Evil Eye recensione film di Elan Dassani e Rajeev Dassani con Sarita Choudhury, Sunita Mani, Omar Maskati e Bernard White per il ciclo Welcome to the Blumhouse su Amazon Prime Video
A chiudere il ciclo Welcome to the Blumhouse delle pellicole realizzate in collaborazione tra Amazon e Blumhouse Television troviamo Evil Eye, film diretto da Elan e Rajeev Dassani con Sarita Choudhury, Sunita Mani e Omar Maskati, disponibile in streaming su Prime Video.
Evil Eye, realizzato negli Stati Uniti ma principalmente composto da un cast di origine indiana, propone una storia molto semplice e lineare sulle divergenze tra tradizione e innovazione, passata e futuro, due condizioni rese evidenti dalla discordante messa in scena tra le sequenze ambientate a New Orleans e quelle ambientate a Delhi.
Da un lato troviamo una madre iperprotettiva (Sarita Choudhury), costantemente preoccupata per il destino della figlia. Dall’altro una giovane donna (Sunita Mani), assillata dalla madre e dalla sua incessante necessità di farla sistemare con l'”uomo giusto”. Questo dialogo tra due mentalità agli antipodi è il filo rosso che cerca di collegare una vicenda con del potenziale, ma che si perde proprio nel prediligere la “tradizione”.
Infatti, il film non porta nulla di nuovo sul piano del thriller psicologico o delle narrazioni basate su dubbi e misteri. Si capisce già dai primi minuti quale sarà il risvolto della storia e la narrazione non cerca in alcun modo di depistarci o capovolgere completamente la situazione. Si limita a scorrere in modo lento e banale fino alla sua ovvia conclusione.
Anche a livello visivo Evil Eye non brilla. Il mezzo cinematografico rimane solo un pretesto per raccontare una vicenda apatica, che sul finale riesce anche a scadere nella didascalica asserzione di tematiche sociali superficialmente gettate nel calderone. La macchina da presa si limita a inquadrare gli interpreti in modo scolastico, senza un minimo di grinta aggiuntiva, mentre dialogano per minuti al telefono.
A livello recitativo la pellicola è più convincente, ma non riesce a lasciare il segno proprio a causa del modo con il quale sono stati trattati i personaggi, sia a livello visivo che narrativo.