Pesci Piccoli 2 recensione serie tv episodi 1 – 4 con Ciro Priello, Fabio Balsamo, Aurora Leone e Gianluca Fru [Anteprima]
Pesci Piccoli – Un’agenzia, molte idee, poco budget… e tanto cuore.
I The Jackal rinnovano la formula già performante della prima stagione azzardando sempre più, con comparse sempre più folli e plot talmente allucinanti che ti viene voglia di urlare “GENIOH” come il fu Renè Ferretti.
Impossibile in effetti non pensare a Boris, ma anche a serie internazionali come The Office, omaggiata nella prima stagione.
Ma qual è la formula? Una scrittura solida e divertita? Un cast con una buona chimica? Una regia frizzante? È tutto questo, e forse anche di più. È la prova che in Italia, certe cose, se le vuoi fare, le puoi fare. Serve un enorme budget? No. Serve cuore, servono idee magari folli, partorite da un team di sceneggiatori in simbiosi con il cast, per far emergere ciascuno e accompagnare il tutto con una solidità che non si vede spesso
Ogni episodio ha un’ottima struttura, un tema portante e sottotrame con un vero arco di chiusura. In un panorama televisivo d’eccellenza sarebbe “la norma”, ma, purtroppo, non lo è da tempo. La moda dei film allungati e delle serie scritte alla bene e meglio comincia a stancare, sullo sfondo di un’offerta televisiva sempre più satura. Ma Pesci Piccoli, in un mare di squali, si fa riconoscere
Ciro, Fru, Fabio, Aurora: tutti brillano, con una chimica palpabile. Viene voglia di vedere ciascuno di loro in azione, persino quei personaggi secondari o terziari che dicono al massimo tre frasi per episodio.
Tra risate scatenate da plot assurdi, c’è spazio anche per una commozione genuina. E sì, potrebbe sembrare una missione impossibile far commuovere qualcuno con Ciro vestito da elfo, eppure accade. Questi primi quattro episodi sono davvero cadenzati alla perfezione e viene subito voglia di recuperarsi gli altri quattro.
I primi quattro episodi sono cadenzati alla perfezione, tanto che viene naturale voler proseguire subito con i successivi. Soprattutto, interrompere la visione dopo il quarto episodio è quasi una tortura degna di un sadico. Quel quarto episodio, infatti, raggiunge livelli di sperimentazione, follia, coraggio e commozione tutt’altro che scontati.
In Italia, una cosa così, non si vede.
E non che le altre puntate siano meno valide, anzi. Il personaggio di Greta (Martina Tinnirello) ha una bella evoluzione e si inserisce sempre più con naturalezza nel marasma senza senso dell’agenzia.
I tempi comici – o meglio, la musicalità delle gag – non fanno mai cilecca. Il regista Francesco Ebbasta, coideatore della serie insieme ad Alessandro Grespan, ha fatto un lavoro superbo nel gestire ritmo e messa in scena. La colonna sonora, come nella prima stagione, nasconde chicche e omaggi per appassionati, accompagnando alla perfezione sia i momenti più comici che quelli più introspettivi, che potrebbero sorprendere non poco.