Albatross

Albatross recensione film di Giulio Base con Francesco Centorame

Un racconto sincero di coraggio, memoria e libertà di stampa

Albatross recensione film di Giulio Base con Francesco Centorame, Michele Favaro e Giancarlo Giannini [Anteprima]

di Luca Baeli

Fine anni ’70, l’Italia è per metà rossa e metà nera: siamo nel pieno degli Anni di Piombo. Almerigo è un giornalista militante del MSI che diventa un reporter indipendente in zone di guerra. Più di quarant’anni dopo, Vito, collega giornalista di estrema sinistra, si batte perché gli venga assegnata un’onorificenza postuma.

Albatross, diretto da Giulio Base, racconta la storia vera del giornalista Almerigo Grilz (Francesco Centorame), il quale – dopo una fervente militanza neofascista nella Trieste al confine con la Jugoslavia comunista – fondò un’agenzia indipendente, Albatross, e andò a documentare personalmente le guerre “calde” del Terzo Mondo. Proprio sul campo, perse la vita, a soli 34 anni.

Il film è strutturato su due piani temporali: presente e passato. La narrazione è semplice, a tratti scolastica, supportata da un montaggio che strizza l’occhio a una possibile distribuzione televisiva.

Giorni nostri. Un personaggio fittizio, Vito Ferrari (Giancarlo Giannini), giornalista di sinistra che ha conosciuto Almerigo Grilz da giovane, torna a Trieste dopo anni di carriera e successi. Si batte per ottenere un riconoscimento ufficiale per Grilz presso l’Associazione dei giornalisti del Friuli Venezia Giulia.

Anni di piombo. Almerigo Grilz (Francesco Centorame) si incontra e si scontra con Vito, suo coetaneo ma su posizioni ideologiche opposte. Entrambi sono giornalisti, uniti da una reciproca stima, seppur a distanza. Ambizioso e determinato, Grilz diventa reporter di guerra, seguendo da vicino vari conflitti, fino alla sua morte in Mozambico nel 1987.

A completare il quadro, due fil rouge: Monica, che crea un triangolo amoroso tra Vito (di cui è oggi la moglie) e Almerigo, e la dicotomia destra-sinistra, riflesso di un’Italia divisa, ieri come oggi.

Durante la conferenza stampa del 30 giugno, il regista ha dichiarato che l’obiettivo non era, in senso stretto, fare un biopic su un personaggio, bensì rendere un omaggio, prima di tutto, a un giornalista e al giornalismo in generale.

D’altro canto, però il film è debitore sia di un certo cinema civico-politico italiano (I cento passi), sia del genere d’inchiesta come Tutti gli uomini del Presidente o The Post, e si presta inoltre a una rielaborazione personale del regista e autore della storia italiana sociale e politica degli ultimi quarant’anni. Le ambizioni sono tante quindi, forse troppe per un film di novanta minuti.

A questo si aggiunga che in una scena lo stesso regista interpreta un personaggio che espone apertamente le criticità sulla figura del neofascista Almerigo Grilz, ad anticipare e disinnescare ovvie critiche.

Tutto il resto, Giulio Base lo mette in bocca al suo co-protagonista: Giancarlo Giannini. Sebbene la figura di Vito sia ispirata a Toni Capuozzo, si tratta di un’invenzione che ha una precisa doppia funzione: esternare il tema e aggiungere conflitto, rendendoli entrambi didascalici verso possibili detrattori.

Una sorta di “coperta di Linus” che, insieme alla dicitura del liberamente ispirato, sembra inventata allo scopo di bilanciare le tante ambizioni e “dare aria” all’intera operazione.

La pellicola è nata per essere tante cose, schiacciata tra due periodi storici controversi (oggi e gli anni ottanta) e da una produzione lunga (la prima idea risale al 2019), nonché da tanti montaggi.

E in questo senso, purtroppo, c’è il punto debole, insieme a un comparto di post-produzione non all’altezza degli obiettivi (forse un eccesso di effetti speciali a volte posticci nonché poco funzionali e necessari, in un film per il resto molto asciutto): un montaggio poco coerente e fluido, non è dato a sapere se per chi ha firmato il montaggio o se per i mille rimaneggiamenti che il film ha attraversato, anche questi esplicitati dai produttori del film durante la conferenza stampa.

Cosa permette quindi ad Albatross di non soffocare, di respirare? A salvarlo è soprattutto il comparto registico e attoriale: Giannini si rivela uno degli elementi più funzionali del film, mentre Centorame è perfettamente a suo agio nel ruolo e sembra avviato verso una carriera promettente.

Regia e recitazione sono fresche e leggere nonostante fosse molto semplice essere appesantiti da scrittura, produzione e una storia ingombrante. In questo senso, il film riesce nel suo scopo in modo sottile e forse anche non del tutto previsto: trovare l’equilibrio.

Sintesi

Un film su due Italie in cui il ricordo e il racconto della verità sono in un delicato equilibrio e in un conflitto (per fortuna?) mai risolto.

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