Mickey 17 recensione film di Bong Joon-ho con Robert Pattinson, Mark Ruffalo, Toni Colette e Naomi Ackie [Anteprima]

“Mi ristampavano ogni volta che morivo”
Mickey nasce e muore tra l’alba e il tramonto, Mickey è un umano “sacrificabile”, Mickey è un esperimento.
Siamo nel 2054, gli esseri umani sono costretti a viaggi intergalattici verso nuovi mondi per esplorare inedite possibilità. Mickey (Robert Pattinson) è un uomo ormai perduto: perseguitato dagli usurai, sceglie di sacrificare il proprio corpo per la spedizione guidata da Kenneth Marshall (Mark Ruffalo), un politico corrotto deciso a conquistare un nuovo pianeta per stabilire una colonia terrestre.
Diventa così “il sacrificabile”, un individuo coinvolto in tutte le missioni e gli esperimenti più letali col compito di proteggere l’umanità dalle minacce galattiche grazie a un’avanzata tecnologia che consente di “ristampare” il suo corpo all’infinito mantenendone la memoria e coscienza.
“Cosa si prova a morire”? è la domanda che viene costantemente rivolta a Mickey, un uomo ormai ridotto a macchina e a cavia di sé stesso che rappresenta il simbolo di un capitalismo che tende all’omologazione dove l’unicità risiede solamente nella sguardo di coloro che vedono in noi la scintilla, così come accade tra il protagonista e Nasha (Naomi Ackie), l’unica sulla nave che guarda Mickey con occhi umani cercando di proteggerlo dalla meschinità che li circonda.
Tutto cambia quando un malfunzionamento nel processo di stampa, fa si che si presenti alla porta una nuova versione del sacrificabile andando così a sbaragliare tutti gli equilibri costituiti e dando vita a scenari che vanno dal tragicomico al bizzarro rendendo la narrazione frizzante e dinamica.
Non è un caso che, come nel film di Coralie Fargeat The Substance anche in Mickey 17 assistiamo a una lotta intestina dove allo sdoppiamento di personalità corrisponde in parte anche a uno smarrimento della propria individualità nel contesto di una contemporaneità viziata dalla supremazia di un qualunquismo e di una superficialità rappresentata dal propagandistico Marshall in contrasto con l’autentica genuinità di Mickey.
Il nuovo sci-fi di Bong Joon-Ho ispirato al romanzo Mickey7 di Edward Ashton, è un circo di follia dove sotto la lente d’ingrandimento è ormai un’umanità disintegrata dalla sua stessa ingordigia che non ha altre possibilità se non sconfinare per continuare ad esistere ma che allo stesso tempo non riconosce ciò che è diverso da sé.
Dopo sei anni da Parasite il regista sud coreano torna con un racconto distopico che gioca sui paradossi con una vena ferocemente ironica e satirica che si prende beffa della società contemporanea con velati quanto verosimili riferimenti a politici esistenti portati alla luce dalla figura di Marshall, il grottesco quanto incapace leader della spedizione impersonato da un sicuro e macchiettistico Mark Ruffalo affiancato da una grandiosa Toni Collette che dà vita a una first lady bramosa e senza scrupoli.
Il lungometraggio mette in luce un inedito Robert Pattinson che riesce ad emergere grazie una preziosa energia comica che sa come trasformarsi in tragica nel giro di un frame, rendendo ancora più vicino e reale un racconto che pare all’apparenza lontano da noi.
Come non menzionare poi la grandiosa cura tecnica ricercata dal film: un racconto stratificato che gioca con virate narrative sorprendenti in grado di stabilire un ritmo personale accostandole a delle atmosfere surreali che si mostrano al pubblico attraverso scelte fotografiche degne di uno sguardo attento e autoriale come quello di Ho che dimostra ancora una volta, dopo Parasite, di stabilire una connessione col reale pur ponendosi in dialogo con mondi ipotetici dove l’uomo diventa un mezzo per innescare un’analisi critica del presente e del nostro porci in ascolto con ciò che ci circonda.