un’enorme quantità di paura. La produzione controlla ogni aspetto in maniera stringente e la creatività viene ridotta. Stavolta, per la prima volta nella mia carriera, grazie a Grant Curtis e alla Marvel è stato l’opposto. Marvel ha tradotto il proprio successo in sicurezza e fiducia: è vero, ci troviamo all’interno della “cucina” Marvel, ma una volta che rimaniamo all’interno della cucina, possiamo fare quello che vogliamo. C’è stata molta voglia di mettersi in gioco, molta voglia di fallire, assoluta disponibilità ad avere cattive idee. Perché non possiamo trovare una grande idea se prima non diciamo alcune stupidaggini e non commettiamo errori.
E ho percepito da Oscar fin dall’inizio una grande passione nel contribuire. E quando un attore ha una forte presa su un personaggio, quando vuole contribuire e tu lo segui, accadono cose belle. Oscar ha avuto una grande connessione con il suo personaggio e sul come il disturbo dissociativo dell’identità poteva essere sfruttato, combinandosi con l’architettura narrativa che già avevamo.
Ecco cos’è la collaborazione. Oscar, Mohamed, Grant erano disposti a fare in modo che ciò accadesse, questo è quello che mi era stato detto sarebbe successo, ma a volte quello che le persone dicono poi non si realizza, ed è per questo che non bisogna firmare senza leggere prima un copione. Ma stavolta sono davvero contento di averlo fatto perché penso sia stato meglio per il modo in cui il progetto si è evoluto.
Oscar Isaac: Morale della favola, non leggere mai i copioni. (Risate)