iHostage recensione film di Bobby Boermans con Admir Sehovic, Soufiabe Moussouli, Emmanuel Ohene Boafo e Marcel Hensema
Il 22 febbraio del 2022, ad Amsterdam, un uomo altamente instabile e armato di esplosivi entrò in un Apple Store e prese in ostaggio i clienti presenti nel negozio. iHostage, disponibile su Netflix, racconta le cinque ore che seguirono, le più lunghe della vita dei poliziotti coinvolti nelle operazioni di salvataggio e, soprattutto, degli ostaggi impauriti e indifesi.
La frase “tratto da una storia vera” è ormai talmente abusata che ogni volta che appare in un trailer è inevitabile porsi certe domande. Cosa andremo a vedere? Un racconto ben documentato di una storia realmente accaduta (come per esempio in Changeling) oppure un film dove il protagonista ha giusto il nome di qualcuno vissuto tanto tempo fa (come in The Revenant)? O, ancora peggio, vedremo un film “ispirato a fatti realmente accaduti”, e cioè da eventi talmente comuni e generici da poter essere associati a qualsiasi cosa (com’è nel caso del franchise horror The Strangers)?
Ci sono poi una manciata di film che si pongono il preciso obiettivo di rappresentare i fatti esattamente come sono avvenuti. Il regista di iHostage Bobby Boermans sceglie l’adesione totale alla realtà e guarda gli eventi di quel giorno dall’alto, restando imparziale e obiettivo. Questo però significa anche che sceglie di non approfondire, indagare e riflettere su ciò che racconta.
Tutto ciò a cui assistiamo, infatti, non è che una rassegna di eventi, niente di più e niente di meno di una semplice successione di accadimenti. Ci sono sì dei personaggi con cui è facile entrare in sintonia, ma nessuno di loro può sperare in uno sviluppo o uno sguardo interiore più profondo, non sono nient’altro che uno strumento utile alla risoluzione della trama.
Siccome c’è comunque la pretesa di fare un film d’intrattenimento, il regista prova ad orchestrare scene di tensione e di suspense, ma è una sfida impossibile da superare, perché sappiamo per certo che il pazzo interpretato da Soufiane Moussouli non farà mai qualcosa di veramente scioccante. Lo sappiamo perché se davvero ci fossero state delle vittime, molto semplicemente, Netflix non avrebbe prodotto la pellicola. Nessuno farebbe un thriller alla Die Hard dove i morti sono persone realmente esistite.
Alla fine, è proprio il fatto che tutto è tratto da una storia vera a penalizzare iHostage. Non apprendiamo nulla sul folle terrorista, visto che anche nella realtà le sue motivazioni sono rimaste oscure. Speculare sulle sue ragioni forse sarebbe stato provocatorio, ma a risentirne è proprio il film, che rimane senza spessore o interesse.
Sapere come tutto andrà a finire uccide qualsiasi tentativo di instillare tensione nello spettatore, ma non tutto è necessariamente perduto. Una messa in scena fresca e innovativa, interpretazioni attoriali degne di nota e magari una scrittura che non si affidi a frasi fatte e meccaniche potrebbero ancora ancora salvare il film. Purtroppo, nella sua messa in scena, iHostage non è altro che una sequela di scene blande riprese in maniera scolastica. L’unica idea di regia è un uso stucchevole degli zoom che cerca di scimmiottare Kathryn Bigelow, una regista che forse avrebbe dato dignità a un materiale così inerte.
Sembra di essere di nuovo di fronte a Ore 15:17 – attacco al treno, disastroso film di Clint Eastwood che soffriva dello stesso problema di iHostage: voler raccontare una vicenda realmente accaduta cercando la maggior aderenza possibile alla realtà. Eastwood almeno poteva vantarsi di un’idea quantomeno intrigante, ovvero fare interpretare i personaggi alle stesse persone che avevano preso parte agli eventi. La scelta che si era rivelata la proverbiale zappa sui piedi, visti i risultati recitativi, ma quantomeno rivelava il coraggio di un cineasta che non aveva paura di correre dei rischi.
iHostage, invece, ci ricorda che non tutte le storie sono adatte per un lungometraggio. Alcune possono venir raccontate benissimo in un articolo perché, semplicemente, non c’è poi molto da raccontare.