Sotto le foglie recensione film di François Ozon con Hélène Vincent, Josiane Balasko, Ludivine Sagnier e Pierre Lottin
di Luca Baeli
Un’anziana donna che vive in periferia, il difficile rapporto con la figlia e il nipote. Sembra l’inizio di una storia come tante, ma col tempo scivola nel territorio del thriller, pur restando un dramma con tinte di commedia.
Sotto le foglie, diretto da François Ozon, racconta una complessa storia familiare, quella di Michelle (Hélène Vincent), un’anziana donna che vive immersa tra le campagne della Borgogna, di sua figlia Valérie (Ludivine Sagnier) e di suo nipote Lucas.
Un dramma intergenerazionale in cui silenzi, incomprensioni e un passato che non si riesce a dimenticare sono alla base di una solitudine di fondo che avvolge tutti i personaggi.
Il film si apre con un’omelia in chiesa: la parabola di Maria Maddalena. La storia di una donna a cui vengono perdonati i propri peccati da prostituta e che ha una seconda chance come discepola di Gesù Cristo. In modo forse troppo didascalico, il film mette subito sul tavolo le sue carte.
A livello narrativo, però, la rivelazione arriva successivamente: Michelle, un’ottantenne che vive in una casa di campagna conducendo una vita semplice tra la raccolta di funghi, la Chiesa, qualche lettura e l’amicizia di lunga data con Marie Claude, appare inizialmente come una vecchina qualunque. In realtà è una ex prostituta e Marie Claude era una sua collega.
Sotto le foglie non scende nei dettagli della prostituzione né parla di chi siano i padri dei figli delle due anziane donne, Valèrie e Vincent, ma in fondo non ha importanza. Si tratta di un peccato che ricade di madre in figlia/figlio, un fantasma, una macchia che non si riesce a perdonare. Per Valèrie la condanna diventa una profonda depressione in un matrimonio infelice, per Vincent una pena carceraria che ha appena finito di scontare.
Quello che potrebbe sembrare un discorso moralistico o cattolico è, in realtà, solo un pretesto per esplorare i rapporti umani: quanto l’impreparazione nel diventare genitori possa generare una spirale di solitudine e infelicità, e quanto le famiglie possano trasformarsi in ambienti tossici e inquinati. Non a caso, uno dei primi punti di svolta del film è l’avvelenamento da funghi che Valérie subisce dopo un pranzo a casa di Michelle, dove è presente anche suo figlio Lucas (a cui i funghi non piacciono).
Il dubbio di Valérie è immediato e presto diventa una sentenza: sua madre ha cercato di ucciderla per avere suo nipote tutto per sé. Michelle nega fermamente sostenendo di aver raccolto un fungo velenoso solo per errore. Eppure, man mano che la narrazione avanza, i dubbi si moltiplicano. Michelle, forse, non è stata una buona madre. Ora vuole essere una buona nonna per Lucas. O, in realtà, desidera essere una madre per lui? Le contingenze in cui si troverà, di cui non sveliamo oltre, la porteranno a una scelta obbligata, ma il film mette in scena una riflessione molto attuale sulle generazioni e sui tempi della vita.
Quante volte ci troviamo di fronte a genitori inflessibili e freddi che poi, maturando e invecchiando, diventano nonni incredibilmente amorevoli? E d’altra parte, quanto è difficile comprendersi tra generazioni diverse, con diversi valori, esperienze e condizioni economiche?
In un’epoca in cui la cura della salute mentale è sempre più sentita e il confronto tra le diverse fasce d’età appare sempre più problematico, il film pone domande in cui tutti possiamo rispecchiarci.
Nonostante alcune cadute di ritmo e diverse scene di troppo nell’economia del racconto (soprattutto verso il finale), il film scorre con fluidità raccontando la natura umana e le dinamiche familiari con richiami a diversi film tra cui quelli di Woody Allen (Match Point, decisamente una fonte di ispirazione).
Il risultato è un film che si sviluppa in modo leggero e sobrio attraverso una stratificazione di generi, toni e sfumature, proprio come le foglie autunnali che danno il titolo alla versione italiana.