Firebrand recensione film di Karim Aïnouz con Alicia Vikander, Jude Law, Sam Riley, Eddie Marsan, Simon Russell Beale, Erin Doherty e Ruby Bentall [RoFF18]
Una voce soave di fanciulla accompagna la nostra intrusione in un castello perso nel verde di un bosco. Una nobildonna si prepara per la sua regale giornata, non diversa da quella del giorno prima o quella che verrà il giorno dopo.
Con imponente grazia cortese la dama si sposta dal lato del vacuo trono del regno di sua maestà il re d’Inghilterra fino a coprirne l’intera (assente) figura. Ed ecco che moderne, larghe lettere rosso sangue appaiono sullo schermo, lacerando lo sfondo nero che si è imposto sulla vista della sala del trono.
Così inizia Firebrand, un’esplorazione del personaggio pubblico e privato dell’ultima moglie di Enrico VIII (Jude Law), Katherine Parr (Alicia Vikander).
La storia segue gli ultimi mesi del precario matrimonio tra il re e la regina, scanditi da assenze liberatorie, colloqui opprimenti, sotterfugi e violenze sia fisiche che psicologiche.
Il regista Karim Aïnouz ha sfruttato la resiliente figura dell’ultima consorte di uno dei sovrani più controversi della storia britannica per indagare l’intricato rapporto tra due personalità forti, che si trovano a convivere pur nella loro incompatibilità. L’oppressione della figura maschile diventa così schiacciante e insopportabile che un moto di resistenza è indispensabile per riuscire a sopravvivere in un mondo di lupi, capaci di tutto pur di non perdere la testa (letteralmente).
Kathrine rappresenta il topos dell’emancipazione femminile, condottiera del libero pensiero tra le schiere di uomini che formano l’apparentemente invalicabile piramide sociale. Una deriva, questa, che negli ultimi anni sta prendendo piede all’interno nell’industria cinematografica, piena di figure storiche che specchiano la società odierna, dimostrando che un cambiamento è necessario e, spesso, possibile.
Aïnouz dimostra di essere particolarmente capace di mettere in risalto non solo l’ideale dietro questi pilastri identitari, ma anche la rappresentazione delle persone.
In questo circolo di violenza e dolore, le interpretazioni di Alicia Vikander e Jude Law risaltano con forza sorprendente. Oppressione e libertà si legano ai loro volti slavati, appesantiti dalla vita e adattati a un tempo decadente, dove pare che la bellezza abbia abbandonato ogni istanza del reale a parte la fiera giovinezza, emblema di un futuro radioso pronto a prendere le redini dopo la purulenta fine del regno del terrore maschile.
In questa cavalcata verso il domani, le immagini austere, pulite, accompagnate da una colonna sonora sontuosa contrastano con lo sporco che si palesa in esse. Non è il cinema a imbellire il degenerato, ma il degenerato a imbruttire il cinema, esperienza più unica che rara.